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Lisa Di Giovanni
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La consueta rubrica letteraria Dark zone questa settimana ospiterà il primo romanzo del giornalista Riccardo Schiroli. Una storia scritta in prima persona ma non autobiografica, l’accaduto narra in definitiva di un cambiamento e ftNews vi lascia scoprire l’autore e la sua creatura con questa carica intervista.
Ciao Riccardo, perché non ci parli un po’ di te? Spiegaci in poche parole chi sei, cosa ami fare e qual è il ruolo della scrittura nella tua vita.
Sono un giornalista professionista che si è formato nelle radio e nelle televisioni private e che ha avuto la sua vita professionale cambiata dall’incontro con il web. Appena ho capito cosa potenzialmente può essere un sito internet (il mio primo approccio, negli anni ’90 del secolo scorso, era stato: “Sarà una specie di televideo”), ho capito che avevo trovato il medium ideale per la mia idea di fare informazione. Nella mia vita la scrittura ha una parte molto importante: è il mio lavoro, il mio hobby, anche la mia seduta di auto analisi, se posso essere sincero.
Qual è stato il percorso che ti ha permesso di pubblicare i tuoi libri? È stato difficile arrivare alla pubblicazione?
Ho pubblicato diversi libri sul baseball, commissionati direttamente dalla Federazione Italiana e dalla Federazione Internazionale. Quindi direi che in questi casi non è stato per niente difficile. Un discorso diverso è pubblicare fiction. Gli editori non possono permettersi di rischiare e spesso puntano sulla notorietà del nome di chi pubblica. Questa almeno è la mia impressione
Parlaci di questo nuovo libro.
“Non vuol dire dimenticare” è il mio primo romanzo. Ho iniziato a scriverlo anni fa, addirittura con la macchina per scrivere. Nel frattempo sono molto cambiato, come professionista e come persona. Ma sono convinto che questo romanzo esprima una voce originale e quindi ho cercato di pubblicarlo con pochi cambiamenti. E’ scritto in prima persona, ma non è un romanzo biografico o autofiction. Voglio dire: io a 26 anni sono davvero andato negli USA da solo per incontrare una ragazza, ma questo è il pretesto alla base del romanzo. Io in realtà con questo romanzo voglio raccontare un cambiamento. Del protagonista e del mondo che lo circonda. La mia vera scommessa è sul linguaggio, che spero appaia coerente a chi era ventenne negli anni ’80
Quali sono le difficoltà più grandi che hai incontrato (e che stai incontrando) nella promozione dei tuoi libri?
La difficoltà più grande è il senso di smarrimento che ti assale quando comprendi che il potenziale della rete e dei social media è davvero immenso, ma che è appunto un potenziale. Anche oggi puoi anche scrivere il miglior libro del mondo e vederlo passare inosservato. Il difficile non è scrivere un libro, è farlo leggere.
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