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Alessandra D'Annibale
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La programmazione dell’Eliseo, sotto la direzione di Luca Barbereschi, è incentrata sulla ricerca di lavori di spessore, complessi ed articolati, che danno lustro a questo spazio d’eccellenza, nel cuore di Roma. In questi giorni, Massimo Venturiello e Tosca, già avvezzi alle tavole dell’Eliseo,sono impegnati con la trasposizione teatrale, la prima in assoluto, della pellicola di Charlie Chaplin Il Grande Dittatore, che sarà in scena fino al 6 marzo.
Una regia a due mani condotta da Giuseppe Marini e Massimo Venturiello che ne ha curato anche l’adattamento teatrale per Il Grande Dittatore. Ci racconta Marini: Potrebbe sembrare un’idea presuntuosa decidere di confrontarsi con un progetto di questa portata. Ciò che mi tranquillizza è il fatto che il Teatro, quello vero, non insegue paragoni, ma è materia viva, creativa, e questo lo distingue da qualsiasi altra forma artistica.
Dopo più di settant’anni da quando Charlie Chaplin, nel 1940, scrisse, diresse e interpretò il suo primo film parlato, Il Grande Dittatore, geniale e pungente satira antinazista realizzata quando le armate del Terzo Reich avevano ormai soggiogato l’intera Europa, questa opera riadattata al teatro, risulta quanto mai attuale e credibile.
Anche se da allora, il mondo è cambiato, e noi siamo profondamente diversi, così come l’assetto politico del mondo, tuttavia la realtà contemporanea presenta strane e inquietanti analogie. Una crisi economica che ricorda quella del ‘29, il crollo delle banche, l’inflazione, la disoccupazione e la depressione. Nulla è diverso, forse perché gli errori umani sono sempre gli stessi!
C’è da tremare di fronte al genio di Chaplin allo stesso modo con cui c’è da tremare di fronte al genio di Shakespeare - commenta Marini – l’approccio, a mio avviso, deve essere lo stesso. Forse la domanda più spinosa è “come” interpretare un ruolo, anzi due, che sono diventati un’icona del talento e della mimica chapliniana. Anche in questo il Teatro mi viene in aiuto. Ho sempre creduto che uno dei compiti dell’attore sia quello di “ascoltare”; le parole dei tuoi interlocutori danno vita alle tue, le azioni degli altri in qualche modo determinano le tue e ciò che accade in scena sarà quindi il risultato di queste relazioni. In questo senso il nostro spettacolo sarà “altro” rispetto alla versione cinematografica.
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