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da sinistra: Natale Rossi, Claudio Pacifico, Houssam Mouazin e Nicola Lo Foco
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Fabrizio Federici
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Sei anni dopo l'accendersi della prima miccia in Tunisia, col drammatico suicidio di Mohamed Bouazizi, lo "Jan Palach arabo", il giovane commerciante datosi fuoco, davanti alla sede del governatorato di Sidi Bouzid, per protestare contro il sequestro della propria merce da parte delle autorità (cosa che scatenò la rivolta di massa contro il corrotto regime di Ben Alì), qual'é il vero senso e la direzione di sviluppo, delle "Primavere arabe"? Quali responsabilità ha l'Occidente in tutti questi avvenimenti? A queste domande si è provato a dare risposta, a Roma, in un dibattito alla sede della FUIS, Federazione Unitaria Italiana Scrittori, aperto dall'intervento del presidente, Natale Rossi ( "non me ne vogliano gli editori, ma il loro comportamento verso gli scrittori, in Italia, lascia veramente a desiderare; basti pensare che metà degli scrittori francesi, ad esempio, ogni anno percepisce 35.000 euro netti a testa, tra diritti d'autore e altre voci che, da noi, non esistono neanche"). Per la presentazione di due libri: opera, rispettivamente, di Claudio Pacifico, diplomatico di carriera già ambasciatore in Paesi come Sudan, Libia, Egitto, e di Houssam Mouazin, siriano, giornalista e produttore di cortometraggi culturali operante in Italia.
Sogni e delusioni delle primavere arabe (Città di Castello, LuoghInteriori ed., 2016, pp. 79, €. 12): questo il saggio di Pacifico, eloquente sin dal titolo. Un'analisi approfondita delle rivolte accesesi dal 2010-2011 in tutta la fascia di Paesi arabi dalla Tunisia al Bahrein: con, al centro, il cruciale nodo geopolitico, ideologico, culturale, dell'Egitto. "Un Paese- ha osservato il giornalista Nicola Lo Foco, collaboratore di varie testate - dove, a guardar bene, dopo Farouk il potere è sempre stato saldamente in mano ai militari, garanti, al tempo stesso, della laicità dello Stato contro le ricorrenti derive islamiste (non scordiamo che i Fratelli Musulmani, cui appartenne, in gioventù, persino Yasser Arafat, nacquero appunto in Egitto, N.d.R.). In sostanza, una Turchia del Nord Africa, dove, però, il modello preso da Ataturk s'è incrinato gravemente con la presidenza Morsi del 2012-2013, e anche adesso, col neonasseriano Al-Sisi, stenta a riprendere il controllo d'un Paese dove, da sempre, s' intrecciano enormi interessi occidentali (francesi, inglesi, statunitensi)". "Ma a proposito di Occidente - ha detto, senza mezzi termini, l'ambasciatore Pacifico - l'empasse delle "Primavere" (termine chiaramente mutuato dalla storia postbellica dell' Europa dell' Est, precisamente dalla Primavera di Praga del '67- '68) è in buona parte responsabilità, più o meno indiretta, proprio degli occidentali. Che nei confronti di questi moti han mantenuto una politica oscillante davvero tra l'ottuso (nel non saper appoggiare quelle poche forze d'opposizione, in questi Paesi, realmente laiche e democratiche), il dilettantesco e l'imperialista conclamato" (vedi, osserviamo, l'intervento militare franco-inglese in Libia, in stile quasi ottocentesco, del 2011, N.d.R.).
L'Io arabo (sempre LuoghInteriori ed., 2016, pp. 118,€. 13): questo, invece, il titolo (tra il freudiano e il geopolitico, diremmo..) di Houssam Mouazin. Che è, invece, soprattutto una testimonianza esistenziale, d'un intellettuale arabo (l'Autore è damasceno "doc") operante tra Oriente e Occidente, e che si trova ad essere - parafrasando la celebre definizione dello storico de Rosa data, a suo tempo, da Gaetano Salvemini - "troppo arabo per piacere agli occidentali, troppo occidentale per piacere agli arabi". E’ un viaggio di perfezionamento: non solo interiore, ma anche esteriore, nel mare di luoghi comuni, leggende più o meno urbane, pregiudizi e paure irrazionali che, dobbiamo riconoscere, complice importante il terrorismo islamico, caratterizza da decenni la visione occidentale dell'Islam e del mondo arabo (che non sono assolutamente, ha ricordato ancora Lo Foco, la stessa cosa ). "Spostando l'analisi su questo piano", ha sottolineato Mouazin, "possiamo dire che le "Primavere" rappresentano chiaramente proprio questa crisi esistenziale del mondo arabo, in lotta con sè stesso (in "Jihad", potremmo dire, essendo appunto questo, il richiamo ad una lotta di perfezionamento interiore, il vero significato del termine "Jihad".N.d.R.) per il rinnovamento della sua identità collelttiva".
"Ero in Tunisia, in vacanza, a dicembre 2010", ha ricordato Foad Aodi, presidente di Co-mai, Comunità del Mondo Arabo in Italia, e fondatore della Confederazione Internazionale Laica Interreligiosa CILI-Italia, attiva sul fronte del dialogo interculturale e interreligioso, " e in seguito ho anche conosciuto i quattro ragazzi iniziatori, invece, della Primavera in Libia. Per troppi mesi, l' Europa è stata completamente assente da quel che accadeva in quei Paesi; salvo passare, altri mesi dopo, all'eccesso opposto, d'un eccessiva ingerenza. Questo ha dato purtroppo, uno spazio decisivo ai movimenti estremisti, che ora è difficile eliminare del tutto. Ma a proposito di questi ultimi, non dimentichiamo mai che questa "guerra a puntate" non è una guerra tra religioni o di religioni estremiste contro l'Occidente: è una guerra proprio contro le religioni, scatenata da integralisti tanto falsi quanto politicamente ciechi. Gli estremisti non c'entrano nulla con le religioni, e i vari musulmani rispettano tutte le religioni".
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