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Rosario Pesce
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Fatto il brindisi per l’elezione al Quirinale di una persona perbene, ora è necessario fare una riflessione sulle dinamiche, che l’hanno determinata, visto che l’esito è stato imprevisto, finanche nei numeri, che hanno premiato Mattarella al di là di qualsiasi auspicabile previsione.
Infatti, egli è stato eletto, con il consenso, circa, dei due terzi dei grandi elettori, i quali hanno inteso premiare il nuovo Capo di Stato, seguendo l’indicazione impartita da Renzi.
Innanzitutto, è evidente che l’intero PD si sia compattato intorno al nome del nuovo Presidente, che proviene dalla cultura della Sinistra democristiana, per cui è vicino alle posizioni della minoranza di quel partito, che ha un pedigree o ex-comunista o ex-moroteo.
Ma, i voti sono stati copiosi e molti ambienti del Centro-Destra hanno votato per l’esponente siciliano, a partire da Alfano e Casini, che, assecondando Renzi, hanno non solo consolidato la posizione di Area Popolare all’interno del Governo, ma hanno di fatto inaugurato una nuova stagione del Centro-Destra.
A fronte, infatti, della liquefazione di Forza Italia, molti sono i parlamentari di Berlusconi, che non hanno obbedito all’ordine di scuderia del Cavaliere ed hanno votato per Mattarella, riconoscendosi nelle posizioni di NCD e UDC, visto che - in politica - è fondamentale, se non vitale, tenere in piedi il rapporto con l’Esecutivo, per cui non votare per il candidato renziano avrebbe significato, inevitabilmente, perdere ogni speranza di credibilità con il proprio elettorato, che ha bisogno, invece, di certezze in termini di prossimità al potere costituito.
D’altronde, la riforma della legge introduce una novità essenziale: se durante tutta la Seconda Repubblica, si è cercato il migliore meccanismo per favorire la nascita delle coalizioni, già prima del voto, con l’Italicum si torna alla tradizione della Prima Repubblica, visto che il premio di maggioranza viene attribuito alla lista e non più al rassemblement di formazioni, che si alleano.
Pertanto, al netto del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento, utilissimo contro la proliferazione dei piccoli partiti, torna in auge un meccanismo di tipo proporzionale, che ha segnato la storia italiana per molti decenni.
Un simile fatto si accompagna, oggi, all’elezione di un autorevolissimo esponente della Prima Repubblica, dato che il renzismo dominante, per un verso, determina un salto in avanti della vicenda istituzionale, che si materializza intorno alla leadership forte del Capo carismatico, ma – per altro verso – non rifugge da un ritorno al passato, quando erano i partiti e non le coalizioni dell'ultimo ventennio, costruite più o meno sul fango, i protagonisti dell’agone politico.
In tal senso, l’elezione di una personalità, che ha raggiunto i vertici della propria carriera negli anni della Prima Repubblica, è denotativa di un fatto forte: tutte le personalità della Seconda Repubblica, di Destra come di Sinistra, con il voto odierno scompaiono, definitivamente, dalla scena istituzionale. Gli uomini della Sinistra – da D’Alema a Bersani, da Veltroni a Prodi – sono costretti, per raggiunti limiti anagrafici, a dire addio al Quirinale, mentre quelli della Destra – Berlusconi, in primis – subiscono la forza mediatica ed il rampantismo di Renzi, che ha vinto la battaglia sul medesimo campo dei suoi avversari: il cinismo ed il decisionismo.
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