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Pertanto, si può dire, senza timore di smentita, che a volte si è gettato sia il bambino, che l’acqua sporca, cioè rigettando il vecchio sistema, costruito sull’onnipresenza dei partiti, di fatto si è dato vita ad un nuovo automatismo istituzionale, che forse lavora con risultati perfino peggiori del vecchio, visto che sono venuti meno gli aspetti (pochi!) positivi collegati alla partitocrazia, mentre quelli ineluttabilmente negativi, come la corruzione, non solo non stati eradicati, ma addirittura si sono accentuati, viste anche le vicende giudiziarie, che hanno coinvolto importanti Comuni ed Enti Locali, sparsi qua e là per la penisola.
Il meccanismo, però, dell’elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti delle Regioni ha compulsato un simile effetto perverso, perché ha conferito nuovo protagonismo a chi, eletto direttamente dall’elettorato civile, poi incontra difficoltà non irrilevanti, quando deve affrontare i problemi della programmazione e, soprattutto, dell’implementazione degli indirizzi amministrativi, sposati al momento della richiesta del voto.
Talora, si sono creati, in modo sempre meno utile per i cittadini, dei leader in posizione solitaria al comando, costretti a navigare fra i flutti del precedente cattivo governo e le esigenze di vasti strati della popolazione, che si atteggia sempre più tristemente come “cliente” e non come interlocutore, alla pari, della Pubblica Amministrazione e del potere politico, che ne è a capo.
Cosa fare, allora?
Purtroppo, il meccanismo presidenzialistico non solo non si è arrestato agli Enti Locali, ma si è, progressivamente, esteso anche alla politica nazionale, per cui, da più parti, si chiede che il Premier possa divenire il Sindaco d’Italia.
Una siffatta tendenza non potrà che creare ulteriori disagi e malfunzionamenti, quando naturalmente il Paese dovrà scontrarsi con problematiche così complesse, in riferimento alle quali le competenze esclusive del leader non sono sufficienti, meritando di essere integrate dalle giuste mediazioni, partitiche ed istituzionali, che gli automatismi di un tempo garantivano, invero, in modo più che soddisfacente.
Forse, per semplificare, si è distrutto un sistema, comunque, migliore di quello odierno?
O, forse, si è scoperto, con qualche anno di ritardo, che le complessità della buona politica e della corretta amministrazione non possono essere ridotte all’unicità di un’intelligenza, perfino quando questa può ritenersi brillante ed, almeno teoricamente, all’altezza dell’arduo compito?
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