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venerdì, 02 ottobre 2020 06:54 |
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Laboratorio tessile - Interno MEOC - Foto di Luigi Gana
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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A inizio agosto ho avuto il piacere di visitare Aggius (SS), grazioso borgo dell'alta Gallura tra i Borghi Autentici d'Italia, nonché Bandiera Arancione del Touring Club Italiano.
Aggius è custode dell'arte della tessitura, della lavorazione del sughero e del granito. Nel suo territorio ha sede il MEOC - Museo Etnografico Oliva Carta Cannas, il museo etnografico più grande di tutta la Sardegna. Guidata da Luigi Gana, ho avuto il piacere di inoltrarmi alla scoperta di questa stupefacente esposizione museale che custodisce e tramanda la ricchezza della storia, delle tradizioni e della cultura popolare gallurese degli ultimi 500 anni. Il sig. Gana - discendente di Leonardo Gana, governatore in Somalia durante la guerra in Africa, a cui si deve il Vocabolario del dialetto e del folklore gallurese e gran parte della costruzione dell'Università di Sassari - è il Presidente e il Rappresentante legale della Cooperativa Sociale "Agios", che dal 2004 si occupa della gestione del Museo.
Nella bella intervista rilasciata a
FtNews ,
Luigi Gana ha illustrato il percorso espositivo, svelandoci qualche dettaglio sulla ricostruzione fedele della "Casa tradizionale" e sui laboratori che il Museo organizza per le scolaresche e anche per i visitatori adulti. Si è soffermato molto sulla simbologia dei tappeti e sui suoi significati universali, prendendo in considerazione le caratteristiche del celebre tappeto aggese, cui all'interno del MEOC è dedicata una mostra permanente. Ha dedicato un'ampia discussione anche all'argomento relativo alla conoscenza e all'uso delle erbe officinali da parte delle donne galluresi, operando una netta distinzione tra medicina comunitaria e medicina specifica.
Guidata da Luigi, ho visitato anche il Museo del banditismo, il Museo di Arte Contemporanea AAAperto e il Museo dell'Amore Perduto. Il Museo del banditismo è allestito proprio nella zona in cui qualche secolo fa si consumavano quotidianamente omicidi efferati e soprusi di ogni tipo. Il percorso espositivo si articola in quattro sale che accolgono un cospicuo corredo di atti giudiziari, documenti e oggetti appartenuti a criminali e fuorilegge. Una teca è dedicata al bandito aggese Sebastiano Tansu, “il Muto di Gallura”, figura che ispirò l’omonimo romanzo di Enrico Costa.
La visita al Museo del banditismo consente a Luigi Gana di fare una breve panoramica sulla storia della criminalità ad Aggius, paese il cui nome, secondo alcuni, significa proprio "senza legge". Gana ribadisce più volte che il Museo del banditismo non è il museo dove si celebrano i supereroi, i banditi invincibili, ma è il museo della legalità. E proprio alla legalità è dedicato un percorso, fortemente voluto dal Museo, per la diffusione della cultura, della legalità e della democrazia, soprattutto tra i più giovani.
Prima di proporre la bella intervista rilasciata a
FtNews
da Luigi Gana, che ringrazio di cuore per la disponibilità e la cortesia dedicate al mio reportage, voglio rivolgere i miei più sentiti ringraziamenti a Nicola Muzzu, Sindaco di Aggius, per il supporto dato alla mia iniziativa; all'Assessore Mara Sanna, presenza costante durante la mia permanenza ad Aggius; all'Assessore Andrea Mantinesu, che ha pianificato la mia visita nei minimi dettagli; a Claudia Pulixi e Pierluigi del b&b "La Casa di Lina" per l'accoglienza, l'ospitalità e la grande disponibilità mostrate nei miei confronti.
Sig. Gana, Aggius ospita il Museo Etnografico Oliva Carta Cannas, il museo etnografico più grande della Sardegna. Quando è stato fondato? Chi ne cura la gestione?
Il MEOC - Museo Etnografico Oliva Carta Cannas, il più grande museo etnografico in Sardegna, è stato fondato il 24 luglio 2004. Io ho iniziato a gestirlo dalla primavera successiva; sono ormai 15 anni. Oggi sono il responsabile della struttura attraverso la mia Cooperativa Sociale "Agios", nata nel 2004 in risposta all’esigenza del Comune di Aggius di far fronte ai numerosi servizi turistici di cui la località dispone. La mia società gestisce il MEOC, il Museo del Banditismo e il Museo di Arte Contemporanea AAAperto. Tutto l'incasso viene destinato alla pulizia, alla custodia, alla vigilanza, alle visite guidate.
Il MEOC è un vero e proprio “tesoro” dell’Isola, la cui filosofia architettonica si ispira all'architetto e designer tedesco Mies van der Rohe: gli ambienti espositivi sono ampi e molto luminosi, ci sono trasparenze strutturali, supporti che integrano le opere, contenitore e contenuti sono fusi in un tutt'uno organico.
Per la ricostruzione della "Casa tradizionale" di quali testimonianze vi siete serviti? Dove è stato reperito il materiale ivi esposto?
Per la fedele ricostruzione della "Casa tradizionale" è ancora viva in pese la memoria storica, per cui ci siamo basati su ciò che sappiamo e che si tramanda di generazione in generazione.
Si possono ammirare arredi d’epoca e oggetti d’uso quotidiano, tutti donati dalla popolazione del territorio. La dott.ssa Maria Teresa Mura, curatrice del Museo e presidente dell'associazione culturale "Museo di Aggius onlus", nata nel 2010, si occupa della tutela degli oggetti esposti al Museo. Le didascalie, in italiano e in gallurese, sono piuttosto semplici. Il fatto che venga riportato anche in gallurese il nome degli oggetti esposti fa capire la gelosia e l'attaccamento che nutriamo verso queste testimonianze del nostro passato, della nostra identità più vera. Si può intraprendere anche un percorso attraverso le attività dell’economia domestica e la produzione del vino, del pane, del formaggio, dell’olio di lentisco. Un percorso è dedicato agli antichi mestieri: lavorazione del sughero e del granito; il fabbro, il calzolaio, il falegname.
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Compendio di oggetti sicuri in tempi insicuri - Museo del banditismo - Foto dell'artista e creative designer del Museo Isabella Muzzu
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Il MEOC ospita la “Mostra Permanente del Tappeto Aggese”, pregiato manufatto conosciuto e apprezzato in tutta Italia e anche all’estero. Al MEOC avete dedicato all'arte della tessitura una sala dove organizzate dimostrazioni con tessitrici volontarie che mostrano ai visitatori i "trucchi del mestiere"...
Sì, un'ampia sala è adibita alla tessitura. Lì si può assistere alla dimostrazione e alla spiegazione di questa antica arte, con la collaborazione di alcune volontarie in pensione che vengono a tessere per far conoscere questa arte ai nostri visitatori. Zia Maddalena fa così quasi ogni giorno, realizzando meravigliosi tappeti. Chiunque passi, in ogni momento, può vedere il tappeto in corso d'opera, tutto l'anno.
I tappeti che è possibile ammirare al MEOC presentano una simbologia molto complessa e variegata. Ci racconti qualcosa in merito ai simboli maggiormente presenti sui tappeti aggesi, in merito alla loro origine e diffusione. Si può decodificare il loro linguaggio? A che epoca risalgono i tappeti più antichi?
I codici espressi nei tappeti risalgono al periodo bizantino. I simboli presenti sui tappeti sono davvero molti, tutti di origine bizantina. Non bisogna pensare a un pensiero autoctono della tessitura sarda con significato proprio e unico: ci sono geometrie che si richiamano a vicenda in tutto il Mediterraneo. Noi siamo molto legati alle geometrie. Le elibelinde, ad esempio, sono presenti sui nostri tappeti e su quelli dell'area turca, così come le svastiche anatoliche, simboli di energia pura che hanno la funzione di proteggere le persone che vi si mettono sopra. Sono molto frequenti anche i simboli provenienti dal mondo animale, spesso retaggio di antichi culti pagani. Nei nostri tappeti vengono rappresentati, in particolare, i pavoni, i galli e gli animali psicopompi, ovvero tutti gli animali che viaggiano e che rappresentano simbolicamente un ponte tra il mondo terreno e l'aldilà. Il pavone simboleggiava il culto del sole, tanto da essere tenuto nelle corti imperiali, dal momento che tutti i sovrani vantavano un'ascendenza divina. Il gallo, invece, divenne simbolo della Gallura già a partire dagli inizi del XII secolo, quando Costantino II strinse un'alleanza con la Repubblica di Pisa, utilizzando, appunto, il Gallo di Gallura.
I tappeti più antichi sono databili al 1700, anche se non venivano datati e conservati, ma semplicemente usati nella loro funzione, che non era solo decorativa, per cui si consumavano e logoravano facilmente.
Organizzate molti laboratori per i visitatori, sia per i più piccoli che per gli adulti. Quali sono i laboratori che riscuotono maggiore successo?
Il laboratorio più richiesto è il più semplice ed economico, ovvero il laboratorio dei pani della festa. L'approccio didattico passa in rassegna il significato e la simbologia delle varie forme. Questo laboratorio è molto apprezzato dai nostri piccoli visitatori, che sono entusiasti di poter mettere "le mani in pasta". Siamo arrivati ad accogliere 1200 studenti l'anno. Purtroppo, quest'anno, a causa dell'emergenza sanitaria, non abbiamo potuto accogliere le scolaresche, ma siamo attrezzati per ripartire il prossimo anno con laboratori adatti a ogni esigenza.
I laboratori più complessi, invece, sono dedicati agli adulti, a cui proponiamo laboratori per la realizzazione di profumi, oleoliti, essenze.
Una sezione del MEOC è dedicata alle erbe officinali. Quanto era diffusa tra le donne di Aggius la conoscenza dell'arte delle erbe?
La donna doveva raggiungere l'eccellenza in alcuni settori tipicamente femminili: abbiamo donne specializzate nella colorazione della lana, donne esperte dell'arte della tessitura, donne specializzate nell'uso delle erbe e via dicendo. Il sapere legato alle erbe era diffuso tra tutte le donne della Gallura. È necessario operare subito la distinzione tra medicina comunitaria, condivisa da tutte, e medicina specifica, appannaggio di determinate donne: tutte le donne galluresi conoscevano le erbe per guarire e purificare, mentre quelle per usi più specifici facevano parte di una preparazione apposita, destinata a poche donne.
Ogni gruppo familiare aveva al suo interno delle specialiste. Tutta la conoscenza nell'ambito medico-specialistico era nelle mani delle donne, che per realizzare medicinali efficaci dovevano pazientemente controllare la fermentazione di un'erba, la macerazione, la tintura. Si trattava di erbe ad ampio spettro, nei cui confronti giocava un ruolo fondamentale la componente psicologica. C'era una sorta di affidamento da parte della persona che doveva assumere un rimedio, che il più delle volte era prescritto da una zia, una nonna, una figura cara che rassicurava sull'effetto benefico del rimedio medicamentoso. Questo consentiva di essere più serene e tranquille nella fase dell'assunzione del farmaco. La donna ha una capacità di percezione superiore all'uomo, è l'essere che può trasmutare dal materiale allo spirituale.
Quando venivano avviate a tale formazione queste donne "prescelte"?
Venivano scelte sin da piccole e venivano subito avviate all'uso della medicina specifica e all'uso della psicologia per guarire le persone. Erano chiamate "magliaglie"; oggi le definiremmo "counselor della Gestalt". Queste donne dovevano essere rese riconoscibili, per questo, il più delle volte, si dedicavano loro gioielli appositi, quasi amuleti di magia bianca per attirare a sé energie benefiche. Quando una ragazza si presenta, può presentarsi con determinati simboli. Al MEOC abbiamo una cavalcatura femminile con determinati simboli che rappresentano un'immunità magica in grado di conferire una garanzia di forza e sicurezza alla sposa che si avventurava verso una nuova vita.
Nell'allestimento del Museo vi siete avvalsi della consulenza e della collaborazione di studiosi di discipline demoetnoantropologiche?
Decisamente sì. La prof.ssa Carta Mantiglia e altre ricercatrici dell'Università di Sassari hanno redatto i cartelli esplicativi in italiano. I proff. Atzori e Satta del Dipartimento di Demoetnoantropologia dell'Università di Sassari, la dott.ssa Francesca Sanna, museologa di Sassari, hanno visitato il museo, esprimendo il loro apprezzamento. C'è stata, inoltre, una interminabile passerella di autorità in campo museale, creatori di eventi e semplici testimonianze di gente che ha viaggiato per il mondo: tutti hanno affermato che il Museo è una realtà magnifica e io ne sono profondamente orgoglioso. Per me questo museo rappresenta un contenitore di emozioni, amore, stupore.
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Foto segnaletiche - Museo del banditismo - Foto di Mario Saragato
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Aggius ospita anche il Museo del banditismo, situato nella zona più antica del paese, in passato teatro di numerosi omicidi. Storicamente quale ruolo ha avuto ad Aggius il banditismo? Perché Aggius è sempre stato dipinto come un paese di banditi e delinquenti? Con quali finalità è nato questo museo? Che tipo di testimonianze vi si trovano?
Fino alla fine degli anni Cinquanta faceva parte del territorio di Aggius una zona molto estesa che andava dal fiume Coghinas fino a Vignola: appartenevano, quindi, ad Aggius quelli che poi diventeranno i comuni di Trinità d'Agultu, Badesi Viddalba, Isola Rossa, Vignola. I punti di approdo dei litorali favorirono il contrabbando di grano e bestiame con la vicina Corsica, per questo il territorio aggese accolse di frequente banditi e contrabbandieri. Aggius è stato l’epicentro del banditismo gallurese dalla metà del Cinquecento, in pieno periodo spagnolo, alla metà dell’Ottocento, sotto la dominazione sabauda. Durante questo lungo e travagliato periodo ad Aggius omicidi, agguati, furti di bestiame e danneggiamenti erano all’ordine del giorno. Il nome stesso di Aggius, secondo alcuni, significa "senza legge", legge intesa come qualcosa di impositivo e scritto. Nel 1720 Aggius passò sotto il dominio dei Savoia, che ritennero il paese il principale ostacolo a un dominio completo dell'Isola. I Savoia imposero agli Aggesi pesanti gravami, infatti questi preferivano vendere di contrabbando ai marsigliesi. Nel Settecento Aggius deteneva il ruolo di paese leader nel traffico clandestino di cereali. Risale al 1766 l’ormai famoso “pregone” del viceré Francesco Ludovico Costa, il cui testo integrale, ingrandito e stampato su un grande pannello, è stato collocato sulla facciata dello stabile che ospita il Museo del banditismo. Si tratta del pronunciamento in cui si minaccia la distruzione di Aggius, in quanto ritenuto “scandaloso ricovero e favore … di banditi e facinorosi”.
Sul versante popolare, però, la figura del bandito veniva assimilata spesso a quella del diseredato caduto in disgrazia per motivi d’onore e quindi meritevole di rispetto e protezione. Ecco perché si è deciso di allestire un museo dedicato al banditismo, senza correre il rischio di mitizzare la figura del fuorilegge e di esaltarne le sue gesta. L’obiettivo di questo museo è proprio il contrario: diffondere valori positivi per la costruzione di una mentalità che favorisca l’affermarsi della legalità e della moralità pubblica ad ogni livello. La filosofia è stata sempre la stessa: la forza centripeta del museo è attrarre la gente che abita nei pressi e renderla partecipe della formazione del museo; la forza centrifuga del museo, invece, è la capacità di comunicare ai visitatori chi siamo e cosa siamo stati in passato, senza dimenticare nulla.
Sono fermamente convinto che negli oggetti viva lo spirito di coloro che li hanno utilizzati. Gli oggetti che si possono ammirare al Museo del banditismo hanno una storia importante da raccontare: le pistole hanno il manico lucido, ma non a causa delle tinte, bensì per l'usura; le canne hanno sparato, sono oggetti veri che testimoniano l'esistenza di molte persone; sono vere le manette, la macchina da scrivere logora, poiché i marescialli la utilizzavano per compilare i loro verbali, la macchina fotografica che ha scattato centinaia di foto, le sciabole passate in mezzo alla brina del mattino. Tutto è vero.
Il Museo del banditismo non è il museo dove si celebrano i supereroi, i banditi invincibili, ma è il museo della legalità. Nel Museo ci sono due anime: quelle degli uomini in divisa che facevano rispettare la legge e aiutavano la popolazione, anche se bisogna dire che molte volte questi uomini non erano dalla parte del bene; poi ci sono le anime di coloro che obbedivano a codici morali molto discutibili, ma occorre tenere presente che, quando non c'era ancora il senso dello Stato, questi codici costituivano l'unica base per potersi definire civiltà. Il Museo mette in evidenza le persone e il modo di fare di questa gente. Il Museo del banditismo è raccontare chi siamo e cosa siamo stati nel tempo con la nostra dignità.
Tra i molti documenti esposti al Museo del banditismo troviamo atti ufficiali di processi e accurate descrizioni delle vite di banditi e criminali, foto segnaletiche, costumi. Come siete riusciti a recuperare questo materiale?
La dott.ssa Maria Teresa Mura e il Comandante dei Carabinieri Gianfranco Ricci hanno setacciato gli archivi storici e gli atti della procura e hanno richiesto i documenti in concessione. Esperti dell'Arma e cultori della materia hanno fatto un lavoro certosino. Per esigenze espositive i documenti esposti sono copie, non originali. Bisogna tenere presente che il materiale è logorabile a causa delle intemperie e della fotoesposizione.
Il Museo di Aggius si compone di una terza sede, costituita dal Museo di Arte Contemporanea AAAperto. Come è nato questo museo?
Il Museo AAAperto è il frutto dell’attività di progettazione e cura di mostre ed eventi di Arte contemporanea dell’Associazione Culturale "Museo di Aggius onlus", attiva dal 2004. Tutto ha avuto inizio col soggiorno ad Aggius di Maria Lai, che ha cominciato ad annodare i suoi fili con i nostri e a contaminare gli spazi del MEOC e del centro storico con le sue opere e le sue mostre. I suoi soggiorni e il suo lavoro hanno aperto la strada che ancora seguiamo. Molti e importanti artisti in questi anni hanno soggiornato ad Aggius e vi hanno lavorato lasciando che i luoghi, la gente, la cultura, le tradizioni, i colori e i profumi fossero fonte di ispirazione per le loro opere. Le opere che ogni artista ha lasciato sono state man mano esposte in luoghi pubblici, perché tutti, cittadini, ospiti e visitatori, ne potessero godere passando per le antiche vie del borgo. Si è formato così, negli anni, il Museo di Arte Contemporanea AAAperto, curato da Mario Saragato. Il museo, aperto 24 ore su 24, offre vari percorsi tra le vie del paese.
Anche il piccolo Museo dell'Amore perduto è opera di Mario Saragato. Nato dall’intuizione e osannato, in quanto ospita storie di tutti noi, di amori finiti o mai vissuti, ma pur sempre un tassello della nostra vita, un profumo, quello dell’amore perduto, che lascia sulle guance e in bocca il sale... Lo definirei "un luogo della mente": non è raro vedere gente rimembrare e uscire dall’amor perduto con qualche lacrima sul volto.
Cosa si augura per il futuro di Aggius e del suo complesso museale?
Mi auguro che tutti gli sforzi compiuti non siano vanificati e possa esserci sempre concertazione tra l’Amministrazione e le varie menti del Museo di Aggius. Spero che la popolazione continui a donare oggetti e valori che andrebbero altrimenti rovinati o dimenticati e che i visitatori continuino a venire e riscoprano saperi sopiti. Mi auguro che i giovani artisti continuino a chiedere informazioni per esibire le loro mostre d’arte moderna e che le guide continuino a chiamare per cercare soluzioni per visitare Aggius e i suoi dintorni. Spero vivamente che le condizioni per il personale migliorino. Adesso siamo a livelli di volontariato, con paghe esigue e una mole di lavoro gestibile solo col bagaglio tecnico culturale acquisito e le capacità dimostrate.
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