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martedì, 05 settembre 2023 05:17 |
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La soprano drammatica: Sara MINIERI
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Fabrizio Federici
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Qual’è la situazione della musica lirica in Italia? C'è spazio - pur sempre da conquistare nella "darwiniana" lotta quotidiana - per i nuovi talenti? Ma soprattutto, qual è, esattamente, la politica del settore da parte di Stato ed enti locali?
Ascoltiamo Sara Minieri, mantovana, giovane studentessa in Beni artistici e spettacolo - in procinto di terminare - all’Università di Parma, e recentemente ammessa all’Accademia Verdiana presso il Teatro Regio.
I cantanti lirici ammessi possono frequentare gratuitamente il corso di “Alto perfezionamento in repertorio verdiano”, conseguendo una preparazione vocale, musicale e teatrale d’eccellenza, sotto la guida di massimi interpreti del repertorio vocale verdiano di tutto il mondo. Con una passione per il canto sviluppata già dai 12 anni, dopo essersi diplomata in canto lirico e pianoforte presso il liceo “Isabella d’Este” e aver frequentato 10 anni il Conservatorio, Sara ha iniziato a interpretare ruoli importanti: Giovanna nel “Rigoletto” (l’opera di Verdi ispirata al dramma di Victor Hugo “Il re si diverte”, e dove la figura del Duca di Mantova adombra, in realtà, quella del Re di Francia Francesco I), Lauretta nel “Gianni Schicchi” di Puccini (al teatro Bibiena di Mantova) e Nannetta nel “Falstaff” (l’ultima opera di Verdi, su libretto di Arrigo Boito ispirato in gran parte alle shakespeariane ”Allegre comari di Windsor”), sempre a Mantova, al Palazzo Ducale, e al Circolo Lirico di Bologna.
Sara, com’è proceduto poi il tuo percorso?
Io esattamente sono soprano drammatico. In questa prima fase, ho partecipato poi a un concerto intero di musica operistica, al Circolo Lirico di Bologna, e cantato anche in RAI, al programma dello scomparso Paolo Limiti “Un’estate con noi”. Infine, ho fatto domanda di ammissione ai corsi di formazione dell’Accademia del Teatro Comunale di Bologna, entrando con altri 6 cantanti e conseguendo, in ultimo, il relativo attestato. A Bologna, ho partecipato ad eventi vari, tra cui l’importante “Beethoven contro Schubert”: cantando i Lieder di quest’ultimo (per Lieder s’intendono delle composizioni per voce solista e pianoforte, delle quali Franz Schubert, morto giovanissimo nel 1828, un anno dopo Beethoven, a tutt’oggi è considerato il maestro indiscusso, N.d.R,).
Ed ora quali sono i tuoi progetti?
Sono molto ambiziosa, vorrei cantare su un palcoscenico famoso, e nei teatri di tutto il mondo. Attualmente mi sto preparando per il Festival Verdi che si terrà a Parma e a Busseto (luogo natale del grande Maestro) dal 16 settembre al 17 ottobre. Io ringrazio vivamente Mons. Jean-Marie Gervais, Presidente dell’Associazione “Tota Pulchra” (dedita, dal 2016, alla promozione di più iniziative culturali, N.d.R.): del quale ho avuto modo di constatare l’importante ruolo di scopritore di nuovi talenti un po’ in tutti i settori artistico-culturali, e col quale mi auguro di collaborare in più iniziative.
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Perché, in Italia, diversamente che in altri grandi Paesi europei e non, non si riesce a creare una vera cultura diffusa, popolare ma di qualità, della musica (tranne, è chiaro, quanto riguarda la musica leggera: con tutte le ambiguità, peraltro, che questo temine contiene)?
Oppure ciò avviene solo in alcune zone del Paese (da Milano all’Emilia, a Firenze col suo “Maggio”) dove le antiche tradizioni musicali son rimaste radicate nella società, anche per l’eredità di grandi maestri (Verdi, Puccini, Rossini, ecc…), o la presenza di teatri di fama mondiale (Scala, Regio di Parma, ecc…)?
Direi che le cause sono molteplici: ma predomina il fatto che, in Italia, da molti decenni quasi non esiste una politica statale per la musica di qualità (come del resto, fatte salve le differenze tra i singoli settori, per l’arte e la cultura in genere). Accanto a limitati fondi statali ci sono, certo, finanziamenti soprattutto di enti locali e fondazioni private (che, non dimentichiamo, risultano molto importanti proprio per quelle aree del Paese, citate prima, che rappresentano un po’ le “isole felici” della musica operistica e sinfonica). Ma restano, purtroppo, delle eccezioni. Nell’ultimo ventennio con la politica sistematica dei tagli alla spesa pubblica, la situazione è ulteriormente peggiorata. La cultura in genere, oggi, in Italia è sottovalutata, per non dire proprio svalutata: mentre rappresenterebbe uno dei punti di forza del nostro Paese, anche come formidabile volano economico e di crescita occupazionale.
Le conseguenze a catena di questa "politica dei tagli" – nei campi economico, occupazionale, professionale, turistico, di rapporti con l’estero, ecc..- le conosciamo bene. Non è, del resto, un'anomalia solo italiana, e solo di tempi recenti? Parliamo soprattutto dei Paesi europei, tutti variamente contraddistinti, sin dall'800, da una politica interventista dello Stato in campo socio-economico, lasciando fuori dal discorso gli USA, dove, invece., la cultura sin dall'inizio è stata finanziata soprattutto dai privati?
Penso che è dovere di tutte le forze che credono nella cultura - musicale, artistica, letteraria - e nell’informazione (non solo gli “addetti ai lavori”, ma anche artisti, scrittori, intellettuali, giovani, troppo trascurati dalle politiche occupazionali - e non solo - di questo Paese, amanti della cultura in genere), scendere finalmente in piazza per un drastico cambio di politica in tutti questi campi. Altrimenti l'Italia, già culla del Rinascimento, nonostante le sue gloriose tradizioni culturali, è destinata irreparabilmente al declino. Ma aggiungo che è anche questione di fantasia, di inventiva, di farsi venire, per la cultura, idee nuove, ma non viziate (come spesso accade, da noi, sin dagli anni ’60) dall’ideologia: guardando all’esempio anche degli altri Paesi, come Francia, Germania, Inghilterra ed anche (fatte salve, è chiaro, le forti differenze culturali e politiche pubbliche) gli USA.
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