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I giovani attori del Foscolo alla Giornata del Greco

mercoledì, 06 febbraio 2019 17:24

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Francesca Bianchi
Venerdì 8 e sabato 9 febbraio i ragazzi del Laboratorio teatrale Drammantico del Liceo Classico Ugo Foscolo di Albano Laziale, guidati dalla prof.ssa Marcella Petrucci, si esibiranno a Roma in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale della Lingua Greca. Entrambi gli appuntamenti sono patrocinati dall'Ambasciata di Grecia a Roma e dalla Comunità Ellenica di Roma e del Lazio.
Venerdì mattina toccherà ai ragazzi della II C, che nell'Aula Magna della Facoltà di Economia dell'Università Sapienza presenteranno il loro lavoro su un'idea che dalla Grecia antica è arrivata fino ai giorni nostri, un concetto che ancora sentiamo vivo ed attuale in campo culturale, sociale, artistico, letterario, filosofico. Per l'occasione hanno scelto l'idea del labirinto ed interpreteranno un pezzo tratto da Il volo di Icaro di Dario Fo.
FtNews ha incontrato la prof.ssa Marcella Petrucci, docente referente del progetto teatrale e responsabile della traduzione dei testi, della regia e dell’allestimento teatrale, che ha dichiarato: Il labirinto, e il racconto mitologico di Teseo e del Minotauro che gli è inestricabilmente connesso, è una delle maggiori e più antiche immagini mitologiche archetipiche, metafora del viaggio dell’uomo nella propria anima, per vincere se stesso e il proprio dualismo in una sorta di viaggio di formazione, in quanto il Minotauro rappresenta simbolicamente la duplicità dell’essere umano, al contempo istinto e bestialità, ragione e ordine, carnefice e vittima, ma è anche il viaggio dell’anima stessa verso la luce e l’immortalità, la vittoria della natura razionale su quella ferina, della vita sulla morte. Chi entra in un labirinto sa che esiste una via d'uscita, ma non sa quale delle molte vie che gli si aprono innanzi di volta in volta vi conduca. Procede a tentoni. Quando trova una via bloccata, torna indietro e ne prende un'altra. Talora la via che sembra più facile non è la più giusta; talora, quando crede di essere più vicino alla meta, ne è più lontano, e basta un passo falso per tornare al punto di partenza. Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere dalle apparenze, fare, come si dice, un passo per volta, e di fronte ai bivi, quando non si è in grado di calcolare la ragione della scelta, ma si è costretti a rischiare, essere sempre pronti a tornare indietro.
Per la Giornata Mondiale della Lingua Greca di venerdì 8 febbraio, cui siamo stati invitati a partecipare dal prof. Emanuele Lelli, abbiamo preparato una parte de Il volo di Icaro di Dario Fo in una prospettiva rovesciata: Dedalo, infatti, fa capire a suo figlio che è meglio stare al sicuro nel labirinto, perché fuori la vita è dura e piene di insidie. L'immagine di Icaro che spicca il volo è senz'altro un'immagine simbolo della libertà, ma c'è anche una volontà di raggiungere ciò che non si può raggiungere, oltrepassando i limiti imposti agli uomini ed incorrendo nel peccato di hýbris. I ragazzi reciteranno il secondo stasimo dell'Edipo Re, in cui il coro mostra il proprio disappunto per l'incredulità di Giocasta davanti agli oracoli ed ammonisce coloro che pretendono di violare le leggi eterne degli dei, calpestando la giustizia divina con superbia e tracotanza.
Un momento delle prove del Filottète
Concluderanno la loro idea del labirinto con una base musicale ritmata, da loro realizzata con pianoforte e basata sulla metrica greca antica. Ed è proprio sulla componente corale che il nostro progetto teatrale concentra l'attenzione, nel tentativo di recuperare la musicalità di quello che si suppone essere stato il nucleo originario dello spirito tragico.
Sabato 9 febbraio sarà la volta delle studentesse e degli studenti della IV C, che in occasione della Giornata Mondiale della Lingua Greca, organizzata presso l'Università Roma Tre, porteranno in scena i cori del Filottète di Sofocle.
Afferma la prof.ssa Petrucci: Siamo stati invitati a partecipare a questa giornata dalla prof.ssa Adele Teresa Cozzoli, che in occasione della replica dell'Ecuba di Euripide, portata in scena lo scorso novembre dai miei studenti dell'attuale V C, ci chiese di portare qualche nostro lavoro sulla ricerca della musicalità del coro greco. Io proposi di presentare i lavori nuovi cui ci stavamo dedicando. Del Filottète, che stiamo allestendo per i vari festival cui parteciperemo nei prossimi mesi, da novembre ad oggi abbiamo realizzato due cori: la parodo e il terzo stasimo, che è un kommòs. I protagonisti della tragedia sono tutti uomini, ma nella nostra rilettura anche le ragazze interpreteranno ruoli maschili: Ulisse nella prima parte è un ragazzo, nella seconda parte della tragedia vestirà i panni di una ragazza, così come Filottète, che all'inizio è un ragazzo, mentre sarà interpretato da una fanciulla nella seconda parte, quando, dopo che gli è stato sottratto l'arco, si dispera pensando che il suo arco andrà all'acerrimo nemico Ulisse, e recita il famoso kommòs con il coro, un pianto disperato. Nella parodo abbiamo evidenziato il senso di preoccupazione del coro quando vede la caverna, definita "nido di pietra", dove il povero Filottète trascorre le sue giornate, abbandonato lì da dieci anni: il coro lamenta con un accorato gemito l'idea della solitudine come unica compagna del protagonista durante questi dieci anni. Nelle parole del coro, formato dai marinai di Neottòlemo, i suoi fedeli compagni di viaggio, c'è anche la paura di vedersi di fronte questo essere che per loro sarà terribile e che anche nelle parole di Neottòlemo viene immaginato come una belva che vive tra gli animali. Il coro, quindi, nella parodo ha un duplice atteggiamento: da un lato esprime questa attesa preoccupata, dall'altro manifesta un accorato pàthos nei confronti del protagonista che ancora non è stato visto. Il kommòs è il momento successivo della tragedia, quando Filottète con l'inganno ha perso l'arco, sottrattogli da Neottòlemo, il quale si è lasciato persuadere dall'abilità retorica di Ulisse, che è riuscito a convincerlo che in realtà sarà messo in salvo. Invece è solo un inganno: gli deve essere tolto quell'arco perché quell'arco salverà i Greci e sconfiggerà Troia. Filottète lamenta in maniera accorata questo inganno. Abbiamo reso questo lamento con una recitazione cantata, un canto disperato. Le note musicali sulle quali abbiamo adagiato le parole tradotte dal testo greco appartengono a melodie armene che ricerco sempre con passione ed interesse perché evocano perfettamente l'ambientazione originale delle tragedie greche.
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