|
|
Rosario Pesce
|
|
È evidente che l’elezione del Capo dello Stato ha messo in risalto ulteriore la crisi del M5S, che, nei giorni precedenti al voto quirinalizio, ha perso una decina di parlamentari, che – sommati a quelli che avevano, già, abbandonato il Gruppo Pentastellato di Montecitorio e di Palazzo Madama – costituiscono, ormai, una nuova realtà della politica italiana.
Vengono a soluzione, così, molti nodi problematici, che ineluttabilmente erano in fieri sin dal 2013, all’indomani dell’elezione trionfale, che portò in Parlamento i giovani deputati e senatori del M5S.
È ovvio che le posizioni, assunte nel corso del biennio ultimo, non hanno aiutato la crescita di un partito, che avrebbe potuto partecipare, in modo sostanziale ed attivo, al rinnovamento istituzionale, che pure è tuttora auspicabile e necessario.
Le decisioni – a volte, scellerate – di Grillo e Casaleggio hanno allontanato, sempre più, i Pentastellati dal Governo, unico luogo dal quale una forza politica può aspirare, legittimamente, a fornire una risposta ai bisogni della propria base elettorale di riferimento.
L’Aventino, invece, decretato dal comico genovese e dal guru, ha fatto sì che la formazione grillina divenisse residuale negli equilibri non solo delle Camere, ma nel Paese intero, per cui finanche parte cospicua della pubblica opinione, che pure aveva simpatizzato con le novità portate dal M5S, si è separata progressivamente dal Movimento, segnalando in modo particolare l’assoluta inconcludenza di un atteggiamento di mera opposizione, finalizzata a se stessa e destinata a risolversi in una critica sterile al complesso sistema istituzionale in quanto tale.
Inoltre, nel corso degli ultimi due anni, sono rinate alcune forze, come la Lega, che, alla pari dei Grillini, aspirano a dare voce al disagio sociale presente nella comunità nazionale, per cui ineluttabilmente gli spazi elettorali tendono a restringersi viepiù.
Quindi, il risultato - assai lusinghiero - delle elezioni generali del febbraio del 2013 sembra essere una chimera per un Movimento, al cui interno, peraltro, la leadership non appare, univocamente, individuata.
L’uscita di scena di Grillo e la contestuale nascita di un organismo collegiale, che di fatto dovrebbe assumerne la guida politica, rappresenta un altro fattore di debolezza per il M5S, visto che qualsiasi organizzazione politica, che voglia funzionare, deve avere un punto di riferimento certo e, sufficientemente, legittimato da un consenso, non precario, da parte della base e del ceto dirigente.
|
|