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martedì, 09 aprile 2019 19:14 |
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Francesca Bianchi
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Per FtNews
ho intervistato il collega Luca Mancini, docente di storia e filosofia presso il Centro Studi Galileo Galilei di Genzano (RM). Laureato in Scienze storiche all'Università “Sapienza" di Roma, si è specializzato in storia contemporanea, prestando particolare attenzione al periodo tra le due guerre mondiali e dedicandosi principalmente allo studio del fascismo e del corporativismo. Recentemente Mancini ha dato alle stampe il libro FASCISMO-FASCISMI. Il caso dell'Ungheria di Horthy (Prospettiva Editrice), che a maggio presenterà al Salone Internazionale del Libro di Torino.
Nel corso della nostra intervista, il docente ha spiegato come è nata l'idea di scrivere un libro dedicato all'Ungheria di Horthy, uno studio che cerca di comprendere quanto fosse forte l'influenza dell'anima corporativista del fascismo italiano in Ungheria. Si è soffermato sulle caratteristiche del regime horthysta e sulla considerazione che gli storici del fascismo avevano del corporativismo. Ha parlato anche della documentazione inedita consultata e degli archivi cui ha avuto accesso, svelandoci, infine, qualche dettaglio in merito a progetti futuri cui vorrebbe dedicarsi.
Luca, come è nata l'idea di scrivere un libro dedicato all'Ungheria di Horthy?
Ho maturato l'idea durante gli anni accademici, mentre mi occupavo del fascismo ungherese, di cui ho voluto approfondire gli aspetti sociali. Mi interessava scoprire se da parte degli Ungheresi ci fosse stato un interesse verso il corporativismo. Grazie alla documentazione consultata presso l'Archivio Storico Diplomatico - Ministero Affari Esteri e l'Archivio Storico CGIL di Roma ho scoperto che c'era un forte interesse verso il corporativismo.
Cos'è il corporativismo?
E' un sistema economico-sociale che nell'idea di Mussolini e dei fascisti in generale doveva essere una via alternativa al capitalismo e al comunismo, ossia un sistema che avrebbe dovuto evitare le crisi di sovrapproduzione del capitalismo, senza eliminare la proprietà privata.
Gli storici del fascismo che opinione avevano del corporativismo?
Gli storici importanti, come De Felice, Gentile, Collotti, lo considerano una discriminante essenziale e fondamentale per comprendere se un regime sia veramente fascista.
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Chi era Horthy?
Horthy era il reggente dell'Ungheria tra le due guerre. In Ungheria c'era un reggente perché si era creata una situazione particolare: il re ufficiale era Carlo IV d'Asburgo, però, per motivi di politica
internazionale, nessuno voleva più un Asburgo su un trono d'Europa dopo la prima guerra mondiale, quindi Horthy rimase reggente per ben 25 anni.
Quali furono le caratteristiche del regime instaurato da Horthy in Ungheria?
Il regime horthysta è stato visto dalla storiografia come un regime puramente fascista. In realtà, studiando da vicino i vari governi che si sono susseguiti in quegli anni, ci si rende conto che nella prima fase del regime horthysta i vari governi non erano veri e propri governi fascisti. Sì, ci fu un avvicinamento all'Italia, ma si trattò di un avvicinamento dettato da motivi di politica internazionale ed estera; non c'è interesse verso il corporativismo o verso le politiche sociali del fascismo. Invece nella seconda fase, negli anni Trenta, sotto il governo di Gömbös, ci fu un maggiore interesse verso il corporativismo e le politiche sociali. Potremmo definire gli anni del governo Gömbös come un vero e proprio tentativo di instaurare un regime fascista.
L'Italia e il regime instaurato da Mussolini come erano considerati in Ungheria?
Gli Ungheresi erano affascinati da Mussolini, dapprima, come detto poc'anzi, per motivi di politica estera, perché vedevano nell'Italia fascista uno strumento per modificare i trattati di Versailles. C'era, poi, un forte interesse nei confronti del corporativismo: li affascinava l'idea di trovare un'alternativa tanto al capitalismo quanto al comunismo. In quegli anni, nell'Europa centro-orientale l'Italia godeva di un grande ascendente, perché tutti vedevano nell'Italia una nazione che lavorava per modificare l'ordine politico, economico e sociale.
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A quali fonti hai attinto e a quali archivi hai avuto accesso per la stesura di questo libro?
Ho avuto accesso all'Archivio Storico CGIL di Roma, dove ho trovato la documentazione della vecchia Confederazione fascista dei lavoratori dell'industria, un sindacato fascista. Lì ho esaminato documenti importanti che dimostrano l'interesse degli Ungheresi nei confronti del corporativismo. Questa documentazione conferma quanto ho trovato presso l'Archivio Storico Diplomatico - Ministero Affari Esteri. Sono stato anche a Budapest per consultare la documentazione ungherese.
Attualmente stai lavorando a qualche progetto?
L'idea sarebbe quella di allargare il discorso ad altri paesi dell'Europa centro-orientale dove c'erano forti movimenti o regimi fascisti, in primis la Romania, per vedere se anche questi Paesi avevano un interesse forte nei confronti del corporativismo e per capire quanto questi movimenti o regimi fossero realmente fascisti.
Quale messaggio speri possa arrivare a coloro che leggeranno il tuo libro?
Spero che si possano aprire scenari nuovi per la storiografia dei movimenti e dei regimi fascisti. In uno dei suoi ultimi libri De Felice invitava a studiare i fascismi non come una massa indistinta, bensì come movimenti nazionali con delle caratteristiche proprie, ma anche con dei denominatori comuni. Il corporativismo e il tentativo di superare sia il capitalismo che il comunismo sono senz'altro discriminanti essenziali per comprendere quanto un regime fosse realmente fascista.
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