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Alessandra D'Annibale
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Black Panther è un cinecomic differente, un film di supereroi con un cast “all black”; un cinecomic che fa riflettere, e che rende moderno e attuale il supereroe dagli artigli infrangibili creato da Sten Lee negli anni ’60, più forte di Captain America e più tecnologico di Iron Man.
Il film, dedicato al re di Wakanda, non parte da un laboratorio di ricerca, né dallo spazio, né da qualche esperimento sfuggito al controllo, ma dalla strada. Siamo nell’anno 1992. T’Chaka, l’imperatore del Wakanda, fa una veloce incursione nel ghetto per scoprire chi ha tradito il suo popolo, rivelando la straordinaria ricchezza che custodisce segretamente: un immenso giacimento di vibranio – una lega di metallo aliena incredibilmente resistente e tecnologicamente duttile – precipitato sulla Terra in seguito alla caduta di un meteorite. Da qui facciamo un grosso balzo in avanti di 20 anni, per collegarci ai fatti narrati in Captain America: Civil War, film in cui avviene la morte di T’Chaka (John Kani) colpito in un attentato, e l’esordio nei panni di Black Panther di suo figlio, il principe T’Challa, interpretato da Chadwick Boseman.
Dopo aver combattuto al fianco di Iron Man per ristabilire l’ordine e soprattutto per tentare di vendicare la morte del padre, T’Challa ritorna al suo Paese natale, per ereditare ufficialmente la corona del Wakanda. Ma come da tempo ci insegna casa Marvel, da un grande potere derivano grandi responsabilità. Proteggere il vibranio dal resto del mondo sarà l’impresa più difficile.
Una risorsa talmente potente da poter sovvertire l’ordine mondiale che di fatto viene sfruttata da una sola tribù situata nel cuore dell’Africa, eppure tecnologicamente avanzatissima (viaggiano a bordo di astronavi e possono contare su nanotecnologie avveniristiche). Una sorta di Atlantide nascosta al resto del mondo da ologrammi e altri trucchi Hi-Tech, da fuori sembra il paese più povero e arretrato del mondo, in realtà è un regno ricchissimo e tecnologicamente avanzato.
Black Panther non è solo un film d’azione, c’è alla base la voglia di raccontare qualcosa, di inserire anche uno squarcio di un periodo storico in cui i neri, venivano oppressi nel mondo e la voglia di riscatto attraverso l’uso di questo super minerale vibranio, permette di esaltare la tradizione afro, fatta di tribalità, radici,legami di sangue, sogni e combattimenti. C’è un vero e proprio elogio alla cultura africana, con i suoi rituali, credenze, e rispetto delle tradizioni. E proprio grazie alla magistrale presentazione di questa Africa immaginaria, con questi paesaggi incontaminati che c’è la sensazione di un popolo privilegiato e superiore, in grado di aiutare il mondo ad essere migliore. Ma non c’è solo il tema dell’antirazzismo, nel film viene messo in risalto il concetto del nemico che ci assomiglia e che può essere sangue del nostro sangue, la parità dei sessi, il rispetto delle leggi e il rimanere fedeli ad un ideologia, anche se questo può costare una vita, il legame con i nostri antenati, ma anche il coraggio di saper scegliere ciò che è giusto mantenere e ciò che bisogna tagliare con il passato, c’è ancora la rinascita dell’eroe, e non del supereroe, ma dell’uomo che trova il coraggio per migliorare se stesso proprio attraverso la morte, ed infine c’è il legame con la famiglia e gli affetti.
Un film davvero emozionante, che riesce a tenere lo spettatore con gli occhi sgranati sullo schermo, esattamente come per Wonder Woman, pieno di toni ed atmosfere che rimandano al passato, con degli incastri tra fantascienza e storia, davvero sorprendenti.
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