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Fabrizio Federici
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Un titolo così suona indubbiamente forte, eccessivo, quasi provocatorio. Tuttavia, quel che ha spinto Ernesto Marzano - economista con lunga esperienza di dirigente delle Partecipazioni statali e di aziende private, e autore di saggi e scritti autobiografici - a scrivere Israele, il killer che piange è, in realtà, una forte voglia di dialogo, d'un confronto, acceso ma sincero, coi fratelli ebrei. Per ragionare di storia e d'attualità, e parlare degli errori che, come tutti i mortali, anche essi possono commettere. Criticare anche fortemente le scelte dello Stato d'Israele, poi, non significa essere anti-israeliani "senza se e senza ma", o, addirittura, antisemiti.
Questa la cornice concettuale della prima presentazione di questo saggio, presso la libreria Invito alla lettura di Corso Vittorio a Roma, con Walter D'Amari, giornalista del "Corriere della sera", moderatore, e l'intervento di saluto di Gioacchino Onorati, presidente di Aracne editrice. Nel saggio, Marzano affronta questioni come il sionismo (nel contesto generale dei movimenti di Risorgimento nazionale dell'Otto-Novecento) e la Seconda guerra mondiale, con la Shoah, e la nascita, nel 1947-'48, dello Stato d'Israele, insieme alla cacciata in massa, dalla Palestina, dei residenti palestinesi. La guerra del '67, che nei Paesi arabi sconfitti, Egitto in testa, innescò un vero e proprio trauma psicologico di massa. E le altre successive fiammate belliche in Medio Oriente, sino alla cruenta operazione Margine di sicurezza a Gaza (estate 2014), e alle due Intifade palestinesi (1987-'88 e 2000-2002): cui se ne sta probabilmente aggiungendo una terza (con la preoccupante escalation di attentati anti-israeliani, e la protesta di massa degli stessi arabi con cittadinanza israeliana).
Mario Canino, già docente universitario e nei Licei, s'è soffermato sulle tante risoluzioni ONU (a volte dello stesso Consiglio di Sicurezza), rimaste inapplicate, che, sin dal 1947, esortavano il neostato israeliano a garantire ai palestinesi il ritorno alle loro terre e alle loro proprietà; e, dal 1967, ad evacuare la Cisgiordania, occupata appunto nella Guerra dei Sei giorni (la Striscia di Gaza, ricordiamo, fu invece evacuata nel 2005, da un premier fortemente criticabile, ma capace anche di decisioni lungimiranti, come Ariel Sharon). E ha ricordato la costante minaccia anche del terrorismo islamico, anti-israeliano a priori: da Hamas (che comunque, accettando di partecipare alle elezioni nei Territori occupati del 2006, indirettamente riconobbe lo Stato d'Israele) all'ambiguo (quanto a origini e finanziamenti, in parte - come già fu per Al Qaeda - di marca saudita e occidentale) ISIS.
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