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Fabrizio Federici
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La Sindone di Torino – la cui ultima ostensione è avvenuta nel 2015 – sembra davvero non trovare pace. Dopo il test del carbonio 14 effettuato nel 1988 , che sembrava datare il reperto al XIV secolo (test poi ampiamente contestato, soprattutto per la superficialità e frettolosità dell'esecuzione), sono stati annunciati ultimamente i risultati d'un esperimento condotto da Matteo Borrini (Liverpool John Moores University) e Luigi Garlaschelli (Comitato per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze), pubblicati sul “Journal of Forensic Sciences”. Risultati dai quali emergerebbe un'incongruenza fra le tracce di sangue presenti sul telo della Sindone: che non sarebbero quindi veritiere, secondo la dinamica della ricerca (da qui, la conclusione dei due autori che la Sindone sarebbe “un prodotto artistico medioevale”).
Su questa questione così rilevante sul piano storico, religioso, socio-culturale, abbiamo voluto raccogliere le opinioni d' un artista affermata, specialista anche lei della Sindone: Veronica Piraccini, docente titolare della cattedra di Pittura all‘ Accademia delle Belle Arti di Roma, nonchè artista che ha realizzato – con una tecnica di pittura impercettibile visibile-invisibile, di sua invenzione - opere sulla Sindone che stanno girando il mondo. Eseguite partendo da un'immagine della Sindone in foto a scannerizzazione completa e diretta (intera, e non a sezioni), a grandezza naturale su tela, avuta dall‘associazione del Caravita (che ogni anno organizza, a Roma, giornate di studio sul Sudario di Torino).Ha anche collaborato con l‘ENEA di Frascati al progetto del dott.Paolo di Lazzaro ed equipe, ad indagini scientifiche sulla misteriosa Sindone di Arquata del Tronto (risalente probabilmente al 1600), partecipando a redigere - insieme a loro - un documento multidisciplinare .
Professoressa Piraccini, la sua opinione sull'esperimento condotto da Borrini e Garlaschelli?
Mi trovo perfettamente d‘accordo col dibattito avvenuto, in questi giorni, tra i maggiori esperti dell'argomento (parliamo di specialisti del calibro del prof. Bruno Barberis, presidente del Comitato scientifico del Centro internazionale di sindonologia, il dott. Pierluigi Baima Bollone, docente emerito di Medicina legale all'Università di Torino, la prof.ssa Emanuela Marinelli, sindonologa, e molti altri): che, mettendo a confronto le loro diverse competenze, ha fatto emergere gli aspetti di superficialità e incompletezza dello studio pubblicato sull' importante rivista “Journal of Forensic Sciences”.
E cosa può aggiungere, in base alla sua personale esperienza?
Dal mio semplice punto di vista d’artista, avendo avuto - sulla parete del mio studio a Roma - l‘immagine della Sindone (più di 4 meri su tela) dalla Pasqua del 2012 a quella del 2013 (lasso di tempo in cui ho realizzato le 4 opere), posso aggiungere che, avendo per un anno studiato tutti i particolari dell‘immagine (con metodo manuale antico) per poi dipingerli, noto che, nella conduzione dell‘esperimento Borrini/Garlaschelli, sono assenti alcuni fattori evidenti, che subito mi sono balzati all’occhio.
E cioè?
Una tesi, per essere completa, deve saper valutare tutti i dati e i fattori: non so perché, in questo caso, gli autori dell'esperimento sembrano non aver preso in considerazione i piedi trafitti, la flagellazione e la testa coronata di spine; e sottovalutato, invece, altri elementi basilari.
Quali?
Sappiamo dalla Sindone, che la chiodatura inflitta nel corpo vivo avviene nel punto polso-mano all’ altezza del radio-ulna, cioè in prossimità del carpo o, più semplicemente, centralmente al polso (e sin qui, nulla in contrario al posizionamento dei chiodi nella dimostrazione sperimentale Borrini/ Garlaschelli). Ma la trafittura, in quali condizioni avveniva? L‘elemento fondamentale che si dimentica è che Gesù (o chiunque altro fosse l’uomo della Sindone) subisce la chiodatura al patibulum nella posizione a terra, sdraiato, per poi essere issato in verticale. Ebbene, se la penetrazione del chiodo avviene in piano, va tenuto presente che il primo sangue vivo sprizza dal corpo stando in posizione orizzontale, scorrendo in piano, col palmo delle mani vòlto verso l ‘esterno, e dunque col dorso dell‘ arto lacerato e compresso dal chiodo sul patibulum. A mio avviso, è quindi errato dare l ‘idea della gocciolatura del sangue facendola credere come reale e filmandola e fotografandola,come prova della direzione e fuoriuscita del sangue, a braccio libero e non appoggiato al legno, aderente al patibulum nel punto di chiodatura: con la conseguenza di diversa traccia rispetto alla dimostrazione, la quale non tiene conto di tutto ció.
Che altro si può osservare, sempre sul piano anatomico e tecnico-pratico?
Il sangue ai polsi scorre in primis sul piano, allargandosi; poi, in un secondo tempo, col corpo issato e appeso, va a gocciolare verticalmente: continuando a colare, ma insieme anche al sangue non solo del braccio, ma anche a ció che trovasi sul legno impregnato. Ecco la giusta situazione da tener presente: troppo semplicistico , e lo dico da pittore, mettere una goccia di sangue poggiata al polso, come un ritocco, e poi schiacciarci dei pezzetti di legno.
E un suo parere proprio da pittore, Maestro?
Da pittore posso dire che, ormai, ipotizzare il solito artista medievale che si mette a realizzare la finta Sindone (come fa Borrini nell’intervista di Piana a Radio Vaticana, e come già altri studiosi, in passato, si sono espressi) , è veramente anacronistico: perchè anzitutto, per esprimere opinioni di questo tipo, è necessario conoscere almeno l’ABC del pensiero visivo, che si compone di stili unici in tempi diversi della storia; mentre il linguaggio dell ‘arte, in realtà è più preciso della matematica, oltre ad essere visibilmente inequivocabile. Ad esempio, gli antichi egizi raffiguravano in pittura i corpi frontali, ma con visi e arti posti di profilo (visione distorta della realtà e molto innaturale per noi, ma assolutamente realistica per la loro verità estetica). Qualche migliaio d‘anni dopo, vediamo soluzioni in realismo prospettico con le straordinarie figure in architetture dipinte di epoca rinascimentale (1500); ancora diverse, poi, facendo un passo indietro, sono le icone e pitture medievali del 1200-1300, fatte di linee e colori timbrici,a prospettiva acerba. Ebbene, se appunto in questo Medioevo ci fosse stato un genio di chiaroscuro senza linee, di alone appena percettibile e tridimensionale , molte altre opere avrebbe realizzato, non solo questa pretesa falsa Sindone; e sarebbe emerso in anticipo come un genio rinascimentale, leonardesco!
E cosa possiamo dire, poi, della macchia , dovuta al sangue della ferita al costato, che, sempre nell' uomo della Sindone, forma una sorta di cintura nella regione lombare, macchia giudicata da Borrini e Garlaschelli “totalmente irrealistica” e somigliante “a un segno fatto in modo artificiale”?
La grande traccia ai reni effettivamente è un bel punto interrogativo. Ma perchè il pittore falsario avrebbe dovuto inventarsi tale macchia se effettivamente risultava difficile da dimostrare? Solo per complicarsi la vita? Sarebbe stato molto più logico che questo presunto pittore si attenesse ai Vangeli, con le sole ferite di mani, piedi, sulla testa (dovute alle spine) e la trafittura del costato: oltre ai segni della flagellazione. Direi, allora, che questa grande traccia alle reni è, invece, tra le più straordinarie prove della veridicità del sacro telo, la più eloquente verità sull‘uomo della Sindone.
Conclusioni possibili, Professoressa, sia da studiosa che da credente?
Direi che l’accanimento scientifico dagli anni 70 ad oggi sulla Sindone, periodicamente riemergente, è improprio per più motivi. Il primo – parlo, qui, ovviamente da credente - è che, fondamentalmente, Dio il Creatore assoluto ed eterno, intanto realizza ciò che vuole come vuole. Secondo punto, noi esseri umani, che siamo sue creature, realizziamo per come meglio possiamo. Terzo punto – qui, invece, parlo in un' ottica laica - se siamo credenti, atei o agnostici, guardiamo un corpo colpito, ferito, dissanguato e l'avvolgiamo in un telo, questo, indipendentemente dal nostro orientamento di pensiero, lascia macchie terrifiche e inguardabili. Quarto punto, poi, la Sindone ha impronte bellissime, auliche e altamente estetiche. Quinto, infine, in sintesi potremmo dedurre – sempre da credenti - che, in questa vicenda, non può essere altrimenti se non che Dio, per come ha voluto, si è impresso specularizzandosi in modo acheropita e bellissimo, aldilà della logica dimostrativa scientifica.
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