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Il presidente Usa Barack Obama alla commemorazione della marcia di Selma (reuters)
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Rosario Pesce
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Si è celebrato, ieri, l’anniversario della marcia di Selma, una cittadina del Sud degli Stati Uniti d'America, situata nella contea di Dallas dello Stato dell'Alabama nella quale, nel 1965, i neri marciarono, appunto, per il riconoscimento dei diritti civili, fra cui quello al voto, che veniva loro negato dall’America profondamente razzista, che, negli anni ’60 del secolo scorso, cercava con ogni strumento di negare la crescita della comunità nera.
Sono passati cinque decenni da quella data e gli Stati Uniti hanno, certamente, compiuto molti passi in avanti sulla strada del riconoscimento delle prerogative di cittadinanza a tutti, indistintamente dal colore della pelle.
Non è un caso se, oggi, il Capo di Stato statunitense sia un nero e buona parte della borghesia americana sia composta di persone di colore, che hanno ruoli di responsabilità sia in economia, che in politica, oltre allo stesso Obama.
Il problema della parità dei diritti, però, non è mai giunto ad un’effettiva conclusione, visto che episodi, che manifestano un’evidente intolleranza razziale, si registrano quotidianamente negli USA, per cui non mancano le notizie di poliziotti che sparano su cittadini di colore, pur essendo disarmati e non avendo compiuto alcun gesto, che possa far pensare ad una loro volontà omicida.
Ma, il processo di integrazione, se negli Stati Uniti presenta delle articolazioni tuttora problematiche, in Europa è invece in fortissimo ritardo, per cui gli elementi di preoccupazione, relativi al vecchio continente, sono ben maggiori rispetto alla complessa realtà nord-americana.
Il nostro Paese, in particolar modo, ancora oggi non ha costruito quelle politiche sociali ed educative necessarie e sufficienti per affrontare l’emergenza dell’interculturalismo: soprattutto al Nord, la Lega di Salvini, infatti, sistematicamente fa dello straniero, appena giunto in Italia e di colore diverso dal nostro, il nemico di turno, che va eliminato o, comunque, segregato rispetto al contesto civile, in cui si muovono tutti gli altri Italiani.
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