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Rosario Pesce
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Con l’ufficializzazione del passaggio di otto parlamentari di Scelta Civica nel gruppo del PD, si compie un’operazione politica, tesa a modificare il dna di quel partito.
I deputati ed i senatori, protagonisti della transizione, sono stati eletti nel 2013 nelle liste collegate a Monti, per cui sono espressione di un progetto, che fallì miseramente all’indomani del voto, quando l’allora Presidente del Consiglio uscente comprese che la sua idea neo-centrista era destinata ad arenarsi nello scontro fra il Centro-Sinistra ed il Centro-Destra.
La notizia odierna non è essenziale per il fatto in sé: i parlamentari erano, già, nell’area dell’attuale maggioranza, sin dalla nascita del Governo Renzi, per cui i numeri in Aula non cambiano.
Molto significativo, invece, è il dato da un punto di vista sociologico-politico.
Il rassemblement montiano è espressione di ceti medio-alti borghesi, che oggi, in modo ufficiale, sposano Renzi ed il renzismo, per cui il Premier compie un ulteriore passo verso la modifica del profilo ideologico del suo partito, che, da formazione di Centro-Sinistra, tende a divenire sempre più centrista, mettendo nell’angolino la minoranza interna di Sinistra, che tuttora alberga nel PD.
Le conclusioni di un simile fatto, peraltro, sono naturalmente in contraddizione con le premesse del Governo in carica: Renzi ha sempre detto di perseguire un progetto alternativo a quello di Monti e dell’UE, che era all’insegna del rigore e dell’austerity.
Infatti, il Presidente del Consiglio, nel corso del semestre italiano di guida dell’Unione, ha tentato - anche se invano - di ammorbidire le posizioni tedesche, allo scopo di conciliare le esigenze finanziarie con quelle, ben più essenziali, dello sviluppo economico, che non può essere certo promosso, se gli Stati nazionali non realizzano nuovo debito e, quindi, non rinnovano ennesimi impegni di spesa.
Pertanto, pare discutibile il fatto che, nel partito di Renzi, entri ora una truppa di deputati e senatori, che, invece, due anni fa, sono stati eletti facendosi portatori di un messaggio antitetico rispetto a quello che, negli ultimi dodici mesi, lo stesso Capo del Governo ha cercato di imporre agli alleati continentali.
D’altronde, le politiche montiane furono, clamorosamente, bocciate dall’opinione pubblica, che, nel febbraio del 2013, riconobbe al Prof. della Bocconi un consenso, che raggiungeva stentamente il 10%, a fronte di un anno di gestione del potere, che avrebbe dovuto lasciare prefigurare una messe di voti ben maggiore.
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