|
|
Amato ha, perfettamente, il profilo richiesto dagli ex-ds: personalità autorevolissima e nota in tutto il mondo, autonoma da Renzi e dal renzismo, immagine plastica, in caso di elezione, che la rottamazione, tanto voluta dal Presidente del Consiglio, è stata un mero feticcio, perché, nella fase del bisogno, inevitabilmente si fa ricorso alle energie migliori della Prima Repubblica, sebbene siano, anagraficamente, avanti negli anni e rappresentino la storia italiana, che Renzi - senza riuscirvi - nel corso del 2014 ha tentato di rottamare.
Berlusconi, che ha una malizia volpina, ha l’interesse a sponsorizzare Amato, perché, innanzitutto, ipotizza che il giudice costituzionale, una volta eletto al Quirinale, possa non essere ostile nei suoi confronti, in virtù dell’amicizia ai tempi di Craxi, e perché sa bene che, se riesce ad imporre il nome del Dottor Sottile, impartisce al Presidente del Consiglio una lezione importante davanti al Paese intero, dimostrando che, nonostante i suoi problemi giudiziari, ha tuttora un potere contrattuale significativo nella politica nazionale.
Accanto a questa dinamica, ce n’è una parallela, i cui protagonisi sono Vendola, Civati e Grillo: essi, oggi, potrebbero ufficializzare la candidatura comune di Prodi, rigorosamente alternativa a quella del Nazareno, benché il livello di prestigio internazionale di Amato e del Prof. di Bologna sia perfettamente analogo.
È evidente che, se i numeri in Parlamento non mutano sensibilmente, l’indicazione di Prodi non ha alcuna chance di arrivare al successo, ma è pleonastico sottolineare che l’operazione della candidatura prodiana è funzionale alla nascita, nel Paese, di una Sinistra alternativa al PD, i cui referenti dovrebbero essere il Presidente della Regione Puglia, il deputato democratico lombardo e quanti, nelle prossime settimane, decideranno di uscire dal Partito Democratico a guida renziana.
Diventa, così, ridondante, l’esistenza - di fatto - di due minoranze interne al Partito Democratico: una, socialdemocratica e rappresentata dai leaders storici degli ex-DS, ed un’altra che, sul modello di Syriza, intende costruire un polo alternativo al principale partito del Centro-Sinistra italiano.
Le strategie di tali forze, nelle settimane prossime, saranno convergenti o prenderanno strade sempre più distanti le une dalle altre?
È giusto sottolineare che il difficile test dell’elezione del Presidente della Repubblica abbia, quindi, un valore fondamentale, per comprendere i rapporti di forza fra renziani, bersaniani e civatiani.
Dai fatti quirinalizi, si intuirà il potere contrattuale che il Presidente del Consiglio avrà ancora, visto che sia i bersaniani, sia i civatiani – per quanto agiscano con metodi ben diversi fra loro – ambiscono, comunque, a mettere in difficoltà il Premier, indebolendolo pubblicamente, arrivando – come fanno i primi – a mettere in preventivo l’ipotesi di un accordo finanche con Berlusconi, pur di togliere - al loro Segretario Nazionale, nonché Capo di Governo - la centralità istituzionale, avuta nel corso dell’ultimo anno.
L’unico, che in tal caso può gioire, è il Cavaliere, il quale si è divertito, prima, nel contribuire a creare le premesse per le fortune di Renzi ed, oggi, con il sostegno alla candidatura di Amato, gioca a ridimensionare il Premier, nell’ottica esclusiva della tutela degli interessi propri, personali ed aziendali.
Forse, Renzi, dalle trattative odierne per il Quirinale, uscirà molto più malconcio di Bersani nel 2013?
Sarebbe, questo, l’esito di un oscuro automatismo di Giustizia divina?
|
|