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Rosario Pesce
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Nel calcio, l’estate è il periodo - per definizione - delle campagne acquisti ad opera delle società, che devono programmare il loro futuro tecnico.
È evidente che, nel nostro Paese, finanche questo momento, che non è di natura strettamente agonistico, viene vissuto dai tifosi con la medesima passione delle partite vere e proprie, visto che ciascuno si diverte ad immaginare quale possa essere la formazione ideale per il successivo campionato.
Così, ogni Italiano diviene un po’ allenatore, un po’ direttore sportivo, un po’ Presidente, come se la realtà potesse, per davvero, essere confusa con la fantasia.
In tale caso, è chiaro che i club, che possono potenziarsi, sono pochissimi, forse solo due, la Juve ed il Napoli, che hanno sufficiente liquidità per impostare una significativa e robusta campagna acquisti, mentre le altre squadre, finanche Inter e Roma che si sono piazzate in posizione utile per la Champions, sono costrette a vendere prima di comprare per le note vicende societarie degli anni scorsi, che oggi impongono loro un netto rigore finanziario.
D’altronde, il calcio italiano rimane molto indietro nelle graduatorie dei profitti.
Non è un caso se, tra le prime dieci società europee per valore commerciale, figura solo la Juve, a fronte di quattro inglesi, quattro spagnole ed una tedesca, a dimostrazione - appunto - del fatto che il calcio italiano non è capace di produrre gli introiti di quello del Regno Unito e della vicina Spagna.
Peraltro, in questa classifica, stilata dal Sole 24 ore, la prima squadra italiana è dietro alla quarta squadra inglese, ad ulteriore dimostrazione delle difficoltà che incontriamo noi Italiani quando ci misuriamo, sui valori economici, con il calcio europeo.
È un dato che può e deve essere migliorato, con una riforma dei campionati, che deve consentire un incremento degli impegni in Europa ed una contestuale, drastica diminuzione delle partite in Italia, visto che un Napoli-Liverpool o un Barcellona-Juve portano, invero, molti più introiti di un Napoli-Crotone o di un Sassuolo-Juve.
E, poi, bisogna vincere la scommessa degli stadi di proprietà, visto che oggi lo stadio non deve essere più concepito solo come una struttura che va vissuta la domenica, ma l’intera settimana con eventi ed ambienti attrezzati, che devono consentire alla società di calcio di realizzare profitti sette giorni su sette.
Ma, l’Italia è pronta a questo scenario?
Evidentemente, non lo è e, se poi i tempi per creare un nuovo Governo divengono biblici, è chiaro che i Presidenti delle società di serie A non hanno interlocutori con cui discutere, per cui diventerà sempre più difficile misurarsi con altre nazioni, dove le decisioni vengono prese con tempistiche diverse e con una logica tesa, in particolare, all’efficacia ed all’efficienza.
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