|
|
Alessandra D'Annibale
|
|
Tutti almeno una volta nella nostra vita abbiamo riso guardando Febbre da Cavallo, il celebre film di Steno entrato di diritto nella storia del cinema italiano. In questi giorni il Sistina di Roma ospita la trasposizione teatrale della pellicola più cult del grande schermo, che ha segnato un’intera generazione, a quarant’anni dall’uscita nelle sale cinematografiche italiane (era il 17 maggio del 1976). Una commedia forte di gag indimenticabili e di uno sviluppo popolare e semplice, prodotta in questa prima versione teatrale da MF PRODUZIONI in collaborazione con IPE CONFIDIe che annovera nel cast – tra gli altri – Maurizio Mattioli con l’adattamento teatrale di Enrico Vanzina la Supervisione Artistica di Enrico Brignano e le musiche di scena affidate al maestro Fabio Frizzi, co-autore della memorabile sigla. Sul palco anche ndrea Perroni, Patrizio Cigliano, Tiziano Caputo e Sara Zanier.
Dalle critiche del 1976 si percepisce che il film sarebbe potuto passare quasi inosservato, una semplice commedia ‘di cassetta’, con un cast di attori e caratteristi che spesso si alternavano in quel tipo di prodotto, pur se dai nomi importanti. Col passare del tempo, però, i personaggi interpretati da Gigi Proietti, Enrico Montesano, Adolfo Celi, Mario Carotenuto e Catherine Spaak, insieme a Francesco De Rosa, Felice Roversi, Gigi Ballista, Maria Teresa Albani e Mario Brega sono divenuti immortali. Infatti, ci sono film che entrano nella storia popolare di un Paese. Ci sono film che di generazione in generazione vengono riscoperti, diventando cult per ogni spettatore. Ci sono film le cui battute diventano memi da citare a memoria, come fossero un patrimonio culturale acquisito. E Febbre da cavallo è decisamente tra i più rappresentativi. Un film che continua a rivivere continuamente una nuova giovinezza.
Il ritmo è un flusso continuo, cronometrato al secondo, come la corsa di un cavallo di razza! Nelle battute di tutti i personaggi c’è il teatro puro, la vera commedia dell’arte. Questa versione teatrale non fa altro che farci entrare di nuovo nella follia e nell’ingenuità dei personaggi e nella visione macchiettistica e bonaria del fenomeno sociale e di quella che era la Roma dei giocatori di cavalli del tempo. E si ride, oggi come allora. Certo, se si pensa ai problemi che hanno i nostri ‘eroi’ si ride per non piangere! Ma la cosa più importante è ridere omaggiando ciò che il cinema italiano ci ha donato: le Mandrakate, Piripicchio, King, Soldatino e D’Artagnan, il Whisky Maschio Senza Rischio. Insomma, un piccolo grande capolavoro indimenticabile da rivedere al Teatro Sistina.
|
|