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Kennedy in visita a Berlino (26 giugno 1963)
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Rosario Pesce
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Ricorre, oggi, il venticinquesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino: un evento, questo, che ha un’importanza straordinaria, visto che fissa la conclusione di un’epoca, il cosiddetto Secolo Breve, iniziata con la Prima Guerra Mondiale e finita, appunto, con l’accadimento che, meglio di altri, simboleggia il crollo della cortina di ferro e del Comunismo europeo.
Da quel fatidico 9 novembre 1989 moltissime cose sono cambiate: l’Europa non è più divisa in aree, che si contrappongono sia da un punto di vista politico, che militare; soprattutto, la conclusione dei regimi comunisti dell’Est ha consentito che la libertà divenisse un patrimonio di tutti i cittadini, che - da quel momento in poi - hanno potuto avvertire l’appartenenza ad una comune matrice culturale, che non può non disdegnare qualsiasi autoritarismo, finanche quelli che nascono con le migliori intenzioni.
Il Novecento è stato il secolo delle contrapposizioni molto forti e cruente: dapprima la Grande Guerra, poi l’ascesa del Nazi-Fascismo e del Comunismo, il Secondo Conflitto Mondiale ed, infine, la Guerra Fredda, terminata in quel pomeriggio autunnale, quando le autorità delle due Germanie consentirono, finalmente, ai Berlinesi di passare da una parte all’altra del Muro senza gli impedimenti e gli ostacoli che, per più di trent’anni, avevano caratterizzato la vita di una città, segnata nel suo centro da quattro grandi checkpoint, che costituivano il residuo della Seconda Guerra Mondiale e della divisione del continente nelle due sfere di influenza, russa e statunitense.
Kennedy, pochi mesi prima di morire, aveva salutato Berlino con il famoso grido “Siamo, in quanto uomini liberi, tutti Berlinesi”, volendo così significare che la ferita di una città e di una nazione, percorse da un Muro, che ne offendeva la storia ed il passato glorioso, rappresentava un vulnus per una civiltà, come quella europea, che, pur essendo stata attraversata da grandi divisioni nel corso della storia medioevale e moderna, non era stata però, mai, offesa da un fatto così grave.
Infatti, l’edificazione del Muro costituisce, certamente, il momento più basso della storia occidentale: uno Stato, un popolo, una cultura vengono violentemente divisi da un Muro, che segnava la distanza fra aree di competenza di una potenza militare, piuttosto che di un’altra.
La fine di quella vergogna ha consentito che, anche, i Paesi dell’Europa occidentale, che non avevano conosciuto il regime comunista, hanno potuto finalmente avviare una seria riflessione intorno ai grandi conflitti ideologici, che avevano caratterizzato i decenni successivi al 1945.
In Italia, non a caso, pochissimo tempo dopo l’evento berlinese, veniva a chiudersi l’esperienza di uno degli ultimi partiti d’Occidente, il PCI, che recava ancora il nome Comunista, rifacendosi ad una tradizione, come quella sovietica, che veniva superata dalla stessa Russia, impegnata - prima con Gorbaciov e poi con Eltsin - in una poderosa operazione di desovietizzazione sia della società, che dello Stato.
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