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Rosario Pesce
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Quello che celebra è il PD è un rito molto importante.
Scegliere, attraverso le primarie, il Segretario di partito è un momento di democrazia, che solo il partito di Renzi vive, sin dalla sua nascita.
È ovvio che, pur essendo - dunque - un momento essenziale di democrazia interna, esso da solo non può bastare.
In primis, si deve confidare sulla correttezza delle procedure, che si svolgeranno nella giornata del 30 aprile, dal momento che, come è ben noto, in Campania in particolare, molto spesso sono stati messi in dubbio gli esiti di tornate precedenti di elezioni primarie per sospetti brogli.
Ma, confidando sulla lealtà e sull’onestà degli operatori al seggio, andiamo alla sostanza politica dell’evento.
In tal caso, non si elegge - solamente - il nuovo Segretario di partito, che potrebbe coincidere con l’uscente, cioè lo stesso Renzi, ma il PD, comunque andrà, darà un segnale molto forte alla politica nazionale.
In caso di rielezione dell’ex-Sindaco di Firenze, il Partito Democratico, definitivamente, archivierà la brutta pagina del referendum dello scorso 4 dicembre, quando l’allora Premier puntò sul quesito referendario per divenire, di fatto, il leader indiscusso non solo del proprio partito, ma delle istituzioni democratiche in quel delicato passaggio storico.
Per cui, la sua rielezione, il 30 aprile, costituirebbe una nuova legittimazione, che potrebbe consentirgli di presentarsi, di nuovo, come il candidato Premier alle prossime elezioni politiche, che si svolgeranno, al massimo, nel prossimo inverno.
Se, invece, Emiliano ed Orlando dovessero riuscire nell’impresa di non far conseguire a Renzi la maggioranza assoluta dei voti popolari, allora si aprirebbe – per davvero – una nuova stagione politica nella, seppur breve, vita del PD.
I componenti dell’Assemblea Nazionale, infatti, in quel caso dovrebbero eleggere il Segretario ed, allora, si innescherebbero delle dinamiche non controllabili, dal momento che il vertice dal partito non sarebbe di emanazione popolare, ma di derivazione di accordi fra correnti, ineluttabilmente prone a rinascere ed a ridivenire protagoniste del dibattito, dopo molti anni nei quali la forte leadership del Segretario le aveva, nettamente, ridimensionate.
In un tal quadro, assiste alla finestra il Governo.
Il premier Gentiloni, infatti, non ha partecipato al dibattito interno al PD, visto che l’elezione di Renzi sarebbe la premessa per la conclusione del suo mandato a Palazzo Chigi.
Siamo certi che, per davvero, il Governo sostiene – senza se e senza ma, come si dice in gergo – la candidatura di chi intende fare, contemporaneamente, sia il Segretario che il Presidente del Consiglio?
Certo è che, comunque vada, all’indomani del 30 aprile, i quesiti insoluti saranno ben maggiori delle risposte ottenute, per cui non possiamo che, per il bene della nostra democrazia, auspicare che il metodo delle primarie non sia mortificato e vilipeso da incidenti di percorso, che lancerebbero un’ombra molto nociva su di un intero partito, che è – al momento – pur sempre la prima forza parlamentare del nostro Paese.
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