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Il nostro Paese è stato, per oltre un millennio, sotto il giogo di potenze non-italiane, da cui ha imparato a chiedere per ottenere, sotto forma di favore, ciò che avrebbe dovuto reclamare per diritto.
I due eventi storici, cui pure si fa riferimento spesso per individuare la genesi della coscienza nazionale, rappresentati dal Risorgimento e dalla Guerra di Liberazione dal Nazi-Fascismo, non sono stati sufficienti per creare uno spirito civile, perché essi hanno presentato moltissimi limiti, a partire dalla presenza decisiva dello straniero, in particolare dei Francesi, nel primo caso, e degli Alleati nel secondo, per cui, neanche in quelle due decisive contingenze, gli Italiani sono stati, compiutamente, protagonisti del loro destino, individuale e di gruppo.
Non è un dato sorprendente, se si dice che moltissimi dei nostri concittadini - ad esempio, nel 1945 - salirono sul carro del vincitore, quando capirono che il loro amato ràs era caduto in disgrazia, come accadde per Mussolini, il cui cadavere venne oltraggiato da chi lo aveva osannato, solo pochi giorni prima, in occasione del suo ultimo comizio al Teatro Lirico di Milano.
In siffatte condizioni, è dunque davvero difficile immaginare la catarsi di una popolazione, che sovente si è offerta al migliore acquirente, nel convincimento che, senza pane, non si può vivere e che, quindi, per acquisirlo si può rinunciare, finanche, alla libertà ed alla dignità personale.
Forse, nei prossimi anni, i nuovi Italiani, che nasceranno sul suolo patrio dalle donne, che ora arrivano per effetto dei flussi migratori, sapranno cambiare il dna della nostra stirpe?
Non lo sappiamo e, forse, non lo potremo mai verificare di persona, perché dovranno passare, certo, diverse generazioni, prima che si produca un mutamento tanto radicale, quanto necessario per imprimere la svolta ad una nazione, che – per non morire – è solita affidarsi all’Uomo di turno della Provvidenza, venendosi a trovare, poi, sistematicamente molto peggio di come stesse prima.
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