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Rosario Pesce
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L’immagine del Parlamento europeo, privo di deputati, nel momento in cui Renzi raccontava le azioni messe in essere durante il semestre di Presidenza dell’Unione Europea, mette bene in evidenza i limiti della democrazia, ma anche quelli del protagonista, che – in quegli istanti – avrebbe dovuto essere ascoltato da tutti i rappresentanti eletti dal popolo europeo, nello scorso mese di maggio.
Generalmente, le aule delle Assemblee elettive sono, spesso, prive dei loro componenti, quando a parlare non sono i leaders di maggiore spessore: pertanto, un’assenza di massa, da parte dei parlamentari europei, è una notizia pessima sia per Renzi, che per il nostro Paese, il cui peso specifico nel contesto continentale è ridotto, ormai, a livelli infimi.
Infatti, il discorso, pronunciato in occasione della conclusione del periodo di conduzione delle più importanti istituzioni europee, avrebbe dovuto ambire a ben altro scenario, ma è evidente che la cornice, venutasi a creare, costituisce di per sé il giudizio più efficace in merito sia ai risultati ottenuti dalla Presidenza Renzi, sia all’importanza, che viene riconosciuta - a torto o a ragione - allo stesso Premier italiano, trattato alla stregua di un leader di serie B.
Non a caso, durante la cerimonia parigina della scorsa domenica, il Presidente del Consiglio italiano non era in primissima fila, accanto al Presidente francese, nonostante in quel momento egli fosse, ancora, al vertice delle gerarchie europee, a dimostrazione ulteriore che, negli organismi continentali, non contano le funzioni formali ricoperte, ma il peso dei singoli Stati nazionali, nonostante si sia ultimato, da tempo, il processo di unificazione monetaria dei Paesi del vecchio continente.
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