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Alla crisi, quindi, della rappresentanza politica si è aggiunta quella delle organizzazioni sindacali: solo oggi, per effetto del contrasto creato dalla CGIL alle politiche liberiste del Governo Renzi, infatti il mondo variegato dei Sindacati sta faticosamente riprendendo piede nella società italiana, dopo un lunghissimo periodo nel corso del quale l’appartenenza a questa o a quella sigla era avvertita come un fatto disdicevole e, per nulla, gratificante per un lavoratore dipendente.
Infine, la rappresentanza sociale, solamente, ora sta rinascendo, dopoché - per almeno un decennio - la società civile si è ritratta, abbandonando tutte le forme possibili di partecipazione e facendo sì che, così, lo spazio democratico venisse occupato da altri soggetti, che poco o nulla hanno a che fare con un’idea di società sana e rispettosa della legalità.
Il conflitto di interessi, pertanto, in un’Italia siffatta, costituisce un dato strutturale così della politica, come del tessuto sociale e culturale, da apparire molto difficile che possa essere eradicato a breve.
La decisione di Landini, in un simile contesto, non solo imbarazza la Camusso, ma soprattutto non aiuta a semplificare la situazione e, soprattutto, non contribuisce a fare chiarezza, perché, se un dirigente sindacale di primissima importanza decide di scendere nell’agone parlamentare, è ovvio che - anche - il grande industriale, che ha concessioni dallo Stato, o il magnate della finanza si sente autorizzato a fare un’operazione analoga, pur di tutelare interessi particolaristici.
Si potrà, allora, ambire ad avere un Paese “normale”, nel quale ciascuno possa, liberamente, condurre le proprie attività professionali, senza avere necessità di una tutela o di un patrocinio politico, che si esprimano non attraverso la delega, ma in virtù dell’impegno diretto?
Temiamo che, nel prossimo futuro, l’esempio di Landini possa essere seguito da altri soggetti sindacali o associativi, per cui la politica diventerà sempre meno lotta fra opzioni culturali, partitiche e sempre più contesa fra istanze corporative, che appunto non conoscono la delega come mezzo per il perseguimento - in forma legittima - di interessi plurali.
Purtroppo, Berlusconi ed il berlusconismo hanno modificato, in profondità, la nostra realtà nazionale ed, a quanto pare, hanno finito per condizionare in modo ridondante, finanche, quelli che dovrebbero essere lontanissimi – almeno nel merito, se non nella forma dell’azione – da una prassi consolidata e contraria, manifestamente, ai principi della morale pubblica e della democrazia liberale.
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