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Rosario Pesce
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L’esperienza di governo del Veneto ad opera della Lega, che si sta consumando in queste ultime settimane, mette a nudo le criticità di un movimento, che, di fronte alle problematiche della gestione amministrativa e della determinazione degli indirizzi politici, sovente non è in grado di arrivare ad una soluzione condivisa al suo interno, rischiando così di mettere in serio pericolo un patrimonio elettorale che, in quelle terre, è sempre stato particolarmente copioso e, finanche, ridondante.
Analizziamo, orbene, i fatti: in Veneto, esistono due leaders, Tosi e Zaia, che si contendono da anni il controllo della Regione, partendo da posizioni istituzionali ben diverse, visto che il primo è il Sindaco della città di Verona, mentre il secondo è il Governatore uscente.
Le alleanze, da mettere in piedi nel corso della prossima competizione regionale, hanno rappresentato l’elemento formale di dissidio fra i due esponenti leghisti, dato che il Governatore ha interesse a riconfermare il quadro consolidato, costituito dalla saldatura pluridecennale fra la Lega e Forza Italia, mentre il primo cittadino veronese gioca a rimettere in movimento i rapporti stratificati, recuperando le forze centriste, allo scopo di mettere in discussione il primato di Zaia ed aprire un varco per una propria candidatura.
Naturalmente, i disegni dei due autorevoli esponenti veneti si devono misurare con i progetti di Salvini, il quale, dall’alto del controllo della Lega Lombarda, può governare l’intero movimento interregionale, che si radica nel Lombardo-Veneto, per cui la determinazione del leader nazionale, volta a commissariare le Federazioni, nelle quali è in posizione di vantaggio Tosi, ha chiaramente sparigliato il gioco in favore di Zaia.
La questione, però, come si può intuire facilmente, non è solo di stretta attinenza veneta, ma afferisce agli schemi di alleanza, che si intende realizzare per l’Italia nei prossimi anni.
È ben noto, infatti, che la Lega, ormai, si è sempre più costruita come un partito estremista, che riproduce tesi analoghe a quelle della Le Pen in Francia, per cui è improponibile che il movimento possa allearsi con Casini o Alfano, i cui riferimenti politici in Europa sono ben altri; è evidente, dunque, che il disegno di Tosi è in aperta contraddizione con la strategia dei dirigenti, che - al momento - rientrano nel cerchio magico di Salvini.
Alla luce di una simile riflessione, la condizione odierna della politica nazionale non può che dar ragione a Zaia, il quale deve - per motivi di opportunità - riproporre il medesimo quadro di alleanze, che ha governato il Veneto nell’ultimo quinquennio.
La partita, dunque, si è chiusa in virtù dell’accordo fra il Governatore ed il leader nazionale del movimento?
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