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Rosario Pesce
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Quella dell’introduzione del comma, che depenalizza il reato di evasione fiscale, certo è stata la gaffe più importante del Premier finora, visto che nessuno mai si sarebbe aspettato che il Governo potesse fare un regalo di tale entità a quello che – come Berlusconi – permane, comunque, il leader dell’opposizione parlamentare, almeno sulla carta.
Peraltro, la vicenda ha acquisito toni spiacevoli, dal momento che appare come palese violazione della morale pubblica il fatto che un Esecutivo possa consentire, ad un numero imprecisato di Italiani, di evadere fino al 3% dell'imponibile, da loro dichiarato, senza - per questo motivo - andare incontro ad alcun guaio con la Giustizia, a fronte di altri milioni di nostri concittadini, che rischiano la galera per molto meno.
Renzi, come era prevedibile, ha chiuso l’incidente, sospendendo l’iter parlamentare del decreto legislativo, in attesa – ovviamente – che il clamore mediatico cessi e che, magari, in forme giuridiche più o meno diverse, possa essere riprodotta la medesima regalìa al Cavaliere.
Non si può negare che la gaffe, fatta dal Presidente del Consiglio, sia la prima, effettivamente di un certo peso, compiuta nel corso del suo mandato a Palazzo Chigi, visto che - per quanto fosse ipotizzabile l’esistenza di una trattativa, avente come oggetto la soluzione dei guai penali del Cavaliere, in cambio dell’aiuto berlusconiano nell’iter di approvazione delle riforme - non si poteva, invero, immaginare che l’assistenza avvenisse in forme così manifeste e, peraltro, costituzionalmente impudiche.
Evidentemente, Berlusconi ha avuto facile gioco a negare la sua complicità nell’incidente renziano, compiuto in suo favore, ma è ovvio che la cosa appaia - almeno - concertata, dal momento che è necessario - per progettare, compiutamente, un simile intervento legislativo - il contributo di avvocati e contabili di grido, allo scopo di disegnare lo scenario giudiziario, a cui sarebbe andato incontro il Cavaliere, in caso di approvazione del “Salva-Silvio”, ed al fine di quantificare la ricaduta sui conti dello Stato di un provvedimento siffatto, che avrebbe eliminato qualsiasi deterrente contro l’illegalità nel campo fiscale.
Se, per un verso, però Renzi può pagare un prezzo altissimo dinnanzi ad una pubblica opinione attenta e sensibile alle questioni di legalità, per altro verso – paradossalmente – egli viene a trovarsi in una posizione di forza, ancora più rimarcata rispetto all’ipotesi in cui il proditorio comma fosse andato, felicemente, in porto.
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