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Michele Zanzucchi: viaggio nei Paesi più sconosciuti dell'Asia Centrale

mercoledì, 03 luglio 2024 06:47

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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
FtNews ha intervistato il giornalista Michele Zanzucchi, autore del libro Viaggio in Asia Centrale. L'Angelo Chirghiso e il Demone Uzbeco (Effatà Editrice, 2023), un reportage di viaggio nei Paesi meno conosciuti dell’Asia Centrale. Docente di Scienze della comunicazione, nel corso dell'intervista Zanzucchi ha parlato della straordinaria bellezza di Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan e Turkmenistan, dell'accoglienza ricevuta dalla gente, dello stile di vita, dell'arte, della cultura e della religione dei popoli incontrati. Lo scrittore ha ricordato che il viaggio necessita di spiriti liberi, assenza di letture ideologiche, capacità di sorprendersi e lasciarsi sorprendere, praticando una sana ascesi mentale e visiva per godere senza possedere quanto si vede, in vista di una conoscenza che usi cuore e intelligenza assieme.

Prof. Zanzucchi, a cosa fa riferimento l'espressione l'Angelo Chirghiso e il Demone Uzbeco? Come mai ha scelto questo sottotitolo per il suo libro?
Ho scelto questo titolo perché il mondo kirghiso è ancora attraversato, in modo assai pervasivo sulle popolazioni, dalle credenze sciamaniche e dalla presenza, affermata da tali credenze, di entità intermedie tra cielo e terra, quindi creature angeliche (non sempre, a dire il vero, con connotazioni positive). Il mondo uzbeco, invece, anche per l’ancora onnipresente tradizione timuride, cioè quella del grande condottiero Tamerlano, è sempre in lotta con un pantheon diabolico da combattere e sconfiggere. Non darei, allora, una connotazione in bianco e nero dei due popoli: i kirghisi non sono angeli e gli uzbechi non sono diabolici. Ma nel loro immaginario le forze sovraumane hanno un peso ancora notevole.

Tagikistan e Kirghizistan sono Paesi di grande fascino, ma sconosciuti ai più e decisamente al di fuori delle mete turistiche più gettonate. Com'erano le steppe e gli altopiani dell'Asia centrale nel suo immaginario? Come li ha trovati nella realtà?
Da sempre avevo desiderato conoscere queste terre straordinarie, per le letture fatte di tanti racconti di viaggio, da quelli di Ella Mallaert a quelle di Tiziano Terzani, passando per le note uniche nel loro genere di Ryszard Kapuściński nel suo Imperium. Il vero viaggiatore, però, dovrebbe sempre viaggiare libero dalle idee che si è fatto grazie alle letture e alle immagini che ha potuto consultare. Il viaggio necessita di spiriti liberi, assenza di letture ideologiche, capacità di sorprendersi e lasciarsi sorprendere. È quello che ho cercato di fare, e debbo dire di essere stato “premiato” dalle infinite bellezze di ogni genere che queste terre asiatiche, ancora poco conosciute, hanno saputo riservarmi. Penso alla bellezza di numerose città (da Samarcanda a Bukhara, da Dashogusha Konyeurgench, da Penjkent a Turkestan…) e dalla natura pur spesso offesa di queste parti (la valle di Fergana, le montagne del Pamir, il deserto kazako o quello turkmeno).
Artigiano di piatti metallici al mausoleo di Naqshbandi a Bukhara, Uzbekistan
Come trascorre la vita delle persone che vivono nei villaggi situati sugli altopiani kirghizi? Cosa l'ha colpita maggiormente del loro stile di vita? Come l'hanno accolta?
La vita delle famiglie kirghise sugli altipiani è semplice come la vita dei pastori del mondo intero. Ormai, però, la maggior parte di queste comunità rurali durante la stagione più rigida scende a valle, nelle città, riprendendo la via delle alture solamente con la buona stagione. L’accoglienza è sempre straordinaria, direi senza filtri mentali. L’esistenza quotidiana qui non ha i diversivi che abbiamo in Europa, quindi l’arrivo di uno straniero è ancora un evento per le comunità. E tutti si mettono al tuo servizio, offrendoti ogni sorta di delizie e di facilitazioni. Purtroppo, il turismo sta pervertendo questa naturale tendenza all’accoglienza, introducendo elementi di interessi personali che spesso risultano inquinanti. Io, però, viaggiando sostanzialmente solo, ho potuto ancora conoscere la naturale bontà di questo popolo. Non a caso, anche se inquinata da diatribe tribali, la governance kirghisa ha qualcosa di realmente democratico rispetto a quella dei Paesi confinanti, che hanno ereditato nella politica aspetti assai discutibili della tradizione sovietica.

Cosa l'ha attratta dell'arte, della cultura e della religione dei popoli che ha incontrato?
Posso dire che tutto è interessante quando si viaggia non per scattare selfie o per abbuffarsi ai buffet dei ristoranti che servono cibi occidentali (di solito assai indigesti), ma per immergersi nelle culture locali, non cercando l’espresso alla napoletana, ma il caffè o il tè tipico di ogni Paese, non giudicando una città col metro dei nostri standard europei, ma apprezzando le note uniche e irripetibili di un popolo. Se posso dire così, viaggiando cerco il dover essere di un popolo, la sua dimensione ideale, che però trovo solo nella loro finitezza. È nel non perfetto che si può intuire il perfetto. Certo, per fare un esempio, la straordinaria bellezza del corridoio dei mausolei di Samarcanda, lo Shah-i-Zinda, ha dell’inimmaginabile, gli altopiani kirghisi sono la quintessenza della libertà, il deserto kazako è l’icona dello spogliamento umano, i mercati turkmeni sono il pantone del viaggiatore coi suoi colori sfacciati ma non artificiali, la polvere sogdiana di Penjikent in Tagikistan contiene tutte le polveri del mondo. Il mondo è bello perché è vario, e ogni particolare contiene l’universale, se lo si sa trovare.

Cosa l'ha colpita della storia plurimillenaria di questi Paesi? È rimasto qualche retaggio, oggi, di tanti anni di dominazione sovietica?
La Via della Seta è stata una delle principali vie di trasmissioni delle culture attraverso lo spazio e il tempo. Le tracce delle culture plurimillenarie della regione, e quelle più recenti delle tradizioni occidentali e orientali, si compongono in un mosaico affascinante. Penso alla straordinaria città di Merv, in Turkmenistan, visitata da Alessandro Magno, ma anche centro di certe tradizioni buddhiste, indù, musulmane e cristiane, e un po’ anche zoroastriane. Le tracce del passato vanno trovate, polite, apprezzate, trasmesse. È questa l’essenza del viaggio.
Il discorso sulle influenze sovietiche, poi, è estremamente lungo e complesso. Certamente si notano i danni evidenti di un collettivismo ideologico forzato, come la distruzione naturale portata dalla monocultura del cotone attribuita dal Soviet Supremo all’Uzbekistan: la distruzione della biodiversità e il grande bisogno di acqua per quel tipo di coltivazione sono riusciti a svuotare il Lago d’Aral. E la forzata commistione di popoli: i sovietici avevano l’abitudine di deportare centinaia di migliaia di lavoratori con le relative famiglie da uno Stato all’altro, per poter meglio sovietizzare i singoli luoghi e impedire le rivolte di popoli sottomessi. Per non parlare, poi, del grave attacco alla dimensione spirituale della vita.
Picnic al lago di Yezik, Kazakistan
Della Via della Seta cosa è rimasto?
Non è rimasto molto delle strade che la componevano, se non città straordinarie che ancor oggi danno l’idea di cosa significasse all’epoca attraversare terre sconfinate con la lentezza della trazione animale o di quella umana. Ma in qualche modo resta l’idea che un fil rouge lega i popoli e l’intera umanità. Sentimenti di fratellanza universale si trovano dappertutto.

Che ricordo conserva di quei giorni? Cosa le manca di quella straordinaria esperienza?
Tutto e niente. Viaggiando si porta nel proprio cuore quanto si è visto e quanto si è vissuto. Certo, l’Asia Centrale è rimasta nel mio immaginario molto più di altre regioni del mondo. E ciò soprattutto per l’incontro con gente in qualche modo ancora “innocente”, non nel senso che non conosca il male, ma nel senso più autentico del non avere sovrastrutture di diffidenza nei confronti dell’ospite.

C'è un posto che le è rimasto nel cuore più di altri e un episodio che ricorda con particolare affetto?
A Bukhara c’erano quaranta gradi all’ombra, anche se il clima secco rendeva sopportabile i picchi di temperatura. Per ore ho deambulato nella città santa, passando da una sorpresa all’altra, architettonicamente parlando. Dinanzi a una moschea di terra e polvere con quattro minareti sormontati da cupolette di ceramica azzurra, c’era una delle tante hauz della città, le piscine in cui veniva raccolta l’acqua piovana per l’approvvigionamento idrico nella stagione secca. Ovviamente, ora sono tutte vuote. Nei gradini discendenti di quella hauz ho visto un vecchietto, che mi ha chiamato. Mi sono seduto accanto a lui. Pur non avendo una lingua comune, abbiamo comunicato per una buona mezz’ora con il linguaggio del tatto e quello del cuore. Era cieco. Sua figlia, poi, mi ha invitato a entrare a casa, dove mi hanno offerto cocomero, pane dorato, uva e tè. Indimenticabile momento di comunione con gente sconosciuta.

Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di Viaggio in Asia Centrale. L'Angelo Chirghiso e il Demone Uzbeco?
Che viaggiare è attività oggi possibile a tutti, quindi viaggiamo, e continuiamo a farlo, ma senza voler possedere quanto si visita, praticando una sana ascesi mentale e visiva per godere senza possedere quanto si vede. Per viaggiare bene si deve conservare ed esercitare una purezza di sguardo, di tatto, di udito, di gusto e di odorato. I cinque sensi vanno usati, e a fondo, senza risparmiarsi, in vista di una conoscenza che usi cuore e intelligenza assieme.
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