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Rosario Pesce
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Gli effetti dell’elezione del nuovo Capo di Stato, in assenza di un accordo fra il PD e il PDL, si sono fatti avvertire subito: Berlusconi, consigliato da Brunetta, ha deciso di tornare sulle barricate, alleandosi con il peggior nemico del Governo Renzi, quel Salvini che è dato in continua ascesa nei sondaggi.
È evidente che il Cavaliere non abbia una scelta diversa da poter compiere: rotto il Patto del Nazareno, deve ricercare il dialogo con la Lega, ben sapendo che, nel mese di maggio, si voterà per le elezioni regionali, per cui è necessario ricostruire l’intesa con il Carroccio, per riconquistare quelle Regioni, che sono già del Centro-Destra, come Campania e Veneto, e per tentare di fare il colpaccio nelle altre, dove l’Amministrazione uscente è di Centro-Sinistra.
Crediamo, invero, che Berlusconi stia in grandi difficoltà, perché la situazione odierna è ben diversa da quella di qualche anno fa, quando Forza Italia aveva un consenso pari, almeno, al triplo di quello della Lega.
Oggi, le due formazioni di Centro-Destra vengono accreditate di un livello di consenso simile, per cui la dialettica Berlusconi-Salvini non può che avvenire da posizioni alla pari: in tale contesto, è inevitabilmente avvantaggiato il leader leghista, che certo non ha compiuto il grave errore strategico di farsi sedurre da Renzi e, poi, di essere abbandonato nel momento essenziale dell’elezione del Capo di Stato.
Ma, le elezioni regionali si celebrano con una legge differente dall’Italicum: infatti, in tutte le Regioni vige l’elezione diretta del vertice della Giunta, per cui è ineluttabile che Lega e PDL si alleino fra di loro, mentre ben diversa è la situazione, che si configurerà con l’Italicum, che prevede che il premio di maggioranza venga attribuito al singolo partito e non alla coalizione intera.
Pertanto, Salvini e Berlusconi si accingono a correre insieme nella prossima primavera, salvo separarsi di nuovo, quando si andrà al voto per il rinnovo della Camera, dato che a nessuno dei due converrà correre in coalizione con l’altro, a meno che il Cavaliere non decida di lasciare al Segretario leghista il compito delicato di guidare l’alleanza, ben sapendo che, all’interno del suo partito, non esistono personalità in grado di sostituire il Berlusconi dei tempi migliori, quando, da solo, era in grado di attrarre il voto di milioni di Italiani, semplicemente in virtù di un passaggio televisivo o di pochi giorni di intensa campagna elettorale.
È evidente che, fra le due forze, esista un solco difficilmente colmabile: la Lega, per quanto si sforzi di divenire un partito nazionale, è pur sempre una formazione, che raccoglie consenso solo in una parte d’Italia, mentre il PDL è, tuttora, l’espressione della Destra moderata italiana, dal momento che nessun leader è stato capace, finora, di sostituire Berlusconi nell’immaginario dell’elettorato centrista.
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