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domenica, 18 febbraio 2024 05:38 |
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Francesca Bianchi
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Sabato 3 febbraio è stata inaugurata la mostra La magia degli amuleti. Umbria e Sardegna vicine o lontane? Collezionismo e archeologia, allestita dalla Fondazione Barumini Sistema Cultura al Centro "Giovanni Lilliu" di Barumini (SU) grazie alla collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria e la Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna e il sostegno del Comune di Barumini, della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, Direzione regionale dei Musei Umbria, l’Antiquarium Arborense e la Biblioteca Universitaria di Cagliari.
In una ricca intervista a FtNews, le curatrici della mostra Tiziana Caponi, Dorica Manconi, Fulvia Lo Schiavo, Gianfranca Salis, Andreina Ghiani e Caterina Lilliu hanno spiegato che l'esposizione è nata con l'obiettivo di far conoscere i materiali sardi presenti in Umbria e custoditi all’interno del Museo archeologico nazionale dell’Umbria e dalla Soprintendenza dell’Umbria. Si tratta di materiali antichi di diverse tipologie, tra archeologia nuragica, amuleti, la collezione di Giuseppe Bellucci, oltre all’antica corrispondenza epistolare di antiche lettere che Bellucci scambiava con il canonico Giovanni Spano. Nelle varie sezioni in esposizione, oltre ai materiali nuragici e alle raccolte di tipo collezionistico, la Soprintendenza di Cagliari e Oristano ha dedicato uno spazio ai reperti nuragici diffusi nel Mediterraneo.
Dott.ssa Ghiani, sabato 3 febbraio, presso il Centro Giovanni Lilliu di Barumini (SU), è stata inaugurata la mostra La magia degli amuleti. Umbria e Sardegna vicine o lontane? Collezionismo e archeologia, da lei curata insieme a Tiziana Caponi, Dorica Manconi, Fulvia Lo Schiavo, Gianfranca Salis e Caterina Lilliu. Con quali finalità è nata questa mostra?
La mostra si inserisce all’intero di un’ampia programmazione che la Fondazione Barumini Sistema Cultura porta avanti da tempo e che vede un’intensa collaborazione con importanti musei dell'isola e della penisola. Nelle mostre archeologiche, storiche e antropologiche curate dalla Fondazione, attraverso i preziosi materiali in esposizione, si cerca di raccontare un pezzo di storia in cui farne rivivere i protagonisti, perché fondamentalmente la storia è fatta di persone, oggi come nel passato. Lo scambio di oggetti, di merci, di idee, che ha origini così antiche, rivive oggi attraverso lo scambio di materiali, di idee e progetti nella collaborazione con le istituzioni e i luoghi della cultura che dal passato hanno ereditato il bene culturale e lo valorizzano e lo raccontano affinché si conservi nella memoria, rendendolo, così, un bene universale.
Dott.ssa Lilliu, cosa unisce la Sardegna all'Umbria? Come è nata l'idea di unire due regioni geograficamente molto distanti?
Presso il Museo Archeologico Nazionale e la Soprintendenza ABAP dell'Umbria sono presenti materiali e documenti d’archivio di provenienza sarda. È nata, così, l’idea di valorizzare questi contesti del passato - di natura e cronologia molto diverse - con una mostra. L’esposizione propone, dunque, delle “microstorie” che in vario modo mettono in relazione le due regioni: rinvenimenti di reperti nuragici in territorio umbro, amuleti della tradizione popolare sarda raccolti dallo studioso perugino Giuseppe Bellucci, l’epistolario ottocentesco tra lo stesso Bellucci e il canonico sardo Giovanni Spano, anch’egli insigne studioso.
Dott.ssa Salis, cosa sappiamo della storia dei rapporti di queste due regioni?
Una sezione della mostra è dedicata alle fasi che vanno dal Bronzo finale all’età del Ferro. È un periodo in cui la Sardegna partecipa al sistema di interrelazioni che si crea nel Mediterraneo, come attesta il rinvenimento di produzioni sarde fuori dall’isola. Con la penisola i contatti diventano stretti con l’Italia centrale, dove si sviluppa la cultura villanoviana prima e quella etrusca poi. L’Umbria si inserisce in questo contesto.
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Cosa ci dicono le testimonianze archeologiche in merito? E le fonti scritte?
Gianfranca Salis: Per la sua posizione nel Mediterraneo, la Sardegna risulta inserita lungo le rotte che nella Preistoria e nella Protostoria favoriscono gli scambi di merci, uomini e idee tra Occidente e Oriente. La ricostruzione di questi traffici si basa soprattutto su materiali non deperibili (e quindi giunti fino a noi), non tanto su fonti scritte. In terra umbra sono stati rinvenuti diversi oggetti di produzione nuragica, quali un frammento di tripode in bronzo, un pugnale, ma soprattutto una navicella in bronzo rinvenuta in un contesto rituale nel lago Trasimeno. Non ci deve stupire questa presenza, perché i prodotti dell’artigianato metallurgico nuragico hanno diffusione un po' in tutta la penisola nella fase villanoviana ed etrusca. Navicelle, infatti, si rivengono nei santuari tirrenici (Gravisca a Tarquinia e Capo Colonna a Crotone), nelle tombe aristocratiche e di alto lignaggio o in importanti ripostigli (Falda della Guardiola, Populonia). Si ritrovano anche faretrine, pendagli a pendolo e bottoni, talora sormontati da raffigurazioni di nuraghi, bronzetti. E oggetti di produzione peninsulare arrivano in Sardegna. Una testimonianza scritta di questi traffici proviene dal Foro Boario, a Roma, dove una placchetta in osso reca un'iscrizione che ricorda un personaggio proveniente da Sulki, l’odierna Sant’Antioco, arrivato a Roma sulla scia di questi traffici.
Come è strutturato il percorso espositivo?
Andreina Ghiani: La prima sezione è dedicata alle relazioni in età protostorica fra la Sardegna e l’Umbria. Nella sezione curata dalla dott.ssa Gianfranca Salis si trovano materiali principalmente in bronzo, che evidenziano le produzioni nuragiche diffuse nel Mediterraneo. Nella stessa sezione troviamo alcune vetrine curate dalla dott.ssa Fulvia Lo Schiavo con materiali sardi analoghi a quelli rinvenuti nella nostra isola, custoditi oggi presso il Museo archeologico nazionale dell’Umbria, a Perugia. La seconda sezione, curata dalla dott.ssa Dorica Manconi, ospita 60 amuleti sardi appartenenti alla collezione Bellucci e anch’essi custoditi presso il Museo archeologico nazionale dell’Umbria. La Terza sezione, dedicata al tema del collezionismo e del carteggio tra Bellucci e Spano, propone, oltre ad una serie di materiali provenienti dalla collezione Bellucci, anche il carteggio tra i due illustri personaggi, fruibile attraverso la ristampa delle lettere in un grosso volume consultabile dal visitare.
L’intero allestimento offre uno scenario affascinante e suggestivo, realizzato con arredi d’epoca e musiche accuratamente selezionate, mentre i pannelli sono stati realizzati interamente in tessuto.
Dott.ssa Manconi, la mostra ospita numerosi materiali sardi presenti in Umbria e custoditi all’interno del Museo archeologico nazionale dell’Umbria e dalla Soprintendenza dell’Umbria. Che immagine ci forniscono della civiltà che li ha prodotti e dell’ambiente sociale, economico, culturale e religioso di una regione che è sempre stata al centro dei traffici commerciali del Mediterraneo?
Oltre agli amuleti sardi presenti nella collezione Bellucci, i reperti di provenienza sarda presenti in Umbria sono pochi, ma significativi: alcuni rivelano una produzione caratteristica della Sardegna nuragica, altri l’acquisizione di influssi di provenienza sarda, che vengono elaborati nell’isola in modo originale. Dalla collezione archeologica di Giuseppe Bellucci, che costituisce la base del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, provengono una lama di pugnale da Marcellano di Gualdo Tadino, ed una doppia ascia, di produzione nuragica, mentre dal ripostiglio di Contigliano (accanto al bacino di Piediluco) provengono un frammento di tripode e una lama di spada iberica pistilliforme, che evidenziano un contatto privilegiato con la Sardegna nuragica, vettore di manufatti tanto ciprioti quanto iberici già dall’età del Bronzo Finale (1150-900 a.C.). Di produzione nuragica è una navicella in bronzo, rinvenuta a Castiglion del Lago, la cui tecnica di fabbricazione “a cera persa” deriva alla Sardegna da Cipro. L’influenza cipriota è rivelata, inoltre, dalla doppia ascia e dal tripode. La cronologia dei bronzi è stata inquadrata complessivamente entro la piena età del Bronzo Finale (dal 1150 al 900 a.C.), con possibilità di attardamento fino alle soglie dell’età del Ferro (900-750 a.C.). Sempre dalla Sardegna nuragica (Bronzo Medio-Bronzo Recente, dal 1700-1150 a.C.) abbiamo rinvenimenti di grani d’ambra di tipo Tirinto dalla necropoli di Panicarola-Castiglion del Lago (non presenti in mostra) e sia ambra che pasta vitrea provengono anche dai siti perilacustri dell’area velina, presso il lago di Piediluco di Terni. Per le ambre e i materiali vetrosi si è pensato trattarsi, più che di specifici percorsi appenninici, di una rete che non ha escluso nessuna parte del mondo protostorico. Un altro pezzo sardo esposto è una bella kylix attica a figure rosse con la firma di Euphronios come vasaio, con il mito di Achille e Troilo nella parte interna della coppa. Le iscrizioni in greco identificano i personaggi. Nei nostri inventari la coppa è ricordata come acquisto del 1881 proveniente dagli antichi scavi di Tharros. La coppa è stata attribuita da Beazley ad Onesimos; la sua cronologia è fissata al 490 a.C..
In ricordo dell’amicizia tra i due collezionisti Spano e Bellucci, che si sono incontrati a Bologna nel 1871 in occasione di un importante Convegno di Preistoria e Protostoria, è presente nella mostra un piccolo dono di Giovanni Spano a Bellucci: un modellino di nuraghe in sughero.
Da ultimo vengono citate le lettere di corrispondenza che si sono scambiati i due collezionisti Giovanni Spano e Giuseppe Bellucci, lettere conservate a Cagliari e a Perugia negli archivi della Biblioteca e della Soprintendenza.
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Nel titolo della mostra si parla di amuleti. A cosa si fa riferimento?
Dorica Manconi: Certamente la parte più cospicua di materiali presenti nell’esposizione è quella che riguarda i 60 amuleti sardi provenienti dalla bellissima collezione di amuleti Bellucci, presente al Museo di Perugia, una tra le più importanti d’Europa (si tratta di circa 3000 amuleti). Si deve in particolare alle vicende familiari di Bellucci l’interesse per la Sardegna, avendo lui due nuore sarde.
Il loro studio generale è stato portato avanti essenzialmente dall’Istituto di Antropologia dell’Università di Perugia, in particolare da Seppilli prima e successivamente da Gianfranco Baronti, cui si deve la presentazione scientifica al Museo Archeologico di Perugia.
L’esposizione ha tenuto conto, preliminarmente, di quelli relativi agli agenti atmosferici che recano danni agli umani, come il fulmine e la grandine: sono presenti campanelli che vengono sospesi al collo dei bambini perché il tintinnio allontani la grandine durante i temporali. I teschi sono documentati in pratiche rituali a scopo propiziatorio o apotropaico, spesso per favorire la pioggia dopo lunghi periodi di siccità. L’esposizione è organizzata facendo riferimento alle varie fasi di passaggio della vita umana, in particolare a quella femminile: gli amuleti sono collegati alle scelte della vita affettiva e sentimentale, al fidanzamento e al matrimonio, e poi di conseguenza alla gravidanza, al pericolo di aborto, al parto, al puerperio, all’allattamento, al pericolo della mastite, alla dentizione e alle malattie infantili, al malocchio e all’invidia, in generale collegabili con i soggetti più fragili e deboli, soprattutto i bambini, ma anche specifici per il mondo femminile e maschile. Sono privilegiati gli amuleti contro le malattie, sia degli umani che degli animali. Sono presenti, inoltre, amuleti contro il veleno, amuleti portafortuna, a difesa della casa e dei migliori amici dell’uomo: gli animali domestici.
Dott.ssa Lilliu, sempre sabato 3 febbraio, prima dell'inaugurazione, si è tenuto un convegno di presentazione della mostra. Su quali argomenti si è focalizzata l'attenzione?
Principalmente, ad opera dei curatori, sui significati e sui temi dell’esposizione; ci sono stati, poi, degli approfondimenti che hanno riguardato il Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria, presentato dalla direttrice Tiziana Caponi, e le due figure di Giuseppe Bellucci e Giovanni Spano, presentate rispettivamente dal pronipote Andrea Bellucci e dallo studioso Raimondo Zucca.
Dott.ssa Ghiani, quale messaggio si augura possa arrivare ai visitatori di questa esposizione?
Ci auguriamo innanzitutto che la mostra riesca a raggiungere il maggior numero di persone e poi, certamente, che i contenuti ispirino e promuovano nel visitatore un senso di appartenenza vivace alla storia recente come a quella più antica.
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