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Polizia a Bataclan, all'indomani degli attacchi terroristici.
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Rosario Pesce
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Quella contro il terrorismo si configura, effettivamente, come una guerra di altri tempi, visto che non esiste un nemico che si possa identificare con il nome di uno Stato in particolare e, parimenti, non esistono eserciti regolari che combattono de visu.
Un siffatto fattore, molto più simile alla guerriglia che non alla guerra, complica maledettamente l’opera dei nostri servizi di intelligence, che naturalmente devono verificare una tale quantità di informazioni incrociate, che inevitabilmente diviene molto fragile e precaria la loro opera di prevenzione e repressione.
Peraltro, a dire il vero, l’Occidente non era abituato a combattere delle guerre - sia pure anomale come questa - sul proprio suolo, ormai, dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale: infatti, dopo il 1945, tutti i conflitti hanno avuto una dimensione meramente regionale, visto che sul territorio del vecchio continente è andata in scena solo la Guerra Fredda, che si è combattuta con metodi e meccanismi originali, non coinvolgendo milioni di persone, come invece sta per fare la contrapposizione odierna al terrorismo di matrice islamista.
Quindi, a partire dall’attentato alle Torri Gemelle, l’Occidente ha rivisto di nuovo lo spettro della morte e questo rappresenta, purtroppo, l’elemento di forza dei terroristi: essi provengono da aree del mondo dove la morte violenta è all’ordine del giorno, mentre noi Occidentali dobbiamo, purtroppo, metabolizzare l’idea della morte cruenta, che fortunatamente da decenni non faceva più parte del nostro bagaglio, culturale e psicologico.
Dal momento che le guerre si combattono prima con i nervi e poi con la forza delle armi, è chiaro che un simile cambio di scena non può che indebolire la resistenza di noi Europei: la diffusione della paura, lo spettro di una morte prematura e cagionata da un assurdo odio religioso, la fobia dell’attentato nella stazione della metropolitana o all’interno di un teatro o di uno stadio sono elementi con i quali dovremo convivere nei prossimi anni, a meno che non la si voglia dare vinta a chi intende mettere in crisi il nostro sistema di vita e di valori, ormai consolidati.
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