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giovedì, 05 agosto 2021 06:33 |
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La variegata e rigogliosa vegetazione del Giardino della Kolymbetra, Valle dei Templi di Agrigento (foto di Eduardo Cicala)
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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Nel cuore della Valle dei Templi, al di sotto del Tempio dei Dioscuri, sorge il Giardino della Kolymbetra, un'oasi di pace dove storia e natura si fondono. Vent'anni fa il FAI - Fondo per l'Ambiente Italiano ha avuto in concessione il sito, assumendosi l'impegno di restaurarlo e aprirlo al pubblico.
Il mese scorso ho avuto il piacere di visitare questo posto paradisiaco e intervistare l'agronomo paesaggista Giuseppe Lo Pilato, che alla fine degli anni Novanta propose al FAI il progetto di recupero del Giardino e oggi ne è il Direttore. Ho passeggiato nella zona dell'agrumeto, del mandorleto, dell'oliveto, accompagnata da un profumo inebriante, tra le piante tipiche della macchia mediterranea, mentre Lo Pilato narrava la storia di questo posto magico. Ai tempi della gloriosa Akragas la Kolymbethra era una grande piscina, una preziosa riserva d'acqua dentro le mura, che Diodoro Siculo descrive come un'eccezionale opera pubblica. Di particolare importanza sono le gallerie che generano acqua, i cosiddetti "Acquedotti Feaci", canali artificiali scavati nella roccia tufacea, inesauribile fonte di vita da ben 25 secoli. Questi acquedotti ancora oggi forniscono le acque indispensabili all’attività agricola. I primi a trasformare questa valle in un'area agricola sono stati i monaci cistercensi del monastero agrigentino di Santo Spirito. Dall'ortofrutteto dell'abbazia di Santo Spirito, nel Settecento, con l'arrivo degli agrumi, si passò al giardino mediterraneo, un ricchissimo giardino di agrumi che ancora oggi elargisce aranci, limoni, mandarini, cedri, pompelmi, mandaranci, bergamotti, chinotti. Il sito riveste un'importanza eccezionale non solo dal punto di vista archeologico, ma anche dal punto di vista paesaggistico, in quanto ancora oggi si coltiva l'agrumeto impiantato nel Settecento, con le varietà di agrumi di quel periodo storico che ancora oggi sono presenti: si tratta di un agrumeto, coltivato da generazioni di agricoltori, che racconta la storia degli agrumi di Sicilia. Nel rigoglioso e generoso agrumeto sono sparsi anche tanti alberi da frutto che donano nespole, susine, mele, pere, kaki, melograni, fichi d'India, piccole produzioni che servivano al consumo familiare dei contadini che curavano il Giardino.
Nella bella intervista rilasciata a FtNews, Giuseppe Lo Pilato ha ripercorso le tappe che hanno portato al recupero di questo luogo incantevole e si è soffermato sull'importanza di preservarne la bellezza e il valore storico inestimabile, raccontando, attraverso il paesaggio, la Sicilia contadina, le sue tradizioni, la sua storia, la sua gente, affinché l'isola possa ritrovare l’orgoglio della propria storia e della sua immensa bellezza.
Dott. Lo Pilato, oltre 20 anni fa ha proposto al FAI – Fondo Ambiente Italiano il progetto di recupero del Giardino della Kolymbetra, di cui è stato uno dei progettisti, nonché il Direttore dei lavori. Oggi è il Direttore di questo lussureggiante Giardino situato nel cuore della Valle dei Templi. Può ripercorrere la storia che ha portato al recupero di questo Bene? Come e quando è nata l'idea di proporne il recupero?
Il Giardino della Kolymbetra è stato inaugurato il 9 novembre 2001 nel contesto del Convegno Nazionale dei Delegati FAI, ma l'avvincente storia che ha portato al recupero di questo agrumeto nella Valle dei Templi di Agrigento è iniziata alcuni anni prima. All'inizio sembrava un sogno impossibile. Sono sempre stato un convinto ambientalista. Nel 1987 iniziava la mia attività di agronomo; ero al mio primo incarico professionale. Dovevo relazionare sui danni inferti alle colture da una rovinosa gelata che colpì la Sicilia intera nel mese di marzo di quell’anno. Dalla Confederazione Italiana Agricoltori mi fu assegnato il compito di quantificare il danno a carico di un’azienda agricola ubicata nella Valle dei Templi di Agrigento. Fu così che conobbi un anziano contadino, il sig. Antonino Vella, “u zzì Ninu”, che conduceva in affitto diversi fondi agricoli in varie contrade della Valle. Mi portò in giro a verificare lo stato dei suoi mandorleti, poi mi invitò a visitare il Giardino della Kolymbetra. Io non sapevo cosa fosse la Kolymbetra; conoscevo solo i templi dorici. Più tardi scoprii che si trattava di una piccola valle, situata nel cuore dell’area monumentale della Valle dei Templi, tra il tempio dei Dioscuri e il tempio di Vulcano, dove nel 480 a.C. il tiranno Terone aveva fatto costruire dall’architetto Feace una straordinaria opera idraulica che riforniva l’intera città di Akragas: gli Acquedotti Feaci, ovvero i condotti idraulici scavati nella calcarenite, che tuttora sono in parte attivi e forniscono le acque indispensabili all’attività agricola.
Diodoro Siculo descrive la Kolymbethra come una straordinaria opera pubblica della città di Akragas del V sec. a.C. Il Vallone Badia Bassa, dove oggi si trova il Giardino, ai tempi della città greca è stato una grande piscina, una preziosa riserva di acqua dentro le mura, una sorta di vivaio di pesci, abitata da cigni ed altri volatili, che venne in seguito interrata.
In quale momento storico la Kolymbetra assunse la conformazione di agrumeto?
Pensi che io neppure immaginavo che nella valle ci fossero dei giardini di agrumi: credevo che vi si coltivassero soltanto il mandorlo e l’olivo. Solo in un secondo momento scoprii che già nel 1778 l’Abate di Saint-Non, uno dei più prestigiosi viaggiatori del Grand Tour, era rimasto affascinato da questa piccola valle, che per la sua sorprendente fertilità, somiglia alla valle dell’Eden o ad un angolo della Terra promessa. Dunque, già allora, verso la fine del ‘700, il giardino, o jardinu in lingua siciliana, aveva assunto l’attuale conformazione di rigoglioso agrumeto-frutteto. Antonino Vella mi condusse in questa piccola valle dove si coltivava un antichissimo agrumeto. Notai sul suo volto l’orgoglio di essere un coltivatore di agrumi, la coltura di maggiore pregio della Sicilia. Ricordo che stavo verificando i danni della gelata del 1987 e, mentre prendevo appunti, Antonino mi disse che ultimamente non stava guadagnando più niente, perché la gente preferiva le arance di Ribera a quelle coltivate nel Giardino. Aggiunse anche che in cuor suo non se la sentiva di abbandonare quegli alberi, dal momento che se ne occupava da ormai 40 anni. Non dimenticherò mai le sue parole.
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Un'immagine del Giardino risalente al 2000, prima dei lavori di recupero
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Poi cosa successe? Quando e in quali circostanze il FAI entrò nella storia del Giardino della Kolymbetra?
Nel 1995, mentre stavo lavorando alla stesura della mia relazione per un convegno dedicato al paesaggio della Valle dei Templi, organizzato dall’Università di Palermo, dovendo parlare proprio dei vari aspetti del paesaggio agrario storico, tornai alla Kolymbetra per realizzare delle foto con cui illustrare la bellezza e l’importanza di quei luoghi. Trovai una drammatica scena di abbandono e distruzione: il terreno era incolto e completamente riconquistato dalla vegetazione spontanea, Percepii con grande dolore che davanti ai miei occhi c’era la fine di una storia durata secoli e che l’assenza delle cure colturali stava cancellando un'antica bellezza. Ero determinato a fare qualcosa per salvare quell'immenso patrimonio, restituendogli la bellezza di un tempo. All'inizio avevo pensato di costituire un'associazione per raccogliere fondi, coinvolgendo amici e conoscenti. Poi scoprii che esisteva il FAI - Fondo Ambiente Italiano, un’associazione che raccoglieva fondi destinati al recupero dei beni culturali. Pensai subito che sarebbe stato molto più serio rivolgersi a loro, perché un'organizzazione con una storia consolidata e ben strutturata sicuramente avrebbe potuto fare molto di più rispetto a un'improvvisata associazione di provincia. Inoltre, mi piaceva l’idea di coinvolgere gente estranea all’ambiente cittadino, che spesso si era dimostrato tanto disinteressato. Così, con l’aiuto del prof. Giuseppe Barbera dell’Università di Palermo, contattai il Presidente regionale del FAI Sicilia, il dott. Vincenzo Calefati, tramite il quale ebbi un contatto con il dott. Marco Magnifico della direzione FAI di Milano.
Il FAI decise di intervenire e, a conclusione di una lunga discussione in Assessorato ai Beni Culturali, il 10 ottobre 1999, a Palermo, a Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione Siciliana, venne firmata la convenzione con la quale si assegnava l’area della Kolymbetra in comodato d’uso al FAI per 25 anni. Era la prima volta che un bene demaniale veniva affidato in Sicilia ad una Fondazione privata, che assumeva, così, il compito di raccogliere i fondi, realizzare il recupero del bene e infine aprirlo al pubblico per la fruizione turistica e culturale. Per il finanziamento delle attività gestionali successive al restauro, al FAI viene concessa la facoltà di richiedere il pagamento di un biglietto d’ingresso e di realizzare varie iniziative (eventi culturali, vendita di libri, piccola ristorazione, ecc.) con cui reperire i necessari fondi.
Quando sono iniziati i lavori di restauro?
A settembre del 2000 è partito il cantiere. Io ho assunto la direzione dei lavori. La prima parte dell’intervento è consistita nella rimozione della vegetazione selvatica, dei rifiuti, delle piante morte. In questa maniera è stato possibile riscoprire l’antico impianto del giardino: sono tornati alla luce i terrazzamenti, le "gebbie", i canali del sistema di irrigazione, le "saie", i "cunnutti", i vecchi sentieri percorsi per secoli dai giardinieri, tutta la serie di alberi da frutto che vi erano coltivati e che ancora sopravvivevano.
Cosa avete fatto per ricostruire fedelmente la memoria storica di questo posto? In tal senso, quanto è stato importante il contributo dei vecchi contadini che l'avevano coltivato decenni prima?
Ad un certo punto abbiamo deciso di mettere da parte la scienza agronomica contemporanea e ricostruire la memoria di questo luogo e del suo antico sistema produttivo, andando a cercare tutte le persone che ne avevano avuto conoscenza diretta: i vecchi proprietari, i vicini, i giardinieri che lo avevano coltivato. Grazie ai loro racconti è stato possibile interpretare in maniera esatta quanto avevamo ritrovato dopo avere rimosso la vegetazione infestante. Grazie a loro è stato possibile ricostruire l’antico impianto del giardino quasi fedelmente. In un punto abbiamo ripiantato un nespolo che tutti ricordavano per la sua imponenza e i suoi gustosissimi frutti; in un piccolo terrazzamento abbiamo ripiantato i meli siciliani, di cui non c’era più alcuna traccia; infine, abbiamo ripristinato il sistema di irrigazione tradizionale per scorrimento, che era stato in gran parte cancellato dal tempo.
Nella squadra dei lavori entrò anche suo padre, che da ragazzo era stato alla Kolymbetra. Per lei fu una grande sorpresa scoprire questa circostanza...
Un giorno, raccontando a mio padre Leonardo l’andamento dei lavori, mi resi conto che mi chiedeva notizie di questo o di quell’albero, indicandomi il punto esatto dove doveva trovarsi. Rimasi colpito dalla cosa e gli chiesi come mai lui, che non era mai stato con me alla Kolymbetra, conoscesse così bene quegli alberi che noi avevamo da poco riportato alla luce, dopo averli liberati dal groviglio di rovi che li nascondevano. Appresi che da ragazzo, nei primi anni ’40, era stato al Giardino, ospite di sua zia materna, che era la moglie del giardiniere. Da allora mio padre fu arruolato nella squadra; è stato di grande aiuto nella ricostruzione della memoria materiale di questo luogo.
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L'agronomo Giuseppe Lo Pilato, Direttore del Giardino della Kolymbetra
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Come è avvenuta la ricostruzione dell'ambiente agrario? Perché avete deciso di chiamare questo posto "Giardino della Kolymbetra"?
Il cantiere, dopo la fase di rimozione di tutti i segni del degrado, proseguì con la potatura di riforma degli alberi sopravvissuti al lungo periodo di abbandono. In questa operazione furono coinvolti gli anziani potatori di agrumi della Conca d’Oro di Palermo. Poi c'è stata la messa a dimora dei nuovi alberelli di arancio amaro, che vennero innestati con le antiche varietà presenti nel giardino. In questa maniera è stato possibile ricostruire il vecchio agrumeto, dove solo l’arancio è presente con ben dodici antiche varietà non più coltivate, insieme ai limoni, ai mandarini, ai mandaranci, ai cedri, ai pompelmi, al bergamotto e al chinotto. Tutto questo rende il Giardino una formidabile fonte di biodiversità. Furono sistemate anche le strutture per la fruizione: la biglietteria, i sentieri, i ponticelli per attraversare l’alveo, le panchine per la sosta, un’area attrezzata per picnic. Furono restaurati gli antichi ipogei, i famosi Acquedotti Feaci che fornivano acqua alla Kolymbetra. Successivamente, nell’anno 2004, è stato realizzato un nuovo intervento su tutto il sistema delle acque. La Kolymbetra rappresenta una sintesi alta tra archeologia e paesaggio, una sintesi tra significati e valori storici, culturali, ambientali e paesaggistici che ci ha portati a denominare il sito “Giardino della Kolymbethra”. In questa denominazione, infatti, troviamo la fusione dei due valori costitutivi, archeologici e paesaggistici, e l’affermazione della loro inscindibilità.
In che maniera il FAI ha potuto sostenere le ingenti spese per il recupero del Giardino? Oggi come si può contribuire alla tutela di questo prezioso patrimonio?
Per sostenere il costo del recupero del Giardino il FAI avviò una sottoscrizione tra i propri iscritti e ricevette delle sponsorizzazioni da importanti aziende private. Da tutta Italia arrivarono tante adesioni a questa iniziativa. La definizione della Valle dei Templi quale Patrimonio dell’Umanità era ed è una cosa viva e non una fredda dicitura istituzionale. Grazie al FAI il mio sogno di bellezza è diventato realtà ed è proprio per questo motivo che invito tutti a sostenere la nostra Fondazione. È
possibile iscriversi, fare una donazione, partecipare ai nostri eventi. Voglio dire a tutti che le risorse che affideranno al FAI serviranno a tutelare, conservare e far risplendere l’anima migliore della nostra Italia.
A proposito di eventi, anche quest'anno stanno avendo grande successo le Sere FAI d'Estate al Giardino della Kolymbetra. Di cosa si tratta?
Quest'anno si è rinnovata la collaborazione con il "MYC - Mediterraneo Yachting Club" per poter conoscere la Kolymbetra immersi nella bellezza del suo paesaggio, tra gli agrumi, accompagnati da guide e speleologi, il tutto arricchito da musica dal vivo e degustazioni per rendere ancora più bello lo scenario del "Tramonto con Vista sui Templi" nell'ambito delle "Sere FAI d'Estate alla Kolymbetra". I "Tramonti con Vista sui Templi" rappresentano un momento di socialità e di condivisione della Bellezza. Lo scorso fine settimana un bambino ha festeggiato il compleanno con un laboratorio creativo offerto ai propri amichetti; un gruppo di non vedenti è venuto a trovarci, guidato da Giuseppe Vitello, Presidente U.I.C. di Agrigento, percependo intensamente il giardino con i propri sensi. Questi momenti di vita ci riempiono di gioia.
Lo scorso anno abbiamo ideato gli aperitivi, quest'anno abbiamo pensato di aggiungere le visite guidate e le escursioni all'interno degli ipogei che abbiamo riaperto da poco. Gli ipogei sono molto interessanti dal punto di vista archeologico, speleologico e naturalistico. Proporremo queste visite ogni fine settimana. Finora abbiamo registrato sempre il tutto esaurito. Le persone sono serene e, con tutte le precauzioni dettate dall'emergenza sanitaria, vivono quella socialità a cui la pandemia ci ha costretto a rinunciare. Questa è la magia delle Sere FAI d'Estate al Giardino della Kolymbetra.
Cosa si augura per il futuro della Kolymbetra?
Il progetto di recupero del Giardino della Kolymbetra è da considerare a tutti gli effetti un grande e riuscito lavoro di recupero della memoria storica del lavoro contadino e delle tradizioni di quella società che oramai appartiene al nostro più recente passato. Il nostro impegno quotidiano sarà sempre quello di conservare i segni di quel lavoro e di quegli uomini per offrirlo alla conoscenza delle giovani generazioni e dei visitatori più curiosi e interessati. Con le nostre cure e le costanti attenzioni aiutiamo la terra del nostro Giardino a raccontare la sua importante storia. Spero che nella mia città tutti capiscano che la nostra prospettiva di vita e di lavoro sta nell’essere i privilegiati custodi di questa storia millenaria che è la Valle dei Templi. Per quanto mi riguarda, il mio impegno per la conservazione attiva dei beni e dei valori custoditi nella Valle dei Templi continuerà ancora per lungo tempo. Lo sento come un dovere di cittadinanza e come un senso profondo da dare alla mia vita. La mia missione quotidiana è coltivare la speranza che la Sicilia possa ritrovare l’orgoglio della propria storia e della sua immensa bellezza.
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