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Umberto Eco nel 2005 con Alessandro Bianchi, rettore dell'Università "Mediterranea" di Reggio Calabria dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Eco
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Inoltre, il suo rapporto continuo e costante con le nuove generazioni, per effetto della sua attività di docente universitario, gli ha consentito, nonostante un carattere difficile, di non perdere il contatto necessario con una parte essenziale e vitale della società italiana, quella che egli ha potuto studiare con i mezzi raffinati del sociologo e del colto maitre à penser, nato in biblioteche ridondanti di libri, da cui però è uscito per studiare il presente, non rimanendo relegato nella torre di avorio di un passato, comunque, molto difficile da ricostruire e problematico per sua intima struttura.
La Sinistra italiana, più volte, lo ha strattonato, allo scopo di usare il suo prestigio internazionale per scopi elettoralistici, ma egli ha sempre avuto la consapevolezza che l'intellettuale deve stare un passo indietro rispetto all'impegno politico ed alla militanza di partito, se vuole evitare di subire l'omologazione che, prima di Eco, Pasolini aveva denunciato tragicamente.
Con la sua dipartita, muore forse il Novecento italiano definitivamente e, soprattutto, muore un'idea del rapporto fra intellettuali e popolo, fra classe dirigente e classe diretta, che Eco ha incarnato.
Dopo la morte di Eco, infatti il panorama della cultura italiana è, certamente, molto più povero, anche perché rischiano di rimanere in giro solo quei "cattivi" maestri, a cui Eco invece non ha mai appartenuto, nonostante i percorsi universitari, a volte, fossero in comune con chi ha, talora, confuso la docenza con un esercizio dogmatico, pericoloso ed autoreferenziale.
L'Italia, oggi, dà l'ultimo saluto ad un suo importantissimo cittadino, ad una personalità, che ci mancherà viepiù, visto che la società dei media ha creato più ingannevoli apparenze, che solide e concrete realtà.
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