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martedì, 30 ottobre 2018 13:32 |
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Francesca Bianchi
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FtNews
ha intervistatoDaniela Dao Ormena originaria di Elva, paese dell'alta Valle Maira (CN) famoso per la sua parrocchiale, affrescata alla fine del XV secolo dal pittore fiammingo Hans Clemer. Daniela, appassionata della cultura, della storia e delle tradizioni della Valle Maira, recentemente ha dato alle stampe Le radici chiamano...(Primalpe Editore), un libro in cui ha raccolto alcune sue liriche scritte a nosto modo, ovvero nel dialetto occitano della sua Elva.
Nel corso della nostra bella conversazione, Daniela ci racconta del profondo amore per la terra delle sue origini e per la lingua appresa dai genitori e dai nonni, un amore che riversa nelle sue splendide poesie. Ognuno di noi ha un luogo del cuore, un posto dove l'anima si rigenera, un porto sicuro dove poter trovare pace nei momenti in cui le difficoltà che la vita ci chiama ad affrontare sembrano prendere il sopravvento: per Daniela Dao Ormena questo luogo è Elva, dove ha trascorso gli anni spensierati della sua infanzia e dove ancora oggi c'è la baita dei nonni. Immersa nella Natura, in borgate oggi silenziose, ma testimoni di un passato che ha ancora tanto da raccontare, tra paesaggi selvaggi ed incontaminati da cui si possono ammirare imponenti vette e pascoli fioriti, l'autrice si abbandona alla contemplazione estatica della bellezza di quella Madre generosa che è la Natura, al cui cospetto ritrova la sua anima più pura e vera. Ascoltando i suoi tanti ricordi, borgata Grange sembra animarsi della presenza dei suoi adorati nonni che, a nosto modo, le cantavano una filastrocca o la richiamavano dal gioco.
In un mondo come quello attuale, dove i valori e il rispetto per la vita spesso vengono calpestati, le parole di Daniela Dao Ormena suonano come un potente invito a riscoprire nelle nostre radici i valori autentici della vita e a ritrovare un rapporto armonico e simbiotico con la Natura. Lasciamoci permeare dalle emozioni e dall'eterna, indistruttibile bellezza che solo Madre Natura è in grado di offrirci! Oggi si tende a non essere più grati di nulla, anche se ovunque ci circonda la bellezza, una bellezza che spesso, troppo occupati a lamentarci di tutto nella nostra routine quotidiana, tendiamo a non vedere. Sta a noi riscoprirla e tramandarla alle generazioni future come fulcro del forte legame che unisce all'eternità tutti noi e coloro che ci hanno preceduto in questo straordinario viaggio che è la vita.
Daniela, come sono nati questi splendidi componimenti poetici e come è nata l'idea di scrivere un libro di poesie nel dialetto occitano di Elva?
Le poesie sono nate nelle borgate di Elva e spesso sono proprio le più solitarie, come ad esempio borgata Brione, ad averle ispirate maggiormente. Ogni porta, ogni finestra di queste borgate sembrava avesse da dire qualcosa, come se ci fosse ancora qualcuno che avesse scelto me come tramite, come cassa di risonanza. A volte ho avvertito la presenza di anime che sono volate via da tempo, che non sono, però, andate lontano, ma sono rimaste lì, nei luoghi dove hanno trascorso la loro vita, e oggi hanno qualcosa da dire a chi percorre quei sentieri. Tutte queste emozioni che la montagna da sempre mi ha suscitato e continua a suscitarmi sono esplose nel mio animo, trovando il bisogno di uscire attraverso poesie che talvolta nascono in italiano, altre volte "a nosto modo", letteralmente 'la nostra parlata', ovvero la parlata tradizionale di Elva.
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Una delle figlie di Daniela gioca a Borgata Grange
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L'amore per la terra delle mie origini, per la lingua imparata dai miei genitori e dai miei nonni ha fatto nascere in me, negli anni, non solo il bisogno di continuare a parlare il dialetto occitano di Elva con le persone a me vicine, ma anche di imparare a scriverlo. In questo libro ho raccolto cinquanta poesie, tutte accompagnate da altrettante foto scattate da me a Elva o a Stroppo. Spesso sono le immagini che solo Madre Natura sa regalare ad ispirare le mie poesie; altre volte, invece, le emozioni creano l'immagine e la poesia. Devo dire che la fotografia rappresenta per me un modo di fermare il tempo in luoghi, come la montagna, dove essa riesce a trovare ancora la sua massima espressione, lontano da cemento e da creazioni umane costruite il più delle volte senza tener conto di ciò che le circonda. E' in luoghi ancora selvaggi ed incontaminati come Elva che la mia anima riesce ad esprimersi al meglio, libera da ogni tipo di costrizione.
Con quali intenzioni è nato questo libro? In che modo, secondo Lei, le radici ci chiamano?
Il libro vuole essere un monito a ricercare e a coltivare proprie radici. Arriva un certo momento nella vita di ognuno di noi, in cui sentiamo che le radici ci chiamano, ma spesso ignoriamo questa chiamata, facendo finta di nulla. La società ci vuole pecore omologate alle mode, lontane dal vero senso del vivere. Le radici, invece, ci permettono di ascoltarci nel profondo e di recuperare la nostra autenticità, lasciando la nostra anima libera di esprimersi con le sue inclinazioni, i suoi tempi e le sue capacità. Le radici chiamano ognuno di noi in modo diverso. Sta a noi capire in che modo ci chiamano, metterci in ascolto e salvaguardarle, anche attraverso la lingua, per non perdere la nostra unicità e la nostra diversità, principi fondamentali della nostra esistenza. Mai come ora l'uomo ha bisogno di aggrapparsi alle proprie radici per ritrovare la sua vera essenza.
Lei dove avverte maggiormente le Sue radici? Quali sono i ricordi più teneri dell'infanzia trascorsa ad Elva?
Uno dei bagagli più importanti nella vita di ogni uomo è il ricordo della spensieratezza dell'infanzia: quell'insieme di profumi, sapori e suoni che ognuno di noi si porta dentro da quando era bambino e che lascia un'impronta indelebile nel nostro carattere e nel nostro modo di affrontare la vita. I miei ricordi più dolci sono legati alla baita dei miei nonni, risalente al 1600, un luogo dove sento forte la chiamata delle radici e dove mi sembra ancora di vedere mia nonna mentre lancia granaglie alle galline o mentre, a nosto modo mi richiama dal gioco, e mio nonno che, nella stessa lingua, mi canta una filastrocca. Questi ricordi sono in me sempre vivi e rappresentano un rifugio di pace cui penso spesso nei momenti difficili.
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Un'immagine di Borgata Grange
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Una delle poesie più belle dell'intera raccolta è "Ti insegnerò", rivelatrice di una profonda sensibilità e foriera di un forte messaggio di speranza. Come è nata questa poesia?
Ti insegnerò è nata quando ho dato alla luce la mia prima figlia. Ho voluto farle un regalo, dedicandole una poesia di speranza, dove domina l'idea che il mondo non è così brutto come vogliono farci credere e che qualcosa di bello c'è sempre, anche quando tutto sembra congiurare contro. Guardiamo la Natura: l'albero secco ha già le gemme e non se ne accorge; una croce al cimitero che, col passare del tempo, cade a terra, è legno che cade e non è mai morte, perché cade nella terra, da cui riparte il ciclo che darà inizio ad una nuova vita. In natura tutto si rigenera. Sarà sempre e comunque una vittoria della Natura, che si riprenderà tutto ciò che è suo, anche le case delle nostre borgate, fatte di pietra e di legno. Non si può restare indifferenti davanti a questa stupefacente realtà. Come nella Natura, così nella nostra vita: per quanto, a volte, ci si senta morire, prima o poi la vita avrà la meglio.
Lei è mamma di due bambine. A loro ha insegnato il dialetto occitano di Elva?
Assolutamente sì! Non solo lo capiscono, ma lo parlano anche. Spesso mi chiedono se possono venire nel lettone a nosto modo. A loro riesco a trasmettere questa grande passione per le radici e, appena possiamo, saliamo ad Elva, perché voglio che conoscono la bellezza di questo paradiso e, soprattutto, voglio che imparino a vivere in armonia con la Natura.
Cosa si augura per il futuro di Elva?
Per Elva mi auguro che ci sia la possibilità di rinascere in modo semplice, recuperando le tradizioni e le radici. Mi auguro che le radici continuino a chiamarmi sempre e che le borgate continuino a parlare ancora per molto.
A chi dedica questo libro?
Lo dedico ai miei genitori per l'amore, le radici e la bella lingua insegnatami e a tutti coloro che sono venuti prima di me e hanno vissuto sempre ad Elva.
Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che avranno il piacere di leggere queste Sue liriche?
Il messaggio che vorrei lanciare con il mio libro è che nessuna lingua merita di morire, perché se è nata, ha senso che continui ad esistere. Lo scrittore George Steiner sosteneva che quando una lingua muore, un modo di intendere il mondo, un modo di guardare il mondo muore insieme ad essa. Ecco, io penso che la perdita di usi, tradizioni e vocaboli tramandati da secoli, di generazione in generazione, porti allo smarrimento della nostra vera identità di uomini.
Vorrei, inoltre, che sempre più persone potessero riscoprire l'armonioso vivere al ritmo della Natura, che oggi è molto distante dal nostro quotidiano. Nella Natura c'è il nostro vero essere, il senso profondo della nostra esistenza. Lei soltanto può venirci incontro nei momenti di difficoltà.
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