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Lisa Di Giovanni
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Uno scrittore originale e pieno di fantasia, se motivato, estremamente produttivo. Simone Lari è nato e vive a Grosseto nella Maremma Toscana, ha 36 anni, è laureato in Scienze Politiche e lavora presso la Biblioteca Comunale di Gavorrano. Appassionato fin da piccolo di cinema e letteratura fantasy è una persona molto riservata e si apre solamente quando approda nel suo universo parallelo fatto di racconti fantasy, con narrativa di diverso genere che abbraccia anche il thriller/paranormal. Ha auto pubblicato tutti i suoi libri: La nemesi dei mondi, I custodi della lacrima, Black Cases, Nameless, Kage Queen. ftNews
vi presenta Simone Lari attraverso questa esclusiva intervista. Buona lettura!
In soli tre anni ha scritto cinque saghe per un totale di tredici libri, dove ha trovato tanta energia e ispirazione?
Quando si svolge un'attività che si ama, la fatica non si fa sentire e il tempo dedicato alla propria passione non sembra mai abbastanza. Inoltre il fatto di essere stato disoccupato per gran parte di questi tre anni, mi ha concesso il tempo libero necessario a portare avanti le mie saghe. L'ispirazione, fortunatamente, non è mai stata un problema. Avrei molte idee da sviluppare, ma adesso che ho un lavoro e diversi impegni familiari, dovrò selezionare i progetti migliori e accantonare gli altri.
E’ vero che le idee migliori per le sue creature sono arrivate nella notte?
Confermo che spesso le idee migliori e più creative mi vengono nei momenti e nei luoghi più improbabili, spesso durante la notte, cosa che mi costringe a tenere sempre pronti carta e penna sul comodino, per segnarmi poche righe confuse che al mattino faticherò a decifrare. Altre volte un ricordo, un gesto, una frase, mi creano una sorta di reazione creativa che mi porta a pensare alle cose più particolari e talvolta fuori contesto. Di solito sono intuizioni su cui dopo c'è molto da lavorare, e non sempre risultano valide o fattibili.
I suoi libri sono stati tradotti in quattro lingue. Quale paese estero le ha portato più fortuna? E soprattutto quali sono le differenze tra il pubblico italiano e non?
Molti dei miei romanzi sono stati tradotti in francese, tedesco, spagnolo e inglese. Ho tentato di socializzare tramite facebook con il pubblico straniero, con discreti risultati, ma questa attività mi portava via molto tempo e parecchie energie, così ho dovuto interromperla. Non posso valutare eventuali differenze e gusti, dico solo che la propensione a recensire è piuttosto scarsa ovunque, e che tutti, tranne i francesi, adorano le promozioni gratuite. I riscontri migliori in termini di vendite li ho avuti proprio in Francia, mentre le traduzioni in inglese, cosa confermata da diversi colleghi self, sono veramente inutili. Gli spagnoli sono piuttosto socievoli nei social, anche i tedeschi devo dire.
Scrive perché cerca popolarità o per necessità? Cosa la spinge realmente?
Nessuna delle due cose. Ho iniziato a scrivere per dedicare il mio primo libro a un caro amico prematuramente scomparso, poi il romanzo è diventato una trilogia da oltre 1.500 pagine e da quel momento scrivere è diventato per me una passione irrinunciabile. Certo, è gratificante incontrare i lettori alle fiere, oppure intrattenersi con loro su facebook, e non ti nascondo che mi piacerebbe se la mia passione si trasformasse in lavoro, ma questo credo che accomuni la maggior parte degli scrittori o aspiranti tali.
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