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Fabrizio Federici
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Esattamente 200 anni fa, il 5 maggio 1821, verso le 18 del pomeriggio, durante un violento temporale, nella sperduta isola atlantica di S, Elena chiudeva la sua parabola terrena Napoleone Bonaparte, l’“uom fatale” ricordato poi da Manzoni, il “self-made man” còrso asceso al potere supremo nella Francia percorsa dallo “tsunami” della Rivoluzione. Anche in Italia sono in corso in questi giorni, a Roma compresa, varie iniziative per commemorare un uomo che, in ogni caso, ha dato un contributo determinante alla nascita dell’Europa contemporanea.
Una serie di iniziative (vedi www.napoleone21.eu) è promossa dal Comitato per il Bicentenario Napoleonico: rete di 67 istituzioni e associazioni culturali, Università e centri di studio, dal Nord al sud del Belpaese, che ha organizzato il programma di eventi dal titolo “Napoleone in Italia”. Un programma che lancia uno sguardo complessivo sull’età napoleonica nel suo rapporto con l’Italia del tempo. Dall’incontro tra Napoleone e l’Italia prese del resto avvio – a giudizio quasi unanime degli storici - quel processo politico e di formazione della coscienza collettiva che accompagnò poi il Risorgimento.
La riscoperta del legame tra Napoleone e l’Italia, ha ricordato lo storico Luigi Mascilli Migliorini, presidente del Comitato, definisce il senso vero e profondo di questo Bicentenario, fortemente voluto, tra gli altri, dallo scomparso storico dell’arte Philippe Daverio, presidente onorario della rete, e da Marina Rosa, presidente del Centro documentazione Residenze Reali lombarde. Mentre il pomeriggio del 5 maggio ci son state le letture in diretta della ''Maratona 5 maggio'', a partire dall'ora della morte del “Grande còrso”, le 17,49, su Facebook e YouTube, a Milano e in tutta la Lombardia sono in corso da tempo altre iniziative e a Torino, a Palazzo Cavour, è aperta, sino al prossimo 28 gennaio. La mostra di oggetti, cimeli, documenti d'epoca provenienti dalla Fondation Napoleon di Parigi, ''J'arrive. Napoleone, i cinque volti del trionfo''.
Via via, ecco le altre tappe del viaggio "andando per l’Italia di Napoleone”: per riprendere il titolo del libro di Paola Bianchi e Andrea Merlotti (Il Mulino,2021, pp. 176, 12,00 euro) che ci guida nei luoghi della memoria napoleonica italiani. Si va da Sarzana (La Spezia), città che vanta di essere il luogo d’origine della famiglia Bonaparte, a Roma, che con Napoleone ebbe un particolare rapporto.
A Roma, esattamente, sino al 30 maggio è aperta, ai Mercati di Traiano, la mostra dedicata appunto a Napoleone e l’Urbe: l’imperatore non visitò mai Roma, ma coltivò sempre, per essa, piani grandiosi di scavi archeologici e di rinascita urbanistica, in parte realizzata anzitutto con la sistemazione di Piazza del Popolo, ad opera dell’architetto romano Giuseppe Valadier (il progetto definitivo, elaborato appunto negli anni napoleonici, fu approvato nel 1816 – a Papa tornato a Roma - e realizzato entro il ’22)., e con altri interventi.
Da mercoledì 5 maggio, inoltre, il Museo Napoleonico ospita, sino al 9 gennaio (ingresso gratuito), la mostra "Napoleone, ultimo atto. L’esilio, la morte, la memoria" che illustra le vicende dell’esilio, della morte e il successivo processo di mitizzazione della sua figura, attraverso oggetti, documenti, stampe, dipinti e altri materiali delle collezioni del museo stesso.
Rivoluzionario secondo i princìpi del 1792 (più che dell’89), portatore in Europa del vento di modernità, lotta ai privilegi feudali, creazione d’un moderno diritto civile che spirava appunto dalla Francia, o semplice despota, precursore dei dittatori novecenteschi? Creatore di pubbliche amministrazioni moderne ed efficienti o mero guerrafondaio repressore dei nascenti sentimenti nazionali, dalla Spagna alla Polonia? Senz’altro Napoleone (“Robespierre a cavallo” secondo un'acuta definizione) fu un po’ di tutto questo e la manzoniana ”ardua sentenza” dei posteri non è stata ancora emessa in via definitiva. Mentre è singolare che, in Francia, ci sia più imbarazzo (anche in certi ambienti dello stesso Governo) a commemorarlo che in Italia. Ma il fatto è che i tempi, anche Oltralpe, sono profondamente cambiati, e lo stesso governo di Macron (Presidente che, come già De Gaulle, Pompidou e Sarkozy, s’ispira apertamente al grande còrso) ha parlato per il programma del bicentenario, di “commemorazione”, ma non “celebrazione” acritica. Ed è giusto che sia così.
“Re di Roma”, infine, fu il titolo onorifico dato da Napoleone al figlio, Napoleone Francesco Carlo Giuseppe Bonaparte, avuto dalla seconda moglie, Maria Luisa d’Asburgo. Un figlio che l‘imperatore, purtroppo, non vide più dopo la prima abdicazione del marzo 1814, e che, portato dalla madre alla corte di Vienna ed educato all'austriaca, sarebbe morto infine di tisi, a soli vent’anni, nel 1831. Mentre Letizia Ramolino, mamma di Bonaparte, dopo la caduta del figlio, messasi sotto la protezione del Papa sarebbe vissuta proprio a Roma, abitando, dal 1818, nello storico palazzo all'angolo tra Piazza Venezia e Via del Corso, da allora noto come Palazzo Bonaparte. Qui, affacciandosi spesso al celebre balconcino all’angolo con Via del Corso (a poche decine di metri, in linea d’aria, da un altro futuro storico balcone…), sarebbe morta, infine, a 86 anni, 15 anni dopo il figlio, nel febbraio 1836.
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