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domenica, 25 novembre 2018 07:30 |
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Francesca Bianchi
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Da giovedì 22 novembre, a pochi giorni dal 17 novembre, quando, 80 anni fa, fu approvato il più importante decreto delle leggi razziali in Italia, è in libreria 1938, l'Italia razzista: i documenti della persecuzione contro gli ebrei, del giornalista e scrittore Fabio Isman, assai a lungo inviato speciale de Il Messaggero, che, negli ultimi anni, si è molto occupato particolarmente del patrimonio culturale.
FtNews
l'ha intervistato: spiega di aver voluto fare luce su uno dei capitoli più bui della storia italiana e racconta le gravissime persecuzioni che hanno colpito gli ebrei italiani dal 1938 al 1945. Le leggi razziali, precedute da un censimento della popolazione ebraica ed anticipate da una violenta campagna antisemita, esclusero gli israeliti dalla scuola, dal mondo del lavoro, dalla vita civile, imponendo loro una ghettizzazione sociale. A loro era impedito di possedere una casa, un’impresa, un lavoro. La sottrazione dei loro beni, secondo Isman, è stata un vero e proprio latrocinio, con confische equivalenti a oltre 150 milioni di euro odierni, senza contare i furti, le razzie, i prelevamenti al di fuori da ogni norma.
Lo Stato italiano ha cercato di fare luce su questo aspetto nel 1998, istituendo una Commissione presieduta da Tina Anselmi, ma, nonostante questo, sono ancora molte le vicende sconosciute, e le stesse restituzioni agli originari proprietari sono state tardive e parziali. Isman ha esaminato i dati e gli allegati al Rapporto Anselmi e tanti tra gli infiniti atti, custoditi in numerosi archivi, che restituiscono la minuziosità di questa Grande razzia: raccontano vicende spesso ancora ignorate o troppo poco esplorate e offrono l'immagine di un’Italia indifferente e menefreghista.
La mia speranza è che questo libro, la cui prefazione è della senatrice a vita Liliana Segre, sopravvissuta alla Shoah, possa entrare presto nelle scuole italiane. Non bisognerebbe mai, infatti, smettere di parlare ai ragazzi di questa immane tragedia: non soltanto nei suoi dettagli più efferati e dolorosi, ma anche nei particolari, diciamo così, perfino più vili, ma quotidiani, affinché, come dice Isman, nessun distinguo venga mai più fatto.
Come è nata l'idea di scrivere un libro che raccogliesse documenti inediti relativi alla persecuzione contro gli ebrei? Cosa resta ancora sconosciuto della "Grande razzia" subita dalla popolazione italiana ebraica?
Il libro è nato da un'idea dell'UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane); la Commissione di inchiesta presieduta da Tina Anselmi, istituita per indagare quanto era stato portato via agli ebrei, aveva prodotto una relazione di circa 600 pagine, ma ammetteva di non essere riuscita a ricostruire tutto. Volevo capire come gli Ebrei avessero pagato socialmente ed economicamente le leggi razziali e quanto (poco) e in che modo fosse stato restituito tutto ciò era stato loro portato via.
L'Italia ha fatto tardivamente, e solo in misura parziale, i conti con il suo passato. Nel 1939 è creato l'EGELI, Ente gestione e liquidazione immobiliare, con l'incarico di amministrare e vendere i beni ebraici espropriati. E' stato chiuso soltanto nel 1997. Due leggi razziali sono state abrogate una nel
1998, l'altra nel 2008. Nella Costituzione italiana c'è ancora la parola "razza". Ho cercato di capire come tutto sia potuto succedere, ci sono grandissimi buchi neri. Ad esempio, si sa poco dei danni di guerra; le Poste in merito non hanno indagato sui loro depositi, spesso portati via; meno ancora si conosce dei furti. Tante sono le mancate restituzioni. E quelle che si sono verificate sono state tardive e soltanto parziali, come gli indennizzi e i riconoscimenti a chi è stato perseguitato. Agli Ebrei venne spesso restituita la proprietà immobiliare o di azienda, ma, ovviamente, non quanto portato via dai nazisti, dai "repubblichini", spesso dagli stessi fascisti. Al Punto Franco di Trieste i nazisti sottraggono tre tonnellate di merci ed oggetti preziosi, portati in Germania e in Carinzia. Tanti beni sono spariti "extra legem". Delle vendite di EGELI sono spesso rimasti pochi spiccioli.
La tragedia della Shoah rischia spesso di oscurare le altre persecuzioni subite dagli ebrei. Da quali e quante sono stati colpiti tra il 1938 il 1945?
Ci sono due importanti momenti da distinguere: il primo comprende il periodo che va dal 1938 all'8 settembre 1943; il secondo, invece, tutto ciò che successe dopo. Nella prima fase gli ebrei vennero cacciati dalle scuole e dai posti di lavoro e subirono il sequestro di parte delle case e dei terreni; dopo il 1943, invece, si confiscò tutto (i provvedimenti erano più di 16 al giorno) e le persone sono deportate e messe in carcere o nei campi di internamento, da dove partiranno per i campi di sterminio. A Trieste non risparmiarono neppure 39 ebrei dal manicomio e i 50 vecchi dall'asilo israelitico.
Nel totale le norme sono 320: leggi e provvedimenti vari. Gli ultimi decreti di confisca furono emanati il 24 aprile 1945 a Milano e Pavia, il giorno prima della Liberazione. Logicamente, non sono mai stati applicati. Sono stati colpiti circa 50 mila uomini, donne e bambini; oltre ottomila coloro che furono derubati in modo, diciamo così, legale; oltre ai latrocini, le scorrerie, le razzie. Tutto iniziò con un censimento, una vera e propria schedatura, anticipato da una violenta campagna antisemita. Progressivamente, gli ebrei sono esclusi dalla scuola, dal mondo del lavoro, dalla vita civile, non potevano possedere una casa, un’impresa, un lavoro; dopo il 1943, neppure degli oggetti. Furono privati di tutto. Era loro proibito di essere citati nell'elenco del telefono; non potevano avere domestici se non ebrei. Non potevano partecipare ad una gara sportiva; erano buttati fuori da qualsiasi associazione. Si trattò di un'estromissione sociale totale e di un latrocinio spaventoso. Una spoliazione sistematica e minuta, confische equivalenti a oltre 150 milioni di euro odierni.
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L'immagine del manifesto che impone i sequestri
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Immagino che la ricerca del materiale sia stata piuttosto lunga. Quanto ha lavorato alla stesura del libro e dove è riuscito a reperire i numerosi documenti di cui si è servito?
Siccome il libro andava pubblicato nell'ottantesimo anniversario delle leggi razziali, per otto mesi ho rifiutato ogni impegno, lavorando dall'alba al tramonto. Ho trascorso 31 giorni interi negli archivi. A quello di Stato a Roma ho esaminato oltre un centinaio di faldoni di 12 mila pagine ciascuno; a Milano, alla Banca Intesa Sanpaolo, ho potuto vedere quello già della Cariplo, Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, da loro ottimamente riordinato. Ho avuto la collaborazione degli istituti di Mantova e Trieste, per citarne soltanto qualcuno. I documenti dell'Archivio centrale dello Stato rinviano poi ad altri milioni di atti, sparsi in mille uffici italiani. Spesso, è successo anche questo: nei faldoni si ritrovano cartelline nominative prive di qualsiasi contenuto.
Nella capillare ricerca di documenti inediti si è imbattuto anche negli atti relativi alle confische dei beni alla famiglia di Liliana Segre, che il 19 gennaio 2018 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha nominato senatrice a vita. E' riuscito a farglieli avere?
La senatrice Liliana Segre, che era una grande amica di mia madre, ha scritto, e ancora la ringrazio, una bellissima prefazione al libro. Le ho fatto avere i documenti relativi alle confische dei beni e alle restituzioni alla sua famiglia. Lei aveva 13 anni: sono elencati anche alcuni dei suoi giocattoli. Era emozionata e terribilmente rattristata: "Ogni pagina mi riporta alla mente chi è diventato cenere", diceva. Nel dopoguerra la famiglia ha ritrovato pochi spiccioli; quanto all'azienda, tutti i macchinari erano stati venduti a pochissimo prezzo.
Tra i molti atti rinvenuti, ce n'è qualcuno che l'ha colpita in modo particolare?
Sì, quelli che, nell'Archivio di Mantova, raccontano la storia della famiglia Carpi, originaria di Mantova e residente a Bolzano. Il giorno successivo all'armistizio, Alberto, figlio di Renzo e di Lucia Rimini, scese in piazza per festeggiare. Un fascista lo catturò e lo picchiò brutalmente. Poi va a prendere il padre e li consegna alla Gendarmeria. Tre giorni dopo vanno a prendere la madre e le due sorelle; Olimpia aveva soltanto tre anni. Nessuno di loro sopravvivrà al Lager. Quando erano già morti, a Carpi viene sequestrata la casa della madre. Lui aveva anticipato una somma all'Ente Nazionale Tre Venezie per l'acquisto di alcune terre, ma dato che gli ebrei non potevano comprare, l'anticipo è confiscato e restituito agli eredi appena nel 1957. La casa, invece, già nel 1945. La minuziosità di questo rastrellamento economico è impressionante. Sono stati portati via anche conti banca di una lira e mezza: soltanto sequestrarli costava di più.
Chi è stato cacciato dal lavoro è stato reintegrato? Ha avuto degli indennizzi?
Le reintegrazioni furono ridicole, perché quelli che erano stati buttati fuori dai rispettivi posti di lavoro vi sono stati reimmessi in soprannumero, per cui venivano mandati a ricoprire incarichi diversi rispetto a quelli di loro competenza, magari accanto, o in sottordine, a chi li aveva sostituiti. Non sono stati riconosciuti molti degli arretrati. Dal 1955 esiste una legge che riconosce una sorta di pensione di circa 500 euro al mese ai perseguitati. Spesso, per concedere questa "benemerenza" (si chiama proprio così), lo Stato esige prove e dichiarazioni che attestino le angherie e i soprusi subiti, i luoghi dove è stata vissuta la pericolosa clandestinità: un atteggiamento abbastanza crudo e poco onorevole. Soltanto quest'anno è stato pubblicato l'elenco dei 720 statali licenziati nel 1938.
Come reagì la popolazione non ebraica? Che clima si respirava in Italia a quell'epoca?
Si respirava un clima di grandissima indifferenza: i bambini sono stati privati del saluto degli ex compagni di classe, ai quali era stato spiegato che i loro amici erano stati cacciati per proteggere la razza. Gli italiani non erano affatto brava gente: molti erano pronti ad approfittarsene. La solidarietà scattò soltanto quando c'era in ballo la vita. Tra gli oltre 26.000 "Giusti tra le nazioni", ovvero tra i non ebrei che hanno agito a rischio della propria vita e senza interesse personale per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista della Shoah, gli Italiani sono 694.
Quale fu il ruolo del Vaticano in quegli anni?
La chiesa era abbastanza corriva. Papa Pio XI, però, non lo era affatto, e prese posizioni durissime nei confronti del nazifascismo. Quando, nel maggio del 1938, Hitler venne in visita a Roma, il Pontefice ordinò la chiusura dei Musei Vaticani e fece spegnere le luci del Vaticano, annunciando, tramite l'Osservatore Romano, il suo trasferimento nella residenza di Castel Gandolfo. Aveva scritto un'enciclica contro i regimi, che non fece in tempo a pubblicare. Papa Pio XII, invece, fu accusato di grandi silenzi. Soltanto dopo il 1943 aprì agli ebrei monasteri ed abbazie.
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L’etichetta di un inventario di beni ebraici dell’Egeli
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In Parlamento qualcuno provò ad opporsi al regime e a queste norme?
L'unico caso di opposizione in Parlamento fu quello di Federico Ricci, l'ultimo sindaco genovese prima del fascismo. Ricci si dimise volontariamente dall'incarico per non dover insignire della cittadinanza onoraria Benito Mussolini. Nel Dopoguerra divenne Ministro del Tesoro, dal 1948 al 1953; senatore nel 1940, si oppose al provvedimento che eliminava il sussidio agli asili ebraici. Il sussidio statale fu ristabilito solo nel 1949 ed egli lo votò.
Chi furono i firmatari de Il Manifesto della Razza?
Il Manifesto della Razza, pubblicato il 15 luglio 1938 e redatto da Guido Landra, all'epoca 25enne, recò le firme di alcuni scienziati ed intellettuali fascisti: Lino Businco, Lidio Cipriani, Arturo Donaggio, Leone Franzì, Guido Landra, Nicola Pende, Marcello Ricci, Franco Savorgnan, Sabato Visco, Edoardo Zavattari. In Italia ci sono ancora strade intitolate ad alcuni di loro; questo perché non c'è mai stata una vera epurazione. Basti pensare che Giuseppe Azzariti, presidente della Commissione sulla razza durante il regime fascista, è stato ministro di Grazia e Giustizia nel primo governo Badoglio e presidente della Corte costituzionale dal 1957 al 1961. Questo mi convince sempre di più che non bisogna mai smettere di parlare di tali orrori, soprattutto ai nostri ragazzi.
Cosa risponderebbe ad un giovane che Le chiedesse il motivo per il quale il governo fascista si scagliò contro gli ebrei con tale, assurda violenza?
Risponderei che i fascisti avevano bisogno di crearsi un nemico interno e così hanno scelto quelli che sembravano i più deboli e che, probabilmente, erano veramente tali. Inoltre dovevano compiacere Hitler. Spesso le norme approvate da Mussolini erano più severe delle norme in vigore in Germania.
Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che leggeranno questo libro?
Mi auguro che i lettori comprendano che qualunque distinguo non deve essere mai più fatto. Quelli che oggi chiedono di fare un censimento degli extracomunitari, si ricordino che 80 anni fa è stato fatto un censimento degli ebrei. Da lì è partito tutto.
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