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Rosario Pesce
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Se i sondaggi dicono il vero in merito alle prossime elezioni politiche del 4 marzo, si viene a configurare uno scenario nel quale prevale la frammentazione, visto che solo due forze (M5S e PD) supererebbero la soglia di consensi del 20%, mentre tutte altre non andrebbero oltre il 10% se non in due casi molto probabili (Forza Italia e Lega).
Peraltro, queste percentuali vanno calibrate in funzione della partecipazione popolare, per cui, se dovesse andare a votare non oltre il 50% degli aventi diritto, è chiaro che una forza, che si attesta solo al 25% dei consensi, di fatto avrebbe non più del 13% di voti degli Italiani.
Una situazione, questa, davvero nuova per l‘Italia, visto che eravamo abituati a partiti di massa nel vero senso della parola, oltreché ad avere una partecipazione al voto che, sovente, raggiungeva il 90% degli aventi diritto.
È chiaro che qualcosa si è rotto nel rapporto fra il Paese reale e quanti ci hanno governato nel corso degli ultimi decenni, se è vero ciò che si prospetta, stando ai sondaggi ultimi.
Una crisi della democrazia di tal fatta il nostro Paese l’aveva conosciuta solo dopo la Prima Guerra Mondiale, quando l’incapacità dei partiti di massa di convergere verso un unico obiettivo aprì le porte delle istituzioni al Fascismo ed al ventennio seguente, che derivò dopo la Marcia su Roma.
Non siamo, fortunatamente, in una condizione così disperata, ma certo è che i dati dell’affluenza al voto e l’enorme frammentazione elettorale devono far riflettere coloro che hanno saggezza e senso delle istituzioni.
Non si può ipotizzare di governare un Paese senza una solida base di consenso, per cui sarà ineluttabile che, dopo il voto del 4 marzo, tutte le forze migliori, mettendo da parte i veleni della campagna elettorale, possano dare vita ad un’esperienza condivisa, che metta al centro le cose da fare per la nazione, piuttosto che i personalismi, che hanno nociuto non poco ai partiti ed a quanti hanno tentato di governare nel corso degli ultimi anni.
Un Governo, forse, di Solidarietà Nazionale sarà necessario la mattina del 5 marzo?
Forse sì, visto che, se dovessero essere confermati i numeri degli odierni sondaggi, nessun partito o schieramento potrà contare sulla maggioranza assoluta dei seggi alla Camera ed al Senato, per cui, esaltando le doti e le virtù della democrazia parlamentare, finito il confronto nelle piazze, dovrà iniziare la fase della mediazione e delle convergenze nelle aule di Palazzo Madama e di Montecitorio.
Peraltro, non sfugge il fatto che analoga necessità si è imposta in Germania, altro Paese che, come il nostro, ha un sistema istituzionale di tipo parlamentaristico.
Saranno i futuri parlamentari capaci di dialogare e di dare un senso compiuto alla legislatura che si avvierà dopo le elezioni del 4 marzo?
E, soprattutto, saranno i cittadini nelle condizioni di apprezzare l’operato di chi dovrà giungere alla mediazione non per interessi personali, ma per un’esigenza impellente del Paese?
Non mancheranno, invero, i colpi di scena, nell’auspicio che si possano rimettere insieme i cocci di un vaso che, oggi, sembra rotto in modo definitivo.
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