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Fabrizio Federici
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Un incontro di giornalisti di varie testate con l’ambasciatore del Kuwait in Italia, Sheikh Azzam Mubarak Sabah al Sabah, presso la sua residenza romana, ha rappresentato l’occasione per uno scambio di vedute a 360 gradi sui rapporti Kuwait-Italia, sul ruolo importante del piccolo emirato nella complessa situazione del Golfo Persico e sulle nuove prospettive che possono aprirsi, in tutto il Medioriente con la nuova amministrazione americana.
Occasione importante dell'incontro è il 30mo anniversario della Guerra del Golfo e della liberazione del Kuwait (17 gennaio - 28 febbraio 1991).
Ambasciatore, anzitutto quale è stato il ruolo del Kuwait nel processo di riconciliazione tra Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti e Qatar?
Premesso che il mio Paese è da sempre favorevole al mantenimento della pace e del dialogo, e della stabilità e sicurezza reciproca di tutti i Paesi del Golfo, il Kuwait in questa vicenda ha svolto un importante ruolo di mediazione nella regione. Non siamo stati i soli, ovviamente, tanti Paesi si sono impegnati in questo, anche gli Stati Uniti: e abbiamo notato che la dirigenza saudita, in particolare, hanno ammorbidito le sue posizioni, capendo che ci sono tanti punti - interessi vitali - in comune, tra loro, noi e gli altri Paesi del Golfo, che ci spingono a cercare sempre di raggiungere un accordo. In questo processo, tuttavia, non si è trattato tanto di dare e avere in cambio; diciamo che la relazione tra il Qatar, l’Arabia Saudita e gli altri Stati del Golfo è tornata alla normalità. Questo, anche perché sta lavorando bene, ormai, il Consiglio di Cooperazione del Golfo (l’Organizzazione, nata nel 1981 su impulso del Kuwait e l’Arabia Saudita, con scopi di integrazione economica, militare, politica e sociale tra i 6 Stati della Penisola arabica, N.d.R.).
Infatti è solo di pochi giorni fa, a Riyadh, il 41mo vertice del Consiglio di Cooperazione del Golfo, che è stato dedicato proprio alla fine della tensione col Qatar: con la firma di un accordo che rinsalderà i rapporti tra Qatar, Arabia Saudita, Bahrein e Kuwait. Ma il Kuwait non è preoccupato, invece, per la ripresa del programma nucleare iraniano, dopo l’empasse dell'accordo internazionale del 2015 che lo limitava fortemente?
Il Kuwait non era affatto contrario all'accordo sul nucleare iraniano del 2015, e ha sempre giocato un ruolo attivo di mediatore tra Occidente, Unione Europea, USA e Iran: già quando, anni fa, ero ambasciatore in Bahrein, personalmente mi adoperai per questo. In una situazione che presenta analogie con quella che, in Estremo Oriente, vede contrapporsi Corea del Nord, altra aspirante potenza nucleare, USA e Paesi limitrofi: tra i quali il Giappone, da anni, cerca di mediare coi nordcoreani, proprio come fa il Kuwait nella regione con gli iraniani. Ora speriamo che anche altri Paesi arabi partecipino a questo sforzo di mediazione.
Nel complesso gioco mediorientale, inoltre, è stato molto importante l’avvio, l’estate scorsa, di ufficiali relazioni diplomatiche tra Emirati Arabi Uniti, Bahrein (primi 2 Paesi della Penisola arabica a fare questo storico passo) ed Israele. Come vede il Kuwait questa svolta? Svolta che, però, preoccupa l’ANP, timorosa che questi accordi possano in qualche modo danneggiare la causa nazionale palestinese?
Il Kuwait non ha rapporti diplomatici con Israele. Però non può che guardare con favore a tutte quelle iniziative che possono realmente stemperare la tensione sia nella Penisola arabica che in tutto il Medioriente, anche creando un clima diverso con Tel Aviv. Al tempo stesso voglio ricordare che il Kuwait ha sempre partecipato fortemente ai programmi di aiuto ai palestinesi dell’ONU, anche quando altri Paesi arabi avevano smesso di farlo; e continua tuttora a partecipare.
Kuwait-Cina: che relazioni avete con questo gigante asiatico, che da decenni ha avviato progetti di cooperazione tecnologica, ed anche penetrazione economica, in vari Paesi del Golfo?
Rapporti senz’altro costruttivi: ricordo che, nel 2018, l’allora emiro del Kuwait, S. A. Sabāḥ al-Aḥmad al-Jāber Āl Ṣabāḥ (scomparso poi a settembre 2020, N.d.R.), si recò in Cina, con una delegazione di alto livello, per concludere ufficialmente accordi bilaterali di cooperazione economica. Riguardanti soprattutto lo sviluppo della nuova “Via della seta”: che sia noi che la Cina abbiamo interesse a far transitare anche nella Penisola arabica (come, del resto, fu già nell’antichità).
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