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Ammiraglio Enrico La Rosa
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Fabrizio Federici
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Enrico La Rosa, Ammiraglio in pensione, già rappresentante italiano in gruppi di lavoro NATO per il supporto logistico alle forze impegnate in operazioni multinazionali di peacekeeping, e in seguito (anni '90) addetto militare in Algeria e ufficiale di collegamento tra la Marina italiana e quella bulgara, oggi è presidente dell’associazione “OMeGA” (“Osservatorio Mediterraneo di Geopolitica e Antropologia”), Centro studi che vuol ricoprire un ruolo di “Think tank” in tutto ciò che riguarda il “Mare Nostrum”. Con lui facciamo un bilancio dell’iniziativa di OMeGA “Lungo le rotte del corallo": un viaggio di pace, e di ricerca del dialogo, dalla Sardegna alla Tunisia, svoltosi nella prima metà di luglio, come parte essenziale del progetto Rotte Mediterranee, realizzato col supporto decisivo della Fondazione di Sardegna.
Ammiraglio, quest’iniziativa si articolava in una serie di convegni preparatori (tra Roma, quest’inverno, e Cagliari, ai primi di luglio): che riscontro avete trovato, anzitutto, nella società sarda?
Al convegno di Cagliari, c’è stato un buon riscontro da parte del pubblico, specialmente di nicchia, interessato alle vicende mediterranee, e di piccole e medie imprese agroalimentari. Da alcune delle quali abbiamo raccolto adesioni alla prossima edizione di “Rotte Mediterranee”: che vogliamo organizzare nella primavera-estate 2018.
Come sarà articolata?
Mantenendo la formula della centralità del Mediterraneo, sia come mezzo da solcare e domare, sia per il suo grande potenziale evocativo e rievocativo (da Ulisse ed Enea ai navigatori arabi, ecc…), e come palcoscenico di futuri incontri. Con interlocutori al di fuori delle ottiche politiche, scelti nella comunità intellettuale, delle professioni, ecc... Per l’appuntamento del prossimo anno punteremo sull’adesione di persone singole o in coppia, disposte a noleggiare singoli posti barca su imbarcazioni modernissime e sicure, complete di ogni confort, a prezzi accessibili. Sarà una vera e propria regata per la pace.
A Tunisi, poi, che situazione avete trovato?
Un clima tutto sommato sereno e pacifico, ospitale nei confronti degli occidentali, specialmente degli italiani: solo andando nei vecchi quartieri residenziali europei, oggi in gran parte abbandonati o comunque trascurati, percepisci chiaramente - nella stessa laica Tunisia - un certo vento di rifiuto del mondo occidentale. Ci è dispiaciuto, poi, il 5 luglio, visitare lo stupendo Museo del Bardo con la desolazione delle sale pressoché vuote; purtroppo è un luogo rimasto tabù, dopo l’attentato sanguinoso del 2015.
Che mi dice del convegno tunisino del 6 luglio?
Il 6, presso la sede dell’Istituto Italiano di cultura della nostra Ambasciata a Tunisi (che ringraziamo ambedue calorosamente, per la perfetta organizzazione della cosa e il supporto logistico che ci hanno dato in tutti i modi), il convegno è ottimamente riuscito. Abbiamo cercato di capire le ragioni dello stallo del dialogo nel Mediterraneo e proporre soluzioni per avviarne il superamento: han partecipato al dibattito esperti di prim’ordine, come Mohammed Hassine Fantar, docente all’ Università di Tunisi e incaricato del Governo per il dialogo con le religioni, Germano Dottori, dalla LUISS e analista per “Limes”, Marco Lombardi, docente all’ Università Cattolica di Milano, Mohamed Menzli, giornalista della radio tunisina, e altri.
Cosa è emerso, in particolare, dell’ attuale situazione del Mediterraneo?
Tutto lo scacchiere, oggi, è gravemente instabile: da un lato per le mire delle grandi potenze (acuitesi dal 2011, con le Primavere arabe, in cui si sono fortemente inserite, e le gravi crisi in Libia, Egitto e Siria), dall’altro per l’acuirsi dei contrasti su base religiosa. Nonostante tante Costituzioni d’ impronta liberale, in tutti questi Paesi l’Islam resta, in sostanza, la religione di Stato, con conseguente emarginazione di tutti gli altri credenti. Però, a Tunisi, a parte pochi interventi improntati al malumore verso l’ Occidente e l’attuale dirigenza tunisina, dal convegno è emersa, nel complesso, una gran voglia di dialogo , soprattutto con Francia e Italia, che restano essenziali punti di riferimento.
E che progetti ha OMeGa per il futuro?
Anzitutto, promesse di iniziative comuni con i Paesi dell’area mediterranea. Cercheremo altri partner, iniziando da coloro che ci hanno aiutato all’esordio di quest’anno, e con essi organizzeremo altri momenti di confronto per rilanciare dialogo e cooperazione, stavolta su aspetti più immediatamente pratici. Nell’ immediato, in autunno, organizzeremo a Roma un incontro, al quale inviteremo i relatori di Tunisi, un confronto di bilancio e di riflessione.
Ringrazio fortemente, in chiusura, tutti gli altri enti che ci hanno patrocinato e variamente sostenuto: Ansamed, le Ambasciate tunisina e algerina in Italia, la rete maghrebina del Ministero degli Esteri, l’Istituto per il Commercio Estero, ora Italian Trade Agency, l’ Unione delle Università del Mediterraneo, l’Associazione Medici d’ Origine Straniera in Italia (AMSI), l’ Unione Medica Euromediterranea (UMEM), le Comunità del mondo Arabo in Italia (Co-mai), il movimento Uniti per Unire, e tutti gli altri.
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