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Rosario Pesce
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Siamo, ormai, all’atto finale: il Mondiale russo terminerà, a breve, con la finalissima Francia-Croazia, un inedito per il calcio, visto che la Croazia, per la prima volta, arriva a giocare in finale, mentre la Francia, finora, ha al suo attivo solo due finalissime, quella vinta in casa contro il Brasile del 1998 e quella persa contro di noi nel 2006 in Germania.
È evidente che, quando si arriva all’epilogo di una manifestazione così importante, non si possono che tirare le somme.
Si è trattato del primo Mondiale giocato in Russia: il Paese ospitante ha superato brillantemente la prova, visto che ha avuto la forza, economica ed organizzativa, di mettere a disposizione dei tifosi degli stadi molto belli e, da un punto di vista strettamente logistico, la scommessa è stata, ampiamente, vinta.
Da un punto di vista tecnico, è stato forse il Mondiale più sorprendente degli ultimi decenni, visto che è stato in grado di sconvolgere le gerarchie consolidate, a tal punto che, in finale, sono arrivate due Nazionali, delle quali l’una ha un solo titolo nel suo palmarès, mentre l’altra, di recente nascita, non è mai andata oltre la semifinale persa dell’edizione del 1998.
È ovvio che non si può non apprezzare un simile esito, perché è la concreta dimostrazione che, in modo ciclico, il calcio – come ogni evento umano – non può che riformarsi, giungendo a dare risultati che sono innovativi rispetto ad una tradizione consolidata.
D’altronde, chi ne esce molto bene è il vecchio continente, visto che l’Europa ha dominato l’edizione russa, mentre il Sud-America ne esce, fortemente, ridimensionato.
È ineluttabile un siffatto esito, visto che il calcio europeo ha, indubbiamente, maggiori risorse economiche e di uomini per giungere ad un siffatto risultato: la naturalizzazione, poi, dei calciatori africani ha dato ulteriore forza ed ha consentito alle principali nazionali del nostro continente non solo di ringiovanire le squadre, ma anche di modificarne assetti tecnico-tattici, altrimenti, rimasti immutati da tempo.
Forse, vincerà la Francia?
Forse, la Croazia?
Questo dato conta poco: è stato essenziale che abbia vinto lo sport, quello buono e pulito, e la sensazione è che, questa volta, sul risultato finale non si potranno fare obiezioni rilevanti.
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