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Fabrizio Federici
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L'Associazione Medici di origine Straniera in Italia (AMSI), le Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai), il movimento “Uniti per Unire”, le associazioni e le comunità aderenti commentano con soddisfazione la fine dell’odissea dei migranti e dei bambini, e ringraziano tutti i Paesi che hanno dato la loro disponibilità per accogliere i migranti della nave “Sea Watch”. Ma non nascondono la delusione per aver assistito ad uno "spettacolo di strumentalizzazioni" sulla nave, dove "parecchi politici dei vari schieramenti hanno cercato visibilità", commenta Foad Aodi, fondatore Amsi e Co-mai e Consigliere dell'Ordine dei Medici di Roma; "lo diciamo senza mezzi termini, per questo siamo stanchi, e indignati per questi atteggiamenti che vogliono far credere che i principali problemi dell'Italia siano i migranti e i rifugiati. Per questo noi abbiamo scelto di sperare e pregare per i migranti, in silenzio, senza emanare nessun comunicato stampa in quei giorni, e cercando di proporre soluzioni senza attaccare né offendere nessuno. Noi - continua Aodi - proseguiamo il nostro impegno costante, secondo i nostri progetti "Buona Immigrazione" e "Buona sanità internazionale"; e la politica dei due binari, sicurezza e integrazione. Per avviare una vera cooperazione internazionale, basata su gemellaggi, patti d'amicizia, la creazione di ponti di conoscenza e occupazione".
Inoltre, Aodi lancia l'appello, a tutto il mondo politico e istituzionale italiano, per sviluppare, con tutti questi Paesi, “nuove politiche di cooperazione internazionale, scambi in campo sociosanitario, solidarietà per insegnare ai giovani di questi Paesi nuovi mestieri, organizzazione di stage nelle alte specializzazioni, con l'affiancamento di medici e specialisti italiani e d'origine straniera laureati in Italia. Cercando anche di creare centri di occupazione e centri per l’assistenza sanitaria, e piccoli ospedali per operare in loco i numerosi pazienti, anzitutto bambini e donne in fase acuta e grave o affetti da patologie croniche: come ci chiedono tutti i giorni da Yemen, Siria, Libia, Gaza, Somalia, Eritrea, Etiopia ,Sudan e altri Paesi dell'Africa”.
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