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Rosario Pesce
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Il rapporto fra politica e media è, certamente, uno dei punti nodali per definire la qualità della democrazia odierna: infatti, sin dai tempi del Fascismo, a seguito dell’invenzione del cinematografo, il regime ha percepito l’importanza della comunicazione politica, che può essere efficace solo se si ha a disposizione la piena padronanza - tecnica ed economica - degli strumenti atti ad interloquire con la popolazione ed utili ad irradiare il messaggio, che si ritiene più opportuno trasmettere.
Con il passare degli anni, l’avanzamento tecnologico ha fatto sì che i mezzi di comunicazione fossero sempre più radicati e diffusi, per cui la politica inesorabilmente ne è diventata padrona, per coltivare così meglio il consenso.
Orbene, Berlusconi e Renzi rappresentano due personalità, che hanno saputo usare, in proprio favore, lo strumento tecnologico più importante della loro epoca, al fine di orientare la pubblica opinione: il primo con la tv, il secondo con i social network, hanno entrambi innovato radicalmente il linguaggio della comunicazione politica, di fatto creando i presupposti di un cambiamento molto forte del rapporto fra il cittadino e le istituzioni, a Costituzione invariata.
È sotto gli occhi di tutti il fatto che abbiano, sempre, ricercato un rapporto diretto con i propri elettori, non mediato da strutture di partito o da altri corpi sociali intermedi: tale immediatezza di relazione non può che realizzarsi ricorrendo alla tecnologia.
Berlusconi è stato un maestro nell’uso delle telecamere: peraltro, essendo lui un imprenditore del settore, non poteva che fare della televisione il principale strumento di propaganda, in un momento storico nel quale i suoi avversari, invece, appartenevano ad un’altra generazione, cioè a quella degli statisti ed uomini di partito, che conoscevano gli studi televisivi solo perché li frequentavano per partecipare alla Tribuna Elettorale.
Il Cavaliere ha saputo trasformare in momento di propaganda e raccolta del consenso qualsiasi suo passaggio dinnanzi alle telecamere, per cui ha creato un rapporto con l’elettore che, di fatto, è divenuto quotidiano, venendo meno la differenza tradizionale fra vita pubblica e privata.
Chi può dimenticare l’immagine del Cavaliere che, in tenuta estiva, con la bandana sulla testa, riceve Blair nella sua dimora in Sardegna?
Renzi, allievo di Berlusconi in siffatta materia, ha adeguato poi il messaggio politico ai nuovi media, per cui il compito che venti anni fa veniva assolto dalla tv, oggi diventa appannaggio di Tweet: mediamente, infatti il Presidente del Consiglio twitta con i followers almeno un paio di volte a settimana, per cui il suo messaggio viene irradiato dapprima sui social network, poi viene rilanciato dalla televisione, che svolge la funzione di media di secondo livello, perché informa quei pochi Italiani, che non sono ancora avvezzi né a Tweet, né a Facebook.
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