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Perché la musica di qualità, in Italia, non è un patrimonio diffuso? Intervista a Marta Pignataro

lunedì, 03 luglio 2023 06:33

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Marta Pignataro, insegnante di musica, violinista e cantante
Fabrizio Federici
Che cosa manca, in Italia, alla politica musicale di Stato ed enti locali? Perché l’Italia, una delle “culle” storiche della musica (pensiamo, esattamente un migliaio di anni fa, all’invenzione della moderna notazione musicale - con l’arrivo del tetragramma, precursore immediato del pentagramma - da parte di Guido Monaco d’Arezzo, poi priore, dal 1040 al 1050 c., del monastero di Pomposa, vicino Ferrara), oggi sembra quasi aver dimenticato una delle sue più storiche tradizioni?
La risposta, purtroppo, è al tempo stesso semplice e complessa: perché nel Belpaese, da decenni, quasi manca una politica musicale da parte di Stato ed enti locali, mentre i privati, con le loro iniziative, fanno quello che possono. Il problema poi, ha valenze più generali, investendo l’intero campo della cultura: sempre da decenni, quasi tutti i governi scelgono d’affrontare i problemi del bilancio pubblico tagliando sistematicamente le spese per la cultura e la sanità.
Di questi temi scegliamo di parlare con una diretta operatrice del campo musicale, come insegnante e come artista: la giovane Marta Pignataro, salernitana, docente di violino, di viola e di canto, violinista e cantante.

Marta, parlaci sinteticamente delle tue esperienze…
Dopo aver fatto il Liceo musicale, ho conseguito la laurea in Musica da camera e Violino solistico, e Viola, al Conservatorio di Napoli, e quella in Canto al Conservatorio di Salerno. Ora insegno Canto al Liceo musicale statale “Alfano 1“ di Salerno. Oltre all’insegnamento, ho spesso suonato e cantato in varie manifestazioni musicali.

Che, ovviamente, permettono di avere un quadro più che fedele di gusti e reazioni del pubblico…
Esatto. In queste manifestazioni, ho interpretato molta musica da camera, come violinista o. invece, come cantante accompagnata dal pianoforte o altri strumenti. E’ stato importante, per me, partecipare, quest’anno, a rassegne musicali come quella, l’inverno scorso, all’Istituto ”Donna Camilla Savelli” di Trastevere, a Roma (dove ho cantato vari pezzi e suonato il violino, invitata da Mons. Jean-Marie Gervais, Presidente dell’ Associazione “Tota Pulchra”, dedita alla scoperta di nuovi talenti e all'organizzazione di molte iniziative culturali, al quale vanno i miei ringraziamenti ), e l’altra dell’aprile scorso a Tropea: dove, con Stefania De Santi al pianoforte, ho cantato brani, tra gli altri, di Mozart. Brahms e César Franck. Senza dimenticare le ultime di Torino, con un concerto di musica da camera, dove pure ho cantato, e di Martina Franca (Taranto), dove sono stata l'unico violino partecipante (con brani di Beethoven e Brahms) ed ho cantato, sempre accompagnata dalla pianista De Santi. In tutte queste occasioni, ho notato che il pubblico, in complesso. è senz’altro affascinato dal repertorio classico: e questo, contrariamente a quel che si crederebbe, vale anche per i giovani.

Premesso che in tutte le attività umane, la domanda in senso lato (di determinati beni o servizi, anche culturali) dipende anzitutto dall’offerta, cioè – restando ora alla musica – dalla proposta, al pubblico, di un determinato repertorio, la scuola italiana, in cosa ha sbagliato, nell’educazione musicale?
Pur avendo il nostro Paese una grande, storica tradizione musicale (basti pensare che in quasi tutto il mondo, per indicare determinate forme musicali si usano, tuttora, termini italiani di antica origine, come “soprano”, “aria”, “andante”, “cavatina”, ecc…) , diciamo che la mediocrità di vari governi, negli ultimi 150 anni, ha fatto poco - diversamente che in altri Paesi europei - per mantenere questa tradizione viva, e soprattutto diffusa tra la popolazione (fatte salve, è chiaro, alcune tradizioni locali tuttora forti). Per cui, oggi (non parliamo, ovviamente, di iniziative musicali di alto livello, ma di proposte più ordinarie, da parte di enti locali, scuole, associazioni culturali, ecc…), proporre eventi di buona musica classica spesso è considerato pesante, noioso, “palloso”, volgarmente, ma efficacemente, parlando; per cui si ripiega, il più delle volte, sulla musica leggera, e spesso neanche di qualità (sia come brani che come interpreti).

Ma allora, “Che fare?” (frase abusata, ma sempre valida…). In un Paese, poi, dove, non dimentichiamo, nel 2009 il MIUR, nella riforma dell’istruzione superiore, decise un taglio netto dell’insegnamento della Storia dell’Arte: salvo, poi, farla in parte rientrare “dalla finestra” pochi anni fa…
Occorre un ripensamento complessivo, la restituzione del giusto spazio, nella scuola (pur, ovviamente, in percentuali diverse a seconda dei tipi di istituto) a tutte le materie umanistiche fondamentali, capaci di portare i ragazzi a riflettere sul senso complessivo della vita: materie tra cui la musica ha un posto di primaria importanza. Qui voglio ricordare uno scritto, che pochi oggi ricordano, di Don Giovanni Bosco, “Il Sistema preventivo nell’educazione della gioventù” (1877), che lessi anni fa: è il primo e più compiuto resoconto redatto da Don Bosco sul suo metodo educativo. Un metodo che si definiva preventivo per la sua contrapposizione a quello, all’epoca ancora il più usato, a carattere repressivo. E che si appoggiava, invece, “tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza”. Sul dialogo con l’alunno, insomma, per portarlo a individuare anzitutto lui le proprie predisposizioni, quindi le materie dove poteva riuscire meglio; il tutto in una genuina tradizione cristiana-cattolica. Cito questo testo di Don Bosco educatore perché il terreno della musica, a partire dalla musica sacra sino a tutti gli altri generi, è, direi, uno di quelli dove l’azione di un buon insegnante può maggiormente far germogliare i semi già vivi negli studenti.

Tutto questo, però, per non restare anch’esso un “libro dei sogni”, va messo in pratica con programmi educativi nazionali: pur integrati, ovviamente, dai margini di autonomia delle scuole e delle Regioni…
Infatti: ma è proprio dal basso, dal territorio, che occorre pungolare il sistema scolastico nazionale organizzando anzitutto iniziative valide sul piano locale, che sappiano coinvolgere i cittadini. Ad esempio, non per vantarci, ma la “Settimana della Musica” organizzata, dal liceo musicale statale “Alfano 1“ di Salerno, appunto, nel 2020, insieme all’ Ufficio scolastico regionale e al “Polo dei licei musicali e coreutico della Campania, nel 2020 (pur solo in modalità telematica, causa Covid) ha creato veramente sinergie valide tra scuole, enti locali, alunni e famiglie.
Sono questi tipi di strade che occorre seguire e potenziare in Italia, se vogliamo che la cultura musicale di qualità torni ad essere non dico di massa (anche per evitare proprio la massificazione), ma patrimonio vivo di molti cittadini.
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