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da: https://www.seoclerk.com/want/Social-Networks/10164/instagram-twitter-fb-panel
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Rosario Pesce
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Renzi ha paura dei social networks: abbiamo scoperto, oggi, una verità che invero sorprende non poco, visto che lo stesso Premier conosce bene le nuove tecnologie e le sa usare, molto saggiamente, in vista dei propri obiettivi di propaganda politica.
Nel corso di una conferenza stampa, tenuta in contemporanea con l’ufficializzazione delle dimissioni del Capo di Stato, il Presidente del Consiglio ha invitato i suoi parlamentari a non farsi condizionare dalle campagne di stampa, che saranno messe in essere attraverso il ricorso sistematico agli strumenti informatici e telematici.
Due anni fa, infatti, i parlamentari vennero pesantemente colpiti dagli strali della grande campagna, che venne orchestrata, ad hoc, dai Grillini in favore dell’elezione di Rodotà al seggio quirinalizio.
Sappiamo bene come andò a finire, visto che il candidato del M5S non prese i voti sufficienti per essere eletto, ma - certo - fu la prima volta, nella storia italiana, che i grandi elettori si trovavano ad essere pressati dalla piazza telematica, che, chiedendo loro l’elezione dell’insigne giurista, manifestava il proprio orientamento per un cambiamento tanto radicale – nel metodo e nel merito – quanto inatteso.
La preoccupazione renziana, però, stona non poco: egli, da grande rottamatore ed, appunto, da sagace fruitore dei mezzi di comunicazione di massa, non dovrebbe essere terrorizzato dalla paura di assistere ad eventuali condizionamenti esercitati dai cittadini attraverso la Rete.
Innanzitutto, non esiste in Italia l’elezione diretta del Capo dello Stato, per cui possono essere allestite tutte le operazioni mediatiche, che si vuole, ma – purtroppo o per fortuna – la volontà dei grandi elettori prevale - sempre e comunque - su quella delle persone comuni, come successe appunto nel 2013, quando venne riconfermato Napolitano e fu bocciata la candidatura, pur autorevolissima, dell’ex-Presidente dell’Autorità sulla Privacy.
Ancora, dal momento che il Premier dovrà indicare la candidatura di un degno successore di Napolitano, ci pare alquanto strano che egli possa difendersi, già preventivamente, da eventuali attacchi della pubblica opinione, come se egli sapesse di proporre un nominativo espressione della casta e, dunque, in grado di apparire inviso all’elettore.
Se così fosse, sarebbe un grave errore quello che starebbe per concretizzare il Premier, perché, per quanto l’Italia non sia una Repubblica presidenziale, è chiaro che poter eleggere al Quirinale una personalità amata dalla piazza può rappresentare un fattore di indubbio vantaggio, dato che in Parlamento si incontrerebbero minori difficoltà a far passare il suo nome, piuttosto che quello dei soliti noti.
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