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Fabrizio Federici
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L’Annunciazione di El Greco, una delle opere-simbolo del grande artista cretese-veneto-ispanico, sarà ospitata ai Musei Capitolini dal 24 gennaio al 17 aprile 2017, nelle sale al piano terra del Palazzo dei Conservatori. In occasione del progetto di scambio tra il Museo Thyssen Bornemisza di Madrid e i Musei Capitolini, che ha già portato nella capitale spagnola “La Buona Ventura” del Caravaggio, la Sovrintendenza Capitolina ha scelto di esporre a Roma quest’opera del grande artista.
El Greco, Domynikos Theotokopulos, che nasce a Creta nel 1541, ha ricordato , nella conferenza stampa d’apertura, Claudio Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino ai Beni Culturali (la mostra è promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale e appunto dalla Sovrintendenza ai Beni culturali di Roma Capitale; organizzazione e servizi museali di Zètema Progetto Cultura), “proprio per la sua arte estremamente innovativa, non riesce ad appassionare, in Spagna, Filippo II. Questo, dopo che da Creta, in gioventù, Theotokopulos ha raggiunto Venezia: assimilando attentamente le opere di Tiziano (di cui è uno degli ultimi discepoli), Veronese, Tintoretto, Jacopo Bassano. Trasferitosi a Roma nel 1570 (dove, tra l’altro, s’iscrive all’Accademia di San Luca, e non fa in tempo, purtroppo, a conoscere Caravaggio, che arriverà nell’Urbe non prima del 1592), nel 1577 si stabilisce definitivamente in Spagna, prima a Madrid, poi a Toledo. Qui, pur non essendo riuscito a diventare pittore di corte, El Greco ottiene varie commissioni importanti, che lo fanno conoscere e apprezzare comunque come grande maestro. Dopo la morte (1614), però, per vari secoli (un po’ come il Caravaggio, N.d.R..) scomparirà quasi dalla letteratura artistica; per poi esser fortemente riscoperto, invece, tra Otto e Novecento, dal Romanticismo e dalle varie avanguardie novecentesche” .
Questa “Annunciazione”, opera dipinta da El Greco a Toledo, è il modello definitivo che fu presentato ai committenti per la realizzazione d’un quadro di grandi dimensioni destinato a una maestosa pala d’altare (in spagnolo” retablo”). Realizzato dal pittore negli anni 1596-1600 per l’altare maggiore del Colegio de Nuestra Señora de la Encarnación di Madrid, il “Retablo” di Doña Maria de Aragon, fondatrice del collegio e committente, fu smembrato all’inizio dell’Ottocento, nel caos dell’occupazione napoleonica della Spagna; cinque dei grandi dipinti dispersi furono accolti al Prado, mentre il sesto finì, in seguito, al “Museo Nacional de Rumania” di Bucarest. Dedicato alla Redenzione, il retablo era probabilmente su due livelli: in basso, questa “Annunciazione” ora esposta ai Capitolini era affiancata dall’“Adorazione dei pastori” e dal “Battesimo di Cristo”, mentre in alto si trovavano la “Crocifissione”, la “Resurrezione” e la “Pentecoste”, e forse un settimo dipinto, più piccolo, come conclusione. “Colpisce fortemente, in questa “Annunciazione”, il contesto quasi atemporale, solo spirituale, dell’avvenimento”, osserva Sergio Guarino, Curatore storico dell’arte presso la Pinacoteca Capitolina e curatore della mostra: ” se non fosse per il libro di cui vediamo agitarsi alcune pagine, mosse dal vento, non sapremmo nemmeno se siamo in una stanza o all’aperto. Mentre i colori forti dei vestiti dell’Angelo e della Vergine (verde, blu, rosso) sono di chiara derivazione bizantina, e il roveto ardente, simbolo di Dio d’origine veterotestamentaria (episodio della designazione divina di Mosè come leader del popolo ebraico), si ricollega anche a quello già dipinto da Tiziano nell’ “Annunciazione” della Chiesa di San Salvador a Venezia. El Greco (soprannome, tra l’altro, d’origine non spagnola, ma veneziana; mentre non è affatto vero che egli fosse astigmatico) terminò questo quadro nei primi mesi del ‘600. E’ incredibile che proprio allora, nell’arco di quei mesi, Annibale Carracci a Roma inaugura, lavorando a palazzo Farnese, la nuova corrente di pittura classicista, Caravaggio avvia la nuova corrente realista e quest’altro grande artista crea un terzo indirizzo pittorico, assolutamente diverso da tutti gli altri (intanto, il 17 febbraio, a Roma è stato bruciato vivo l’eretico Giordano Bruno, che secondo alcuni critici - vedi ad esempio Anna Maria Panzera, su "Arte Lombarda" , numero 96-97, 1991- potrebbe aver contribuito ad ispirare il naturalismo del Merisi, N.d.R.). Indirizzo nuovo, questo di El Greco, che influirà fortemente su tanti artisti successivi, sino a Cezanne, Modigliani, Picasso”.
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