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Chi potrebbe essere, allora, il riferimento di una siffatta componente?
Lo stesso Cuperlo, già sconfitto da Renzi? Fassina, che ha un profilo da tecnico, più che da politico? Civati, che ha un piede nel PD ed uno in Coalizione Sociale di Landini? Bersani, già sconfitto ed umiliato da Grillo? D’Alema, che per ragioni anagrafiche può essere meglio indicato per il ruolo - seppur importante - di padre della patria?
Appare evidente che la principale difficoltà risiede nell’individuazione di una guida, che riceva il consenso, per davvero, di tutti coloro che non intendono morire renziani.
Allora, appare molto probabile che una siffatta personalità vada ricercata al di fuori dei nomi, che abbiamo fatto finora, perché questi - in gran parte - risultano ancora indigesti alla pubblica opinione, dato che vengono associati ai fallimenti del passato, di cui la Sinistra è stata responsabile.
D’altronde, Renzi ha vinto prima il Congresso del PD del 2013 e, poi, le elezioni europee del 2014, perché appariva molto diverso da questa generazione di eterni sconfitti, dal momento che i suoi atteggiamenti, tuttora, scimmiottano una cultura politica distante, invero, da quella più autenticamente progressista e neo-socialista.
Oggi, però, alla prova dei fatti, dopo un anno di Governo, Renzi - nelle vesti di Premier - non ha più il consenso del rottamatore di dodici mesi fa, perché, se tutti lo hanno sostenuto, quando si trattava di mandare a casa Bersani, Veltroni e D’Alema, è chiaro che le riforme fatte hanno leso interessi tipici di ceti sociali, che hanno sempre votato a Sinistra e che, ora, si rendono conto che il renzismo è drammaticamente sempre più simile - per molti aspetti - al berlusconismo, che ha dominato nel ventennio precedente.
Cosa fare, allora?
Forse, bisogna tornare ai primordi del PD, quando questo partito è nato per mettere insieme le culture politiche del socialismo riformatore e del cattolicesimo democratico?
Infatti, in quell’incontro virtuoso di indirizzi culturali, così affini fra loro, bisogna trovare la ragion d’essere di una nuova formazione, che vada ben oltre il protagonismo renziano, che spesso si dimostra privo di radici profonde ed attento - unicamente - ad interpretare gli orientamenti ed i gusti, meramente, transitori di una pubblica opinione, che sovente agisce e si comporta in ossequio ad istanze populistiche e demagogiche e non entro il quadro di riferimento di una cultura politico-istituzionale autentica.
Orbene, riusciranno i nostri prodi cavalieri a far rinascere la Sinistra in Italia?
Ed, eventualmente, quale sarà il rapporto fra il loro partito ed il cartello elettorale, che sta mettendo in piedi Landini e, con lui, una parte cospicua della CGIL e delle associazioni laiche e libertarie? Inoltre, quale sarà il rapporto con il M5S?
È ragionevole attendere, ancora, qualche settimana, per verificare la serietà e l’attendibilità di un processo, che ci appare ben lungi dall’essere teorizzato compiutamente e, quindi, dall'essere avviato ad una matura, progressiva definizione.
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