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giovedì, 01 agosto 2019 14:29 |
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L'arch. Enrico Caruso e Francesca Bianchi al Baglio Florio
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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La presente intervista è stata richiesta prima che venisse resa nota la nuova gestione dei Parchi Archeologici Siciliani ed era stata stabilita la data del 15 giugno.
Il 15 giugno scorso ho visitato il Parco Archeologico di Selinunte, antica città greca ubicata sulla costa sud-occidentale della Sicilia, nel territorio del comune di Castelvetrano (TP). La città fu fondata nella seconda metà del VII sec. a.C. dai Megaresi di Sicilia e distrutta nel 409 a.C. dai Cartaginesi. Ho visitato l'area archeologica sotto la preziosa ed impeccabile guida di Michele Pappalardo, responsabile ufficio stampa della Pro Loco di Selinunte-Castelvetrano, che mi ha consentito di intraprendere un viaggio nei 2650 anni di storia selinuntina, consentendomi di poter contemplare dal vivo la grandiosità dei numerosi templi. Una sincera emozione e un profondo senso di gratitudine affiorano al cospetto della solenne imponenza di questi simboli millenari del glorioso passato di Selinunte.
Al Museo Baglio Florio ho avuto il piacere di intervistare l'architetto Enrico Caruso, Direttore uscente del Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa, che per
FtNews
ha ripercorso la storia dell'antica città greca e ha fatto un bilancio degli anni trascorsi alla guida di quello che, con i suoi circa 270 ettari di estensione, è oggi il parco archeologico più grande d'Europa.
Dopo l'esperienza di Morgantina, Iato e Selinunte, Caruso è stato chiamato a dirigere il Parco Archeologico di Lilibeo, una realtà che con il compianto Sebastiano Tusa, tragicamente scomparso il 10 marzo scorso, aveva progettato di legare a Selinunte.
Nel corso della nostra conversazione l'architetto ha parlato anche della coltivazione dei grani antichi di Sicilia e dei legumi locali nei terreni del Parco Archeologico di Selinunte, iniziativa nata con l'intenzione di ricostruire il paesaggio agrario del Parco Archeologico come si presentava qualche secolo fa.
Direttore, quando iniziò la storia di Selinunte?
Selinunte fu fondata dai Megaresi di Sicilia nella seconda metà del VII secolo a.C. in prossimità di due porti-canali, oggi insabbiati. Grazie alla sua posizione riuscì ad esercitare i suoi commerci, in modo particolare con i Punici che vivevano nella parte più occidentale della Sicilia. Nell'arco di poco più di due secoli, Selinunte raggiunse una floridezza economica eccezionale nel mondo greco e siceliota / magno-greco, divenendo la megalopoli della Sicilia occidentale. In questi anni abbiamo cercato di ricostruire l'ambiente naturale in cui venne fondata e divenne grandiosa, consapevoli che la sua forza, rappresentata dai corsi d'acqua e dalle alture, fu anche la sua fragilità: coinvolta nel clima di ostilità che si venne a creare fra Greci e Punici sul finire del V secolo a.C., la città venne distrutta nel 409 dai Cartaginesi in dieci giorni, perdendo il suo splendore urbano e divenendo un più modesto centro commerciale punico.
Selinunte è nota come la città dei templi e degli Dei; l'ingente numero dei templi è una peculiarità tutta selinuntina. Cosa si sa di questi edifici religiosi? Quando furono costruiti? Quali divinità erano venerate al loro interno?
Sull'acropoli i Greci eressero ben quattro templi paralleli e vicini nell'area meridionale destinata al culto e alle attività pubbliche, oltre ad altri sacelli minori più antichi o successivi. Al tempio O, il più meridionale, si affiancava il tempio A. Li designiamo con lettere perché è difficile identificarli dal punto di vista della destinazione culturale, anche se, basandoci sulla "Grande Tavola Selinuntina" rinvenuta nel tempio G, che costituisce un vero e proprio catalogo dei culti cittadini, si può ipotizzare che all'interno di questi due templi venissero venerati Poseidone (?) e i Tindaridi (Dioscuri).
L'area sacra meridionale dell'acropoli aveva, nella sua parte più elevata, due templi di maggiori dimensioni: il C e il D. Il tempio C, uno dei primi ad essere stato costruito e parzialmente rialzato (anastilosi) circa mezzo secolo fa, è uno dei più antichi esempi di architettura templare dorica esistente, essendo datato alla prima metà del VI secolo a.C. Il tetto era decorato da ricche e variopinte decorazioni a bassorilievo di terracotta raffiguranti elementi floreali, mentre il timpano anteriore presentava la gigantesca testa di Gorgone, mostro mitologico dall'aspetto terrifico.
I tre templi costruiti sulla collina orientale sono crollati a causa di violenti terremoti. Di essi ne è stato ricostruito uno, il tempio E, dedicato quasi certamente a Hera. Scavi recenti hanno dimostrato che, sovrapponendosi, altri due templi simili vennero costruiti precedentemente sin dalle prime fasi di vita della colonia. Il tempio E possedeva alcune metope figurate che ornavano la sua parte frontale. Raffigurano Eracle con l'amazzone, il matrimonio sacro di Zeus, Artemide e Atteone, Atena ed Encèlado.
Ad ovest dell'Acropoli, in contrada Gaggera, sorge l'area del cosiddetto santuario della Malophoros, i cui frequentatori non erano tutti greci, come si deduce dalla particolare tipologia di alcune costruzioni, che si richiama ad un'architettura micenea per la sua forma a megaron. Si tratta, quindi, di una zona di cerniera e di collegamento fra Greci e non Greci. Nel santuario della Malophoros sono state ritrovate circa 12.000 figurine votive in terracotta di varie epoche, tutte raffiguranti una divinità femminile (principalmente Demetra) e caratterizzate da diversi attributi (con animali, con collane, con bambini, con frutta), che venivano offerte alla divinità. Sono stati, inoltre, rinvenuti vasi corinzi e protocorinzi, stele, un bassorilievo raffigurante Plutone che rapisce Persefone e numerose lucerne di epoca costantiniana, a testimonianza di un insediamento cristiano sulle rovine del santuario.
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Il tempio C nella sua anastilosi parziale
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I ruderi più impressionanti sono quelli dell'imponente tempio G, al cui interno venne rinvenuta la "Grande Tavola Selinuntina"...
Sì, il tempio G è il più grande dei santuari selinuntini e tra i più grandi di tutto il mondo greco. Era lungo 113,34 metri per 54,05. Le colonne erano alte 16,27 metri ed il solo capitello era 16 metri quadri nella sua parte superiore. L'altezza totale era di 30 metri circa. Si pensa che la sua costruzione fu iniziata intorno al 530 a.C. e si protrasse per oltre un secolo, con diverse fasi attestate dalla diversa forma dei tre tipi di capitello che lo caratterizza. Pur essendo in uso, non era ancora del tutto rifinito, né lo fu successivamente, poiché sopraggiunse la distruzione della città. Non c'è certezza in merito alla divinità alla quale era consacrato. Sempre grazie alla "Grande Tavola Selinuntina", si può ipotizzare fosse dedicato a Zeus. Stando al medesimo documento ritrovato nel tempio G, sembra probabile che il tempio C, dedicato verosimilmente ad Apollo, fosse stato adibito anche a sede del tesoro pubblico della città. Il fatto che negli stessi anni i Selinuntini eressero il proprio thesaurós ad Olimpia, offrendo in dono un sèlinon aureo, ossia la raffigurazione del simbolo vegetale cittadino, farebbe propendere per un'attribuzione a Zeus del colossale tempio che ha confronti soltanto con gli Olympeia di Siracusa ed Agrigento e con alcuni templi delle colonie greche in Asia Minore.
Cosa possiamo affermare in merito ai monumenti sacri costruiti durante l'occupazione punica?
L'area fu densamente ripopolata durante l'occupazione punica della città con numerosi edifici abitativi che utilizzarono i ruderi esistenti come materiale di costruzione. Tra le abitazioni i Punici piazzarono delle piccole aree sacre costituite da semplici vani quadrangolari, dove su improvvisati altarini d'argilla venivano sacrificati animali vari. Si trattava di piccoli santuari rionali che nulla avevano di monumentale. I Greco-Punici realizzarono un tempio con quattro colonne frontali ioniche e trabeazione dorica. Si tratta del tempietto B, tipico esempio di mescolanza di ordini diversi. Probabilmente vi era venerato Asclepio.
E' possibile stabilire che tipo di rapporto ci fosse fra impianti portuali e area residenziale e pubblica dell'acropoli?
La posizione dell'acropoli era estremamente privilegiata per il suo protendersi verso il mare, che permetteva un facile controllo dei due porti, cui era legata da brevi e facili accessi. Non si conosce ancora bene il rapporto esatto fra impianti portuali e area residenziale e pubblica dell'acropoli, ma possiamo dire che le aree immediatamente prospicienti i porti dovevano essere caratterizzate da una fitta rete di botteghe e magazzini i cui resti affiorano qua e là fra i vigneti e le dune di sabbia. Finora soltanto l'inizio di alcune strade e scalinate che scendevano verso i porti è stato chiaramente identificato.
Il compianto prof. Sebastiano Tusa, a cui lei era legato da profonda amicizia, aveva un rapporto speciale con Selinunte. Cosa avevate in mente per il futuro dell'antica città greca?
Come suo padre Vincenzo, che ha dedicato la sua vita a Selinunte, Sebastiano amava Selinunte ed era sempre presente alle iniziative selinuntine; considerava questo luogo un po’ come la sua casa. Qui aveva scoperto un importante tempio a megaron, quello di Hera Matronale, nei pressi della Gaggera e del tempio di Malophoros, abbattuto in antico da un terremoto e da lui ricostruito.
Aveva immaginato di lavorare all’anastilosi del tempio G. Ora sono il nuovo Direttore del Parco Archeologico di Lilibeo, un luogo con una storia incredibile legata alla battaglia delle Egadi, che con Sebastiano avevamo pensato di unire proprio a Selinunte, ricreando un filo conduttore tra Nave punica, il Satiro danzante e l’Efebo di Selinunte, per dare vita a una grande zona archeologica. Avevamo in mente tantissimi altri progetti che dovevano in qualche modo rendere Selinunte sempre più conosciuta e apprezzata.
Lo scorso anno avete avviato la coltivazione dei grani antichi di Sicilia nei terreni del Parco Archeologico di Selinunte. Come è nata questa iniziativa che si fa promotrice di un messaggio culturale particolarmente importante?
La nostra principale intenzione era quella di ricostruire il paesaggio agrario del Parco Archeologico di Selinunte, riportandolo all’Ottocento. Lo scorso anno abbiamo avviato le coltivazioni dei grani antichi e dei legumi locali, come il cece e la lenticchia, nei terreni del Parco Archeologico. I legumi occupano un ettaro di terra; gli altri 9 ettari sono stati seminati con varietà antiche di grano duro della Sicilia, tra cui Russello, Tumminia, Perciasacchi e il grano Monococco, ritrovato all’interno della Grotta dell’Uzzo, uno dei più importanti siti preistorici siciliani. Si pensava di vendere tutti i prodotti con il logo del Parco Archeologico di Selinunte, creando, così, una sorta di brand del Parco. Il ricavato delle vendite potrebbe finanziare i progetti di valorizzazione del Parco.
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Se dovesse fare un bilancio dei tre anni in cui ha ricoperto la carica di Direttore del Parco Archeologico di Selinunte e Cave di Cusa, quali sono le iniziative che ha organizzato che le hanno dato maggiore soddisfazione e orgoglio?
Dopo tre anni lascio il Parco Archeologico di Selinunte, che ho diretto dal 2016, gestendo le prime fasi della sua autonomia. In questi anni ho portato il Parco da una realtà quasi dimenticata ad un luogo di grande vivacità culturale, vissuto e frequentato, soprattutto dai siciliani. Mi era stato consegnato con numerose criticità e in uno stato di forte degrado complessivo, dovuto ad una situazione di abbandono certamente non dipesa dai precedenti direttori del Parco, che non avevano a disposizione mezzi economici per operare, ma alla quasi totale mancanza di risorse che non consentiva alla Regione Siciliana di incanalarle verso il prestigioso sito. Ho richiamato Google Camp, che da anni non veniva più nel territorio; l’importante griffe Gucci ha onorato tutte le boutique nel mondo con le immagini dei nostri Templi; la BIAS - Biennale Internazionale di Arte Sacra Contemporanea ha portato artisti internazionali. Abbiamo ospitato le grandi campagne di scavo della New York University, già operante dal 2009 in raccordo con la Soprintendenza BBCCAA di Trapani, l’attività di ricerca dei geologi dell’Università di Camerino, la campagna di scavo dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, operante a Selinunte dai tempi di Vincenzo Tusa. In questi anni sono stati portati alla luce 140.000 reperti archeologici. Tra le numerose attività di grande spessore culturale non posso non citare la rappresentazione di tragedie greche, che noi abbiamo sempre inteso come una reinterpretazione in chiave moderna, conferenze, concerti e convegni, l’inaugurazione del Museo archeologico di Baglio Florio, su cui si lavorava da decenni, senza mai arrivare alla conclusione dei lavori. Mi piace ricordare le 4 mostre internazionali che ho realizzato in due anni all'interno del Baglio Florio: "Malophoros. Cent'anni dopo"; "Tois theois. Selinunte e le forme della fede: Architettura e riti dall’Età arcaica all’ellenistica"; "Abitare a Selinunte: dalle origini al medioevo"; "Selinunte sull'altopiano di Manuzza. L'abitato, la necropoli protoarcaica, la necropoli punica e il santuario di Tanit". Tutti temi sviluppati appositamente per il nuovo museo di Selinunte, mettendo in evidenza i risultati degli scavi, dai più antichi – alcuni risalenti a oltre quarant'anni fa e mai presentati al pubblico – ai risultati delle ricerche più recenti. Ed ancora: i grandi eventi dell'Estate Selinuntina, l’arrivo della stampa internazionale e i grandi network, trasmissioni, tg nazionali che tanta visibilità hanno dato alla città che ospita uno dei parchi archeologici più grandi del mondo, custode di ben 2650 anni di storia. Infine penso che sia stato importante aprire l'esposizione museale archeologica alla comunicazione moderna con la video-art, mi riferisco in particolare ai due video-mapping sul “Ratto di Europa”, proiettato sull'anastilosi del tempio Y, e “Artemide e Atteone”, proiettato sulla riproduzione della metopa conservata, come la prima, presso il Museo A. Salinas di Palermo. A parte gli aspetti della comunicazione accattivante, che tanto successo ha avuto sui visitatori, il messaggio che le due istallazioni forniscono ai visitatori è quello dell'uso della policromia nell'antichità e, soprattutto, il tema dell'importanza, ancora in età contemporanea, dei miti e della cultura dell'antica Grecia, cui siamo fortemente debitori. E' stato un grande onore occuparmi di questo luogo.
Cosa si augura per il futuro di Selinunte?
Mi auguro che il Parco sia sempre più fruibile. Spero che un giorno il Parco possa utilizzare i suoi proventi anche per gli straordinari del personale. Una parte di me è rimasta a Selinunte e sono certo che il mio successore saprà attuare con successo i numerosi progetti che avevo pronti per la loro esecuzione in una continuità amministrativa che prescinde dai personalismi e dalla carica dei direttori, per il bene di Selinunte!
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