|
|
Dapprima, la forzatura sul Jobs Act; poi la scelta di condurre, comunque, in porto il disegno di legge sulla “Buona Scuola”, nonostante il dissenso manifesto di moltissimi settori della Pubblica Istruzione; infine, la decisione scellerata di procedere all’approvazione dell’Italicum, pur in assenza di un accordo interno allo stesso PD, sono tutti fatti che, nel mese che verrà, potrebbero indurre a dimissioni, che erano impensabili solamente sei mesi fa, quando il Governo era, ancora, amato dalla maggioranza degli Italiani.
Per tutti questi motivi, la Festa della Liberazione del 2015 ha acquisito una connotazione particolare, per cui ci ha ricordato la commemorazione della stessa ricorrenza, che si celebrò nel 1994, quando gli Italiani si accorsero della presenza di Berlusconi al Governo.
Allora, la parte del Paese, che non voleva morire berlusconiana, si attivò per far cadere il Cavaliere, il quale – di lì a poco – sarebbe stato costretto a lasciare Palazzo Chigi a causa delle rotture interne allo schieramento di Centro-Destra.
Accadrà, ora, la medesima cosa con Renzi, per cui la celebrazione di una ricorrenza, tradizionalmente cara all’identità culturale di Sinistra del nostro Paese, si trasformerà nella premessa per il congedo di un Governo, che non è, comunque, legittimato dal voto popolare?
D’altronde, a fine maggio, si celebreranno le elezioni regionali, che saranno un test di fondamentale importanza, per verificare la tenuta del Dicastero attuale.
Infatti, in alcune delle regioni, dove si andrà al voto, Renzi ha compiuto delle scelte ampiamente discutibili, che, se si dimostreranno infelici, saranno evidentemente addebitate per intero al Presidente del Consiglio, il quale non potrà non pagare fio per aver dato il suo placet ad orientamenti, che potevano essere, ampiamente, diversi.
D’Alema, nel 2000, perse la Presidenza del Consiglio dopo la sconfitta in occasione delle elezioni regionali, visto che egli si impegnò, direttamente, in quella vicenda elettorale; Renzi, pur tenendosi lontano dalle realtà, dove si andrà al voto, sarà ritenuto - nel bene o nel male - l’unico responsabile di comportamenti da parte delle Federazioni locali, che – per usare un eufemismo – appaiono, a tutt’oggi, molto opinabili.
Come si concluderà, quindi, il passaggio politico-istituzionale, a cui ci stiamo approssimando?
Non potremo che attendere gli sviluppi futuri, sapendo bene che l’Italia, talora, segue dinamiche prevedibili, ma a volte può riservare delle sorprese, che sono di difficile lettura anticipata, anche, da parte dei protagonisti diretti.
|
|