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Francesca Bianchi
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FtNews
ha intervistato la professoressa Giuliana Borghesani, autrice del libro La Maledizione della Liberta, edito da Dielle Editore. Laureata in lettere classiche all’Università di Padova e specializzata all’Università di Pisa in Archeologia Preistorica, la Borghesani ha partecipato a scavi archeologici in Italia, all’organizzazione di convegni internazionali, all'ordine e alla revisione di collezioni preistoriche. Insegnante di ruolo di Lettere dal 1984, ha curato varie raccolte di racconti, anche in antologie con altri autori.
Nel corso della nostra bella intervista, la prof.ssa Borghesani ci ha rivelato qualche dettaglio sulla sua ultima fatica letteraria, dedicata alla figura di Titi Setria, una liberta etrusca. La studiosa ha parlato del ruolo sociale di primo piano che le donne etrusche ricoprivano, negando, però, che sia esistito un vero e proprio matriarcato etrusco.
Giuliana Borghesani si è soffermata molto anche sulla sua innata passione per la storia antica, cui ha sempre affiancato una grande capacità di immaginazione e fantasia, che l'ha portata a creare romanzi e saggi storici avvincenti ed originali.
Prof.ssa Borghesani, a distanza di un anno dalla pubblicazione de La Stirpe del Sole, romanzo ricco di minuziosi riferimenti storici, in cui si cerca di restituire dignità e giustizia alla figura di Medea, torna nelle librerie con La Maledizione della Liberta, un saggio romanzato, dove protagonista assoluta è sempre una donna, questa volta una liberta, Titi Setria. Chi era questa donna? E' possibile ricostruire approssimativamente la sua vita?
Chi fosse davvero Titi Setria non è possibile dirlo. Era una lautnita, cioè una liberta, secondo la lingua etrusca. Dunque il “cognome” è il nomen della famiglia che l’ha liberata. La sua storia costituisce l’invenzione di una vita possibile.
Le fonti storiche, letterarie ed epigrafiche ci dicono qualcosa su di lei?
La defixio, ovvero la maledizione, da cui è partita la mia invenzione, ci dice solo che era donna, liberta e che alcune persone le dovevano aver fatto davvero molto male, se decise di affidare il loro nome alle forze oscure dell’aldilà, sperando in una vendetta o, come ho pensato io, in una giustizia che nel mondo dei vivi evidentemente non aveva avuto.
Si è ispirata a qualcuno per la creazione di questo personaggio?
In realtà no. Ma leggendo la foga della maledizione da parte di una donna, non ho potuto fare a meno di immaginare che i torti nei suoi confronti fossero soprattutto di tipo emotivo, dovevano riguardare l’amore per un padre, per un marito, per un figlio, così piano piano la storia è venuta da sé.
A quali fonti ha attinto per la stesura di questo libro?
Intanto mi sono studiata l’ultima sintesi sugli Etruschi, consigliatami da una etruscologa dell’Università di Siena, poi ho cercato tutte le storie e tutte le leggende che sugli Etruschi i Romani hanno narrato, quindi mi sono immersa nella Maremma, in quella terra e in quel mare, a Populonia e dintorni, dove Titi è vissuta, e che tra l’altro è la terra di mia madre. La mia casa si trova a pochi passi, direi, dalla necropoli di Monte Pitti, nel comprensorio di Campiglia Marittima (LI), luogo del ritrovamento della lastra di piombo su cui era iscritta la defixio. Il gioco è fatto!
Ha al Suo attivo molti romanzi storici e saggi storici. Qual è la peculiarità di La Maledizione della Liberta rispetto agli altri libri? Di contro, ci sono punti di contatto tra questo lavoro e i precedenti?
In realtà la via che seguo è un po’ sempre la stessa. Amo la Storia, soprattutto quella antica, sia per formazione accademica sia per gusto personale. Ricordo che anche quando partecipavo agli scavi archeologici, quando ero un po’ più giovane, non riuscivo a non seguire nella mia mente due filoni: uno scientifico, storico nel senso stretto del termine, e uno fantastico. Mi sono sempre ritrovata ad immaginare la vita di chi usava gli oggetti che ritrovavamo. Non vi dico poi lo scavo che ho seguito per un maggior numero di anni, una necropoli: ogni scheletro lo rivestivo di un nome, di un volto, di una storia. Scrivendo, non faccio altro che mescolare questi due filoni.
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