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lunedì, 30 dicembre 2019 14:15 |
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Bruno Rosano in cima al monte Bettone durante una fase delle riprese (foto Andrea Icardi).
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Francesca Bianchi
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Ftnews ha intervistato Andrea Icardi, regista del documentario Un anno in Alta Valle Maira.Icardi, originario di Santo Stefano Belbo, nelle Langhe, ma da una decina d'anni residente a Torino, ci accompagna in un avventuroso viaggio lungo un anno nell’alta Valle Maira, dalle prime nevicate invernali alla magia dei colori dell'autunno, con quattro guide fortemente legate a questa terra maestosa situata nelle Alpi Cozie, al confine con la Francia: Fortunato Bonelli, allevatore di Cavalli Merens, Enrico Collo, geologo e guida escursionistica, Rolando Comba, cuoco, nonché fondatore e custode del Museo “La Misun d’un bot", Bruno Rosano, pioniere dello scialpinismo in Valle Maira, fotografo e autore di numerose guide sulla Valle. Prodotto dalla Fondazione Acceglio, presieduta da Pier Giuseppe Zagnoni, grazie all'organizzazione di Francesco Revello e Carmen Valoti, il documentario racconta la bellezza incontaminata e selvaggia di un territorio che si è conservato intatto da migliaia e migliaia di anni. Con i suoi paesaggi mozzafiato la Valle Maira consente ai suoi visitatori di cogliere il senso di infinito e il grande mistero che governano le nostre vite. Al cospetto di vette maestose e imponenti, ruscelli, alberi, baite, sentieri si può provare la dolce, impagabile sensazione di sentirsi parte integrante della Natura, nel cui abbraccio rassicurante si annulla la nostra finitezza.
Come è nata l'idea di realizzare il documentario "Un anno in Alta Valle Maira"?
Da alcuni anni collaboro con Francesco Revello della Fondazione Acceglio. Con lui nel 2017 ho girato il documentario "Matteo Olivero - ritratto di un pittore", dedicato al pittore divisionista Matteo Olivero, nato ad Acceglio nel 1879. Abbiamo pensato che sarebbe stato bello narrare le straordinarie bellezze naturalistiche della Valle, così abbiamo deciso di dare vita al documentario "Un anno in Alta Valle Maira", realizzato a cavallo tra il 2017 e il 2018 dalla Fondazione Acceglio, presieduta da Pier Giuseppe Zagnoni.
Dove si sono concentrate e quanto sono durate le riprese? Chi ha preso parte al documentario?
Abbiamo fatto circa cinquanta giorni di riprese, sparsi tra tutte e quattro le stagioni, per circa cento ore di materiale girato e una cinquantina di persone coinvolte. La Produzione è la Fondazione Acceglio, che ha investito molto in questo documentario. Devo dire che molte realtà della Valle, menzionate nei titoli di coda, hanno collaborato al progetto e dato il loro importante contributo. Francesco Revello e Carmen Valoti hanno curato la parte organizzativa.
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Il documentario si avvale della collaborazione di quattro persone fortemente legate alla Valle Maira: Fortunato Bonelli, Enrico Collo, Rolando Comba, Bruno Rosano. Grazie a Bruno Rosano, autore di numerose guide sulla Valle Maira, sono state riprese le zone più impervie e nascoste dell’alta Valle, nella maggior parte dei casi con un drone, mentre grazie all’intervento del geologo Enrico Collo, guida naturalistica, sono state esaminate dal punto di vista scientifico le rocce e la conformazione dell’intero territorio. Il viaggio, nel documentario, parte dal museo “La misoun d’en bot” (letteralmente "casa di una volta") di Chialvetta, borgata di Acceglio, realizzato nel corso di oltre mezzo secolo da Rolando Comba. Sin da piccolo, infatti, Comba ha raccolto e collezionato tutte le cose vecchie che trovava in giro ed è riuscito ad aprire questa sorta di museo che oggi custodisce la storia del Vallone di Unerzio e di tutta la Valle Maira. Il documentario continua attraverso le stagioni, da gennaio alla fine dell’autunno, passando in rassegna le caratteristiche dell’alta Valle, dallo sci alpino sul monte Chersogno, che da oltre 300 milioni di anni segna il confine tra la Valle Maira e la Valle Varaita, alle Cascate di Stroppia, dalle guglie affilate della Meja, che dai suoi 2800 regala una visione mozzafiato su tutta la Valle, ai laghi di Resile e Robourent, dalla Torre Castello all’Oronaye, passando per l’allevamento di cavalli Merens di Fortunato Bonelli, originario di Prazzo, e le varie attività che si possono svolgere tra gli scenari incontaminati della valle.
Fortunato Bonelli, Enrico Collo, Rolando Comba e Bruno Rosano raccontano il loro intenso legame con la loro terra d'origine. In modo particolare, per il documentario è stato fondamentale l'apporto di Collo e Rosano...
Sì, Enrico Collo, geologo, ha ripercorso la storia del popolamento della Valle, fornendoci preziose informazioni dal punto di vista storico e geologico. Il paesaggio che possiamo ammirare oggi deriva dallo scontro dei continenti. Collo spiega che il Monviso era un vulcano sottomarino e che lì milioni di anni fa c'erano oceani e spiagge tropicali. Le rocce che ammiriamo oggi sono le stesse che troviamo ai Tropici. Nella Valle sono ancora visibili gli effetti dell'ultima glaciazione, conclusasi circa 10000 anni fa.
Bruno Rosano, fotografo e scrittore, nonché pioniere dello scialpinismo in Valle Maira, ha vissuto la sua infanzia a Pratorotondo. Ad un certo punto della sua vita ha lasciato l'alta Valle per trasferirsi a Dronero. Nel documentario confessa di essersi sentito un vigliacco ad abbandonare la sua terra, nei cui confronti nutre un sentimento di sincera riconoscenza, per questo, appena gli è stato possibile, ha cercato di fare qualcosa per la "sua" Valle Maira. E' così che ha iniziato a fare lunghe passeggiate solitarie alla scoperta dei luoghi più reconditi della Valle, quelli che conosceva da lontano, ma non aveva mai visitato. Ha percorso la Valle in lungo e largo, sia nelle giornate di bel tempo che in quelle di maltempo. Nell'agosto del 2006 ha percorso in cinque giorni le 25 cime di oltre 3000 metri di altezza che sorgono nella Valle. Durante le sue escursioni ha realizzato molte fotografie che poi sono confluite nei suoi libri fotografici e, negli anni più recenti, nei calendari della Valle Maira.
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Carmen Valoti, Antonio Perino, don Beppe, Bruno Rosano e altre persone scalano l'Oronaye per le riprese (foto Andrea Icardi)
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Un anno in Alta Valle Maira racconta le bellezze naturalistiche, i colori, la flora, la storia geologica della Valle Maira. Nel documentario ci si sofferma anche sul ciclo dell'acqua. Cosa può dirci su questo argomento? Quale stagione dell'anno e quali luoghi della Valle sono particolarmente significativi in merito?
In primavera la neve che ha dominato per mesi nell'alta Valle ritorna acqua, simbolo di rinascita. In questo periodo dell'anno si possono ammirare le cascate di Stroppia, le più alte d'Italia con i loro 2300 metri d'altezza. Le cascate si diramano in centinaia di rivoli che si perdono verso valle, alcuni dei quali si ricongiungono nel lago artificiale di Saretto, da cui sgorga il Maira, fiume da cui prende il nome l'intera Valle. Le riprese si concentrano anche sul lago Resile, che sorge nei pressi di Marmora, a circa 2000 metri di quota, e sui tre laghi di Roburent, ai confini con la Valle Stura.
A quando risale il suo legame con la Valle Maira?
Diversi anni fa iniziai a lavorare con Francesco Revello della Fondazione Acceglio, che un giorno mi invitò a casa sua, in Valle Maira. Fu lui a “presentarmi” questo straordinario paesaggio, che da allora ho sempre frequentato volentieri. Francesco mi propose di girare un documentario su Matteo Olivero. Da lì a "Un anno in Alta Valle Maira" il passo è stato naturale.
Il documentario è stato presentato varie volte, ottenendo un notevole successo presso il pubblico, e ha partecipato anche a qualche Festival cinematografico...
A marzo 2019, nell'ambito di un festival incentrato su cinema e montagna, abbiamo fatto la prima proiezione al cinema "Monviso" di Cuneo, che per l'occasione era gremito. A questa hanno fatto seguito circa una ventina di altre proiezioni, che hanno registrato il tutto esaurito, con circa 400-500 persone. Il film è stato distribuito in 3000 dvd che sono stati quasi tutti venduti. Siamo stati in concorso al "Festival du film de montagne", a Barcellonette, in Francia. Tra luglio e agosto 2019 è arrivata la nomination per il "Milano International Film Maker Festival", festival del cinema indipendente che raccoglie film di tutto il mondo, svoltosi a Milano qualche settimana fa, dove il documentario è stato inserito nella cinquina finalista sia per la miglior regia che per il miglior documentario breve.
Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che vedranno "Un anno in Alta Valle Maira"?
L'alta Valle è un posto incontaminato dove spesso manca la connessione ad Internet, non ci sono molti negozi, determinati posti possono essere raggiunti soltanto a piedi. Non ha le comodità che possono offrire località turistiche come Cortina o Madonna di Campiglio, ma chiunque vada in Valle Maira può bearsi di sensazioni che altrove non si possono provare: lì si può vedere com'era la natura migliaia di anni fa; il cielo è talmente pulito che nelle notti più serene si può contemplare tutta la Via Lattea. La Valle Maira è un ottimo luogo per isolarsi ed immergersi nella natura più pura e incontaminata. Ecco, vorrei che il documentario comunicasse queste sensazioni uniche e impagabili.
https://youtu.be/tXJ5Q1JXfpc
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Messaggio: Essendo parte in causa, cioè responsabile di produzione. Posso solamente complimentarmi per l’articolo ed unirmi al regista Icardi. Che questo documentario sia un veicolo promozionale per quanti vorranno conoscere una Valle veramente avocata ad un Turismo dolce. |
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