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venerdì, 04 marzo 2016 14:17 |
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Foto di Anna Lami - Daniela Degan immersa nella Madre Terra
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Francesca Bianchi
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FtNews
ha intervistato Daniela Degan, libera ricercatrice sui temi della decrescita, dell'economia alternativa, degli archetipi e miti del sacro femminile e della spiritualità della Dea Madre nel Mediterraneo e in Europa. Laureata in economia e commercio, la studiosa da dieci anni organizza laboratori itineranti sul tema della decrescita. E' stata attivista nella Rete Lilliput. Nel 2012 ha tenuto il laboratorio Realizzare il futuro arcaico: la decrescita gilanica, nell'ambito della Terza Conferenza Internazionale sulla Decrescita di Venezia.
Nel corso della nostra conversazione, Daniela Degan si è soffermata sul percorso che l'ha portata ad integrare l'aspetto economico con gli studi antropologici e spirituali, insistendo molto sugli insegnamenti che le civiltà matriarcali attualmente sparse per il mondo possono dare all'Occidente.
La studiosa - autrice anche di appassionate ed appassionanti interviste ad alcune donne illustri della storia dell'umanità - ha focalizzato l'attenzione sull'importanza di un'economia solidale e di cura e sul ruolo della decrescita per accogliere l'altro, il diverso, nel nostro mondo e per salvaguardare la continuità della vita sulla nostra Terra, che è sempre più sull'orlo del collasso.
Daniela, quando è nato in Lei l'interesse per le società matriarcali e per la spiritualità legata al culto della Grande Dea?
Il mio interesse per queste tematiche è nato dalla lettura di alcuni libri, primo fra tutti "Il Calice e la Spada" della sociologa statunitense Riane Eisler, che analizza le società a dominio maschile dei popoli indoeuropei e di altre società, contrapponendo loro il modello mutuale delle società pre-indoeuropee dell'antica Europa del Neolitico. La Eisler mette a confronto un modello in cui un elemento domina sull'altro ad un modello di equilibrio, collaborazione e parità tra i sessi, che lei stessa propone di chiamare "gilanico" dall'unione dei termini greci di maschile e femminile, gil e an, legati dalla lettera "l" del verbo inglese "to link", che significa 'unire'. La studiosa nel suo libro cita spesso il libro Il Linguaggio della Dea dell'archeologa Marija Gimbutas, all'epoca introvabile. Presto ho scoperto che la Casa Editrice Venexia lo stava ripubblicando, chiedendo un finanziamento anticipato a tutte le donne interessate alla ristampa, cui ho contribuito con grande piacere. Questi due libri sono stati per me due preziose conchiglie in grado di fare luce su una realtà per troppo tempo rimasta nascosta.
Nel 2008 ho avuto la fortuna di incontrare Luciana Percovich, una guida per tutte noi che intraprendiamo questo percorso. Nel 2009 ho conosciuto Vicki Noble, partecipando a un seminario sulle Carte Madrepace. Provengo dal mondo della Rete Lilliput, della nonviolenza, dell'economia solidale e della decrescita economica. Aggiungere alla mia formazione economica lo studio antropologico e spirituale mi ha arricchito profondamente. Proprio questo mio spaziare su più fronti è piaciuto a Francesca Colombini e a Monica Di Bernardo, autrici del libro Matriarché e dell'omonimo documentario, nel quale viene riportata la mia intervista.
Cosa possono insegnare all'Occidente le culture basate su modelli matriarcali?
Rispetto alla ricerca fatta dalla filosofa tedesca Heide Goettner-Abendroth, autrice del libro Le Società Matriarcali, queste culture ci insegnano l'esistenza di altri modelli di vita sostenibile, basati sulla collaborazione tra i sessi, sulla mutualità, sull'approccio partecipativo consensuale, sul rispetto nei confronti di Madre Natura e di tutti gli esseri viventi e su un approccio spirituale che è il collante che tiene insieme gli aspetti economici, sociali, politici dei modelli alternativi matriarcali. E' una visione antitetica rispetto a quella occidentale, basata sullo sfruttamento del corpo della donna e del corpo della Terra. Queste società ci insegnano che è possibile vivere senza praticare violenza nei confronti delle donne, dei bambini, degli anziani, della natura. Inoltre, mentre noi occidentali abbiamo una struttura piramidale, fortemente gerarchica, le società matriarcali sono caratterizzate da una struttura circolare, il cui perno è rappresentato dalla donna più anziana, riconosciuta come la più saggia, che ascolta i problemi di tutta la comunità. In queste società c'è un approccio di cura che purtroppo non esiste nella nostra civiltà capitalistica e patriarcale.
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Foto di Riccardo Troisi - Un momento del laboratorio della decrescita di autoproduzione
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Non ricordo di aver mai sentito pronunciare il nome di Marija Gimbutas dai numerosi docenti che ho avuto nel corso della mia carriera scolastica ed universitaria. Come si spiega tanto oscurantismo da parte della cultura ufficiale nei confronti di questa straordinaria studiosa e del suo metodo di ricerca?
Marija Gimbutas, attraverso la sua trentennale ricerca, ha ricostruito in maniera scientifica l'esistenza di popoli che, molto tempo prima della nascita della cultura greca, avevano intrapreso un'esistenza pacifica, di bellezza e grande spiritualità. Ciò sovvertiva l'impalcatura storica ufficiale. La sua ricerca si fondava su un approccio metodologico interdisciplinare, basato sulla comparazione di mitologie comparate, prime fonti storiche, linguistica, archeologia, folklore ed etnografia storica. Lei stessa definì questo metodo "archeomitologia". Tale sistema non poteva essere accettato dal mondo accademico. Del resto, è nella natura del patriarcato non riconoscere l'altro, il diverso da sé.
Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad un lento e progressivo risveglio del femminino sacro, per troppo tempo messo a tacere. A cosa è dovuto questo risveglio? Secondo Lei c'è una possibilità concreta nel futuro di un ritorno alle società matriarcali?
Riconosco questo risveglio della nostra capacità di dialogare spiritualmente, in maniera cosmica, col nostro essere divino. E' come se la Signora degli Animali del Mediterraneo, l'antica Potnia Theron, stesse risvegliando le coscienze ed i ricordi delle nostre Antenate. Pare che ci voglia radunare, come api, affinché insieme possiamo trasformare questa nostra società agonizzante. Ci stiamo attivando per costruire società risvegliate, in cui l'aspetto spirituale diventi il fondamento di questa trasformazione, ma attualmente non credo sia possibile nella nostra società costruire delle vere e proprie società matriarcali.
Per la testata online Comune-info Lei ha realizzato immaginarie interviste ad alcune donne illustri del passato, di cui ancora oggi si sa troppo poco. Come è nata l'idea di intervistarle?
Tutto è nato dalla consapevolezza che la storia di queste donne è stata cancellata o nominata di sfuggita. Quando mi sono imbattuta nelle loro storie, nel corso del mio lavoro di ricerca, ho sentito che era importante far sapere alle donne, soprattutto alle più giovani, il ruolo di grande prestigio che alcune figure femminili hanno ricoperto nel corso della storia. Ho avvertito il grande privilegio di potermi muovere nello spazio- tempo attraverso la ricerca. L'idea di metterle per iscritto è nata dalla lettura del libro "Quintessenza" di Mary Daly. In un primo momento le ho scritte per me, poi ho voluto diffonderle, cercando di trasmettere quello che io apprendevo strada facendo. Ogni volta che in un libro mi imbattevo in una figura femminile autorevole, la studiavo e la "intervistavo". Ogni intervista è un viaggio fantastico in una dimensione visionaria, onirica. Non essendoci un approccio accademico, sono fruibili più facilmente. Finora ho "intervistato": Ayla, vissuta nell'Europa preistorica; le donne di Creta; Enheduanna, Sacerdotessa sumera della Dea Inanna; Assiotea, giovane copista di Fliunte (Grecia), ammessa a frequentare l'Accademia di Platone; la profetessa Cassandra, Ildegarda di Bingen, monaca benedettina tedesca vissuta nel XII secolo, che fu profetessa, medichessa, naturalista, scrittrice, musicista, cosmologa, artista, drammaturga, guaritrice, linguista, filosofa, poetessa, consigliera politica e compositrice.
Recentemente ha relazionato sull'economia della cura nell'ambito di un dibattito dal titolo "Economia di Cura, Economia del Dono". Cosa si intende per "economia della cura"?
La mia riflessione sull'Economia della Cura parte dalle seguenti premesse: 1) critica al sistema capitalistico-patriarcale; 2) esistenza e consapevolezza di una crisi ambientale diffusa, dalla quale emergono profondi limiti strutturali del sistema economico attuale; 3) utilizzo di testi sulle società matriarcali, sulla decrescita e sulla spiritualità della donne; 4) superamento del concetto di lavoro di cura e degli studi e delle riflessioni fin qui svolte dalle donne femministe nel mondo, che hanno permesso di sviluppare nuovi percorsi alternativi di "economia della sussistenza"; 5) riappropriazione delle attività delle nostre tradizioni locali, che io definisco di "arte della manualità e della cura", mentre Ida Farè chiama "intelligenza della cura".
Come base della mia riflessione sono partita dal libro La vera ricchezza delle nazioni. Creare un'economia di cura di Riane Eisler. Un'economia di cura, secondo lo studio della Eisler, si compone di sei capisaldi: 1) una mappa economica completa; 2) credenze ed istituzioni culturali che valorizzano l’avere cura di sé e degli altri; 3) regole politiche e pratiche economiche di cura; 4) indicatori esaustivi e precisi; 5) strutture sociali ed economiche mutuali o di partnership; 6) teoria economica dinamica di partnership.
Un intervento efficace nei nostri crescenti problemi globali richiede cambiamenti fondamentali, compreso un sovvertimento delle misurazioni, delle istituzioni e delle regole economiche. La transizione verso un'economia di cura richiederà tempo e procederà per gradi, tuttavia ogni azione, per quanto piccola, innescherà mutamenti a catena, nel quadro di una dinamica interattiva di cambiamento.
Di cosa si occupa il Laboratorio Itinerante della Decrescita, di cui Lei è stata una delle fondatrici, e cosa si intende con il termine "decrescita"?
Il Laboratorio Itinerante della Decrescita è stato fondato nel 2006 da me e da altre persone e costruisce uno spazio in cui i partecipanti possono sperimentare approcci alternativi attraverso il gioco. Si attribuisce grande importanza all'approccio metodologico nella formazione, un approccio circolare, non frontale. Con il termine decrescita molte studiose e studiosi intendono matrici di società alternative, dove piuttosto che considerare la quantità, si pone la riflessione sulla qualità delle relazioni, del tempo e del ben vivere. Volgere lo sguardo verso le decrescite significa per me prendersi cura del mondo, delle sue condizioni di esistenza, della continuità della vita sulla Terra. In un mondo sempre più globalizzato, è chiaro che le forme di benessere o di buon vivere che si affermano in un luogo in un determinato momento non sono prive di connessioni con ciò che riguarda le condizioni di vita di altre popolazioni in altri luoghi e in altre epoche. Assumere l'orizzonte della decrescita significa far posto all'altro nel proprio mondo, dentro e fuori di sé.
Come si può diffondere tra le giovani generazioni questo straordinario messaggio di non violenza e consapevolezza?
Penso sia importante far conoscere l'esistenza di approcci differenti ed agire nel contesto in cui si vive. Credo che in questo particolare momento storico dall'esempio si possa mostrare agli altri l'esistenza di un'azione da imitare e, così, sviluppare a cerchi concentrici l'azione stessa. La diffusione avviene e sarà per contaminazione, in un tempo lento, dolce, profondo.
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